Del “caro soffritti” si è cominciato a parlare quasi un anno fa, quando, a maggio 2023, la Borsa Merci Telematica Italiana (Bmti) aveva rilevato aumenti anomali sui dati all’ingrosso del mercato di Roma: oltre il più 135 per cento il sedano, più 150 per cento le cipolle nostrane.
La situazione non si è risolta, anzi si è aggravata nei mesi a seguire, per l’effetto congiunto di inflazione, bizzarrie climatiche che hanno decimato i raccolti, maggior domanda e contesto internazionale, in particolare le difficoltà di transito nel Mar Rosso e nel canale di Suez.
Alla fine dell’anno scorso la Direzione generale per il commercio estero del ministero del Commercio e Industria dell’India, che ne è il principale produttore mondiale, ha deciso di proibire l’esportazione di cipolle, prodotti di “interesse nazionale”, fino al 31 marzo. Un provvedimento carico di conseguenze per un ingrediente essenziale per la cucina locale e di tutta l’Asia meridionale, che aveva aumentato del 63 per cento l’export rispetto al 2022.
Lo scorso agosto è stato il meno piovoso da oltre un secolo a causa della presenza del Niño e diverse produzioni agricole ne sono state colpite, costringendo le autorità a correre ai ripari. Anche l’Egitto, terzo produttore mondiale e grande consumatore, il 1° ottobre scorso aveva varato un divieto di export di tre mesi poi rinnovati fino al 30 marzo. Nel frattempo, i prezzi sono saliti da dodici sterline egiziane (0,39 dollari) al chilo a 35 (1,13 dollari).
Una crisi di portata globale per l’ortaggio più consumato al mondo dopo le patate: dalle Filippine, dove in pochi mesi i ristoranti hanno tolte le cipolle dai loro menu e i funzionari hanno avvertito i viaggiatori di non importarne senza un permesso speciale, al Canada, colpito da piogge che hanno danneggiato le coltivazioni. Ne approfitta la Cina, che in poche settimane ha aumentato i prezzi del trenta per cento, ma che si trova in difficoltà con le consegne a causa degli attacchi alle navi nel Mar Rosso.
In Europa, la Francia sta andando bene e la superficie coltivata a cipolla gialla è aumentata rispetto al 2022, ma nei Paesi Bassi, il principale produttore europeo, dove la superficie è aumentata del 3,7 per cento, il raccolto è stato inferiore alla media. In Spagna, dove nel 2022 i raccolti avevano subito una grave siccità nei mesi di maggio e giugno, con un impatto negativo sulle rese, le scorte sono inferiori al previsto, il che ha fatto scendere le esportazioni di quasi il sei per cento negli ultimi tre mesi. I prezzi sono ancora alti per il periodo, con circa 0,68-0,70 euro/kg per i sacchi da venticinque chilogrammi. Anche se si prevede un aumento significativo della superficie coltivata per la stagione 2024/25 e si prevede di recuperare il calo del trenta per cento di due stagioni fa.
In generale, il clima sempre più caldo dell’Europa meridionale ha portato a una riduzione anno dopo anno della superficie coltivata, a causa della mancanza d’acqua. A vantaggio dei Paesi più a nord: l’Austria ha iniziato a esportare mentre Danimarca e Olanda ricevono richieste dal resto del continente. Anche se in Germania, nonostante l’aumento della superficie coltivata, i problemi di disponibilità idrica in Baviera e nella parte orientale del Paese hanno limitato la resa.
Per quanto riguarda l’Italia, dove il settantotto per cento delle famiglie acquista cipolle regolarmente, e che si è sempre rivolta all’estero, non essendo autosufficiente, l’ultima stagione è stata disastrosa a causa del maltempo che ha devastato le coltivazioni romagnole e decimato quelle del Sud. Il risultato è che le cipolle dorate sono quasi introvabili, quelle rosse di Tropea costano intorno ai tre euro al chilo e i prezzi sono alti anche nei mercati all’ingrosso: a gennaio 2024, rispetto a un anno prima, sono aumentate del 61,5 per cento le tonde bianche, del 65 per cento le tonde gialle e del 62,4 per cento le tonde rosse. I commercianti temono che non si riuscirà ad arrivare al nuovo raccolto con le scorte del vecchio prodotto e ci saranno rotture di stock.
Potrebbe fare la differenza la produzione siciliana che dovrebbe arrivare da metà aprile in poi, sempre che risulti sufficiente a garantire il fabbisogno nazionale.