Le primarie dei due principali partiti statunitensi quest’anno sono insolitamente poco emozionanti, con le nomine di Joe Biden (Partito Democratico) e Donald Trump (Partito Repubblicano) già praticamente certe. È tutto apparecchiato per avere, il prossimo 5 novembre, giorno delle elezioni presidenziali, gli stessi candidati del 2020.
Solo uno dei due nel 2020, però, ha perso le elezioni e poi ha cercato di sovvertire l’esito del voto, aizzando una rivolta a Capitol Hill. Allora mentre Trump sta per ottenere un’altra candidatura presidenziale, perché la maggior parte del Partito Repubblicano e dei suoi elettori lo ritiene il candidato migliore, è utile ricordare che alcune persone che hanno lavorato a stretto contatto con lui oggi sono schierate contro, consapevoli dei rischi per la democrazia americana che rappresenterebbe una sua rielezione. Molti di questi hanno fatto parte della sua Amministrazione, quella che ha avuto il più ampio ricambio della storia tra i suoi membri.
Un buon punto di partenza potrebbe essere il suo ex vicepresidente, Mike Pence. «Il popolo americano deve sapere che il presidente Trump mi ha chiesto di anteporre lui al mio giuramento sulla Costituzione. Ma chiunque si consideri più in alto della nostra Costituzione non dovrebbe mai essere presidente degli Stati Uniti», ha detto l’ex vicepresidente.
Come Pence, c’è una lunga lista di ex alleati, aiutanti e collaboratori che oggi sono molto critici con Trump.
Il suo primo segretario alla Difesa, James Mattis, ad esempio, ha raccontato di essersi dimesso nel 2019 perché «soluzioni concrete e consigli strategici, soprattutto mantenendo fede ai nostri alleati, non erano più ascoltate». Nel 2020 aveva definito Trump «il primo presidente della mia vita che non cerca di unire il popolo americano, non fa nemmeno finta di provarci. Anzi, cerca di dividerci».
Il suo secondo capo di gabinetto, quello che è durato di più nel ruolo durante il mandato di Trump, il generale in pensione John Kelly, ha detto: «È una persona che non prova altro che disprezzo per le nostre istituzioni democratiche, la nostra Costituzione e lo Stato di diritto. Non c’è altro che si possa dire. Dio ci aiuti». E al momento di cercare il suo sostituto, parlando con Trump gli avrebbe suggerito: «Qualunque cosa tu faccia non assumere uno yes man, qualcuno che non ti dirà la verità».
È quello che aveva detto Gary Cohn, ex direttore del Consiglio economico nazionale, in un’intervista a David Axelrod della Cnn, per il podcast “The Axe Files”: «Sono preoccupato, l’atmosfera alla Casa Bianca non è più favorevole, temo che nessuno abbia la personalità necessaria per alzarsi e dire al Presidente ciò che non vuole sentire».
Rex Tillerson è stato il primo Segretario di Stato di Trump. Per lui «la comprensione di Trump degli eventi globali, la sua comprensione della storia globale, la sua comprensione della storia degli Stati Uniti erano davvero limitate. È davvero difficile avere una conversazione con qualcuno che non capisce nemmeno il motivo per cui ne stiamo parlando».
Sulla politica estera e le questioni internazionali in pochi hanno speso buone parole per Trump. Ma anche in materia di sicurezza nazionale non è che il quadro sia migliore. Parlando dell’assedio del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill, il suo primo consigliere per la sicurezza nazionale, Tom Bossert, ha detto: «Trump ha minato senza fondamento la democrazia americana per mesi. È colpevole di questo assedio ed è una vergogna». Il successore di Bossert è un ex generale dell’esercito, H.R. McMaster, che non lo stima più di quanto non faccia Bossert: «Abbiamo visto l’assenza di leadership, davvero anti-leadership, e cosa ciò può fare per il nostro Paese». Dopo di lui è arrivato John Bolton. In una bozza del manoscritto del suo libro, Bolton ha scritto che Trump gli ha ordinato di aiutarlo a gettare fango sui democratici, in un’operazione che poi i media avrebbero ribattezzato Ucrainagate – Trump voleva costringere l’Ucraina e altri Paesi stranieri a fornire prove o documenti compromettenti su Biden durante la campagna elettorale del 2020.
Anche Mark Esper, secondo segretario alla Difesa dell’Amministrazione Trump in passato ha detto che secondo lui l’ex presidente non è adatto alla carica: «Mette sé stesso prima del Paese, tutte le sue azioni riguardano solo lui e non il Paese. E poi, ovviamente, credo che abbia anche tutta una serie di problemi etici e morali».
Per l’ex Capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti Mark Milley, Trump è un oltraggio ai valori dei corpi armati americani: «Non prestiamo giuramento a un aspirante dittatore. Prestiamo giuramento alla Costituzione e all’idea che è l’America, e siamo disposti a morire per proteggerla».
