Mentre la Coldiretti e il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare, delle Foreste e del Fantabosco ci urlano il loro odio per la carne sintetica, provando a convincerci che la carne fatta in laboratorio sia il male (chissà se hanno mai visitato un allevamento intensivo o un macello), il mercato si è attrezzato per esplorare e soddisfare il bisogno di eaters che vogliono eliminare o ridurre il consumo di prodotti di origine animale o, semplicemente, vogliono illudersi di avere un’alimentazione più sana.
Conosciamo bene le ragioni che ci spingono verso un consumo ridotto di carne: sono etiche, ambientali, salutistiche o una combinazione di queste. Tutte questioni logiche e nobili che richiedo una seria riflessione sul futuro delle scelte alimentari.
Tuttavia, abbiamo imparato che non è mai un solo fattore a intervenire sulla scelta del nostro cibo, ma una catena di elementi che, sommati, fanno il piatto.
Fattori culturali, attualità, impegno civico, condizione socioeconomica.
Ecco perché non è corretto esprimere giudizi sui piatti degli altri: osservare e crearsi un’opinione sono la cosa migliore per fare le nostre scelte. A questo argomento e proprio al consumo dei sostituti veg è stato dedicato un editoriale di febbraio.
Ma passiamo ai fatti. Ