ComplessitàPensiero veg condiviso su Instagram

Un articolo che nasce da una serie di storie sui social che hanno creato grande dibattito. Una modalità di confronto che riutilizzeremo, per le grandi potenzialità che ha e per i differenti punti di vista che offre per la riflessione

Foto di Cottonbro Studio su Pexels

Sono un’affezionata consumatrice di falafel e di polpette di verdure: le trovo un’alternativa pratica e gustosa che mi risolve una cena con qualche salsa di accompagnamento e un’insalata. Ma sono sempre scettica sui surrogati della carne: ho una naturale predisposizione a tutto quello che è autentico, e questi prodotti mi sembrano sempre troppo processati e troppo complessi a livello di ingredienti per quello che ho in mente come “alimento”. Poi capita che a fare la spesa non vada io, e allora nel frigorifero compaiono gli hamburger non hamburger, che avevo assaggiato anni fa quando sono usciti e che non ho mai più ricomprato, non sentendone la necessità. Cottura veloce, non al microonde ma in padella con un velo d’olio, per simulare una reazione di Maillard, poco sale e via nel piatto.

Il profumo li fa somigliare molto alla carne, anche se al taglio sono croccantini fuori ma con una consistenza molto morbida – forse troppo – dentro. Più che carne trita sembra una pasta di carne frullata. Sul sapore, però, davvero nulla da dire: sembra carne, e se non sapessi che non lo è, dentro un panino ben farcito con altro, non sentirei davvero la differenza. Leggo gli ingredienti e ritorno della mia idea: se stiamo cercando un alimento sano, e stiamo andando verso una lista di ingredienti corta, se vogliamo eliminare additivi e insaporitori vari, certo siamo lontanissimi dalla meta.

Sul piano della sostenibilità di produzione, sono certa che peseranno sull’ambiente meno di un hamburger di bovino, o almeno lo spero. Di sicuro tutta questa soia da qualche parte la dovremo coltivare, e l’agricoltura intensiva non è certo poco impattante sull’ambiente. La confezione è di plastica, gli hamburger sono impellicolati. Se facciamo questa scelta per mangiare meglio, o per essere più green, forse stiamo sbagliando qualcosa.

Ma quando ho chiesto a voi su Instagram che cosa pensavate di questi alimenti, per l’ennesima volta ho capito che i punti di vista ­– anche legittimi – non stanno mai da una sola parte, e spesso quello che per me è assodato nasconde comunque un’altra possibilità di visione. Basta cambiare punto di vista.

La maggior parte di voi era d’accordo: perché dobbiamo insistere a cercare qualcosa “a forma” di carne, quando – per essere vegetariani – basta sostituire la carne con altro? Non possiamo semplicemente mangiare solo verdure invece di ostinarci a creare cose che non esistono in natura, a volte anche lavorando molto di chimica, pur di avere una polpetta che mi ricorda vagamente un hamburger? «Perdonami ma questa affermazione è molto faziosa. Io posso voler mangiare carne senza uccidere un animale. Di conseguenza scelgo questo tipo di alimenti».

Se ci mettiamo dalla parte degli animali, questa scelta è completamente naturale, in effetti. Se sono vegetariano per una scelta etica, di non crudeltà, allora cambia tutto. Ma, anche in questo caso, essere leggeri per gli animali non ci fa essere necessariamente sani per noi e probabilmente non ci rende tanto più sostenibili per il Pianeta. A meno di informarci molto, e di andare alla ricerca di soluzioni alternative: me ne avete segnalate molte, e molte sono anche alternative vegane che non scimmiottano altro ma cercano una strada alternativa, che piace ai vegani ma che intriga anche gli onnivori. Del resto, come sostiene Pietro Leeman da sempre, lui sì grande antesignano della cucina veg italiana, primo chef a proporla all’interno di un ristorante e primo ad aver conquistato la stella Michelin con questo tipo di proposta: «Se cucini vegano dai da mangiare a tutti, la cucina vegana è assolutamente la più inclusiva possibile».

Come sempre, negli affari attuali, tante differenti opzioni sono da considerare, e a seconda dello scopo finale avremo delle soluzioni diverse, anche in conflitto tra loro. Ma questo piccolo esperimento di pensiero collettivo, fatto attraverso Instagram, mi ha consentito di pensare meglio e in maniera più approfondita a un tema che – da onnivora – non avevo mai ben preso in considerazione. Rifacciamolo, e grazie a chi ha partecipato a questa costruzione di una tesi condivisa. Per quelli che amano una soluzione certa e uno slogan da promuovere e da abbracciare, non possiamo essere un riferimento: in tutte le cose del mondo, soprattutto oggi, l’unico modo per scegliere coscientemente è conoscere la complessità, senza partigianerie, e agire di conseguenza.

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