Il primo segretario della Marina, Richard V. Spencer, nel 2019 aveva scritto un op-ed sul Washington Post in cui spiegava che Trump «ha ben poca comprensione di cosa significhi essere nell’esercito, combattere eticamente o essere governato da un insieme uniforme di regole e pratiche».
Anche chi si è trovato negli stessi uffici di Trump per poco tempo non ha molti dubbi. Cassidy Hutchinson è stata assistente dell’ultimo Capo dello staff della Casa Bianca sotto Trump, Mark Meadows, e durante le testimonianze relative all’indagine sui fatti del 6 gennaio ha detto: «Penso che Donald Trump sia la minaccia più grave per la nostra democrazia a cui assisteremo nel corso della nostra vita, e potenzialmente nell’intera storia americana».
L’elenco è davvero lunghissimo. Secondo uno dei suoi ex direttori della comunicazione, Anthony Scaramucci, «è il terrorista domestico del ventunesimo secolo». Un’altra ex direttrice delle comunicazioni, Stephanie Grisham, un anno fa ha detto: «Ho il terrore che si candidi nel 2024». Un’ex direttrice delle comunicazioni strategiche, Alyssa Farah Griffin, che ora è una commentatrice politica della Cnn: «Possiamo condividere parte delle sue idee politiche, ma a questo punto non possiamo condividere nulla con l’uomo».
Una dichiarazione simile l’ha rilasciata anche Omarosa Manigault Newman, che è stata assistente del Presidente e Direttrice delle Comunicazioni dell’Ufficio per le Pubbliche Relazioni dal 2017 al 2018, prima di dimettersi: «Donald Trump è uno che ha attaccato le icone dei diritti civili e gli atleti professionisti, è uno che ha sostenuto pubblicamente una persona accusata di molestie su minori. Donald Trump, con le sue decisioni e il suo comportamento, stava danneggiando il Paese. Non potevo più farne parte di questa follia».
Alcuni di quelli che una volta facevano parte della sua cerchia più ristretta hanno descritto un presidente impulsivo che ignora i consigli e non ha alcun tipo di sensibilità. Cliff Sims, ex assistente speciale di Trump e direttore della strategia dei messaggi della Casa Bianca, a inizio 2019 ha pubblicato il libro “Team of Vipers”, sostenendo, tra le altre cose, che Trump ha creato una «lista di nemici composta da membri della sua stessa Amministrazione».
A proposito di libri. Nel suo memoir “Silent Invasion: The Untold Story of the Trump Administration, Covid-19, and Preventing the Next Pandemic Before It’s Too Late”, Deborah Birx, che aveva il ruolo di coordinatrice di una risposta al coronavirus per la Casa Bianca, ha descritto così gli scarsi sforzi dell’ex presidente durante la pandemia: «Una tragedia, su più livelli». E quando Trump, durante un meeting, suggerì di curare il Covid con le iniezioni di disinfettante: «Ho desiderato che il pavimento si aprisse e mi inghiottisse completamente».
Nella sua testimonianza sui fatti del 6 gennaio 2021, Bill Stepien, responsabile della campagna elettorale 2020 di Trump, ha detto che la condotta disonesta di Trump e dei suoi sottoposti per convincere il popolo americano che le elezioni erano state rubate lo ha spinto a dimettersi: «Non pensavo che ciò che stava accadendo fosse necessariamente onesto o professionale in quel momento, quindi questo mi ha portato ad allontanarmi».
Ovviamente tutte le dichiarazioni rilasciate in occasione delle testimonianze per i fatti del 6 gennaio hanno tratti simili. L’ex segretaria all’Istruzione, Betsy DeVos, ha detto: «Quando ho visto cosa stava succedendo il 6 gennaio e non ho visto il presidente intervenire e fare quello che avrebbe potuto fare per riportare indietro la situazione o rallentarla o affrontare davvero la situazione, era ovvio per me che non potevo continuare».
Per l’ex segretaria ai Trasporti, Elaine Chao, invece «gli eventi erano di una tale portata che era impossibile per me continuare, dati i miei valori personali e la mia filosofia».
La dichiarazione di Sarah Matthews, ex vice addetta stampa della Casa Bianca, guardava proprio a questi giorni di campagna elettorale: «Pensavo che avesse fatto molto bene durante i suoi quattro anni da presidente. Ma quello che è successo il 6 gennaio, quello che ha fatto nei giorni immediatamente precedenti e come si è comportato in seguito, e il suo continuare a diffondere questa menzogna secondo cui le elezioni sono state rubate, lo hanno reso del tutto inadatto a ricoprire ogni nuovo incarico».
La dichiarazione più bella, più completa ed esaustiva è forse quella dell’ex avvocato personale e faccendiere di Trump, Michael Cohen: «Donald è un idiota».