Partiamo da qui:
Jamie Oliver è un noto volto televisivo e chef inglese, che ha spopolato negli anni ed è diventato un vero guru, anche per il suo impegno concreto a favore di un’alimentazione più sana per i bambini nelle scuole. Il post su instagram è un capolavoro social: è accattivante, smart, ha una foto bella e insolita, ha una parte grafica elegante, ha poche parole chiare. È a tutti gli effetti un’infografica comprensibile e immediata.
La caption è ingaggiante (Scusa, Soncini, non uso più queste brutte parole, prometto): «Sapete tutti quanto io ami il pesto e tutte le varianti che si possono fare, quindi condivido con voi come preparare un pesto straordinariamente buono in meno di tre minuti. Pensate di dare ancora più sapore a pizze, paste, panini, insalate, carni….. qualsiasi cosa!!!»
Jamie, parliamone: hai intenzione di farti odiare da tutti i gastronazionalisti italiani? Vuoi che la Liguria faccia un ban con la tua faccia sopra e lo mandi all’ambasciatore inglese? Hai deciso di non essere più cliente gradito in ogni ristorante genovese? No, parliamone. Perché qui se tocchi il pesto è come se ci toccassi la mamma: e noi italiani alla mamma ci teniamo.
Eppure: eppure Jamie ha fatto quello che noi non riusciamo nemmeno a concepire. Lui, con la sua indole piaciona e il suo modo scanzonato di cucinare, lui che non segue dogmi ma consigli pratici, lui che non deve difendere nulla perché nulla ha, ha saputo rendere funzionale l’unica cosa davvero da tutelare che c’è nel pesto. La sua tecnica di preparazione. È un pensiero a suo modo rivoluzionario, e per fare le rivoluzioni, anche gastronomiche, spesso c’è bisogno di libertà intellettuale.
Riuscendo ad andare al di là del campanilismo e del protezionismo alimentare, avremmo capito anche noi, e ben prima, che si può fare del pesto un progetto. E che la tutela, se mai ci dev’essere, passa attraverso l’idea geniale di emulsionare olio, erbe aromatiche e frutta secca per creare una salsa straordinaria, ideale da utilizzare sulla pasta, ma anche per condire una carne o un pesce, o per decorare un antipasto condendolo con sapore. Da qui alla tabella fotografica a prova di imbranato è un attimo: e invece di un piatto ne abbiamo insegnati mille, perché ciascuno potrà adattare al proprio clima, alla propria dispensa, al proprio portafoglio la sua salsa. Troppo poco patriottico?
(Se avete tempo, leggete le risposte sotto al post e vi renderete conto del perché la cucina italiana e noi vinceremo sempre e comunque, almeno a tavola)