Il CamaleConte è rimasto intrappolato nelle sue macchinazioni. La maschera di fango del capo dei Cinquestelle si è liquefatta davanti alle telecamere di Fabio Fazio, incredulo anche lui («Non capisco…») dinanzi alla non-risposta alla facile domanda – «lei preferisce Biden o Trump?» – che tutto il pianeta si sta ponendo. Ma Conte avvocato Giuseppe, lo Zelig della politica italiana, ha risposto serafico: «Con una nuova responsabilità di governo cercherei un dialogo. Hanno due approcci ideologici completamente diversi. Uno potrebbe essere più vicino alla sfera progressista e l’altro no. Ma per esempio sulla guerra potrebbero invertirsi le cose». Una risposta agghiacciante condita da una premessa inesistente («con una nuova responsabilità di governo…»: e chi gliela darà mai?).
Sulla guerra dunque ha fatto capire che è meglio il Donald Trump che svenderà l’Ucraina allo zar di Mosca che il Joe Biden che sostiene la Resistenza del popolo. Intendiamoci: sul popolo italiano fa più presa, davanti alla Storia no. Ma questo è un uomo così, prima i voti poi i valori. E infatti quando Fazio gli ha ricordato che tra uno che dà il benvenuto all’assalto a Capitol Hill e Joe Biden che difende la democrazia americana la differenza si vede, lui ha dato una risposta inaudita: «Sull’assalto ho preso le distanze. Quella è una pagina nera della democrazia americana. Ora lasciamo che i giudici facciano i loro accertamenti». Vede i sondaggi e già è pronto a baciare la pantofola del miliardario. E meno male che si dichiara progressista.
Ma già, con The Donald aveva un feeling. Unilaterale, perché quello manco ne azzeccava il nome («Giuseppi»), figurati se quel campione reazionario poteva ricordarsi di uno sconosciuto che a malapena balbettava l’inglese. Infatti lo considerava più o meno un cameriere che comunque poteva servire nei suoi oscuri traffici politici internazionali, tanto è vero che quando il governo Conte 1 si dimette – agosto 2019 – e cominciano le trattative per la formazione di una nuova maggioranza, l’allora presidente del Consiglio va a Biarritz, in Francia, per il vertice del G7 da un’anatra zoppa e qui riceve inaspettatamente il sostegno pubblico di Trump che giudica Giuseppi «un uomo veramente di talento».
In quella fase erano in corso strani movimenti tra l’amministrazione americana e i nostri servizi segreti, ci fu una visita misteriosa a Roma di William Barr, l’allora ministro della Giustizia di Trump, e i vertici dei servizi segreti italiani, se ne parlò anche al Copasir ma la cosa non è mai stata chiarita del tutto. E tuttavia questi fatti chiariscono perché il soi disant progressista Conte non prenda posizione per Biden come fanno tutti i democratici e progressisti del mondo. Tra questi c’è ovviamente Elly Schlein. Che nel suo tentennante incedere ha sempre tenute le porte spalancate al CamaleConte, blandendolo, cercandolo, abbracciandolo. Da ultimo per protestare insieme contro lo strapotere della destra alla Rai, ma la contiana Barbara Floridia, messa alla guida della Vigilanza Rai a coronamento dell’intesa sottobanco che Conte stipulò con il governo per avere qualche strapuntino a Saxa Rubra, ha risposto picche.
Fino a quando la segretaria del Partito democratico si farà prendere a schiaffi? Adesso il Conte Zelig offre a Schlein la straordinaria opportunità come minimo di chiedere un chiarimento definitivo: tra la democrazia e la reazione, anzi, tra la legge e l’eversione, non si può non scegliere da che parte stare. Altro che «aspettiamo i processi». L’uomo che firmò i decreti Salvini e oggi dice no allo Ius soli, il versipelle che in pochi giorni passò senza vergogna da un governo con la Lega a uno con Nicola Zingaretti – un altro che dovrebbe andare a nascondersi per aver pronunciato la mitica frase su Conte «punto di riferimento fortissimo dei progressisti» – stavolta ha passato il limite della decenza. Basta, Elly, su questo qui spegni la luce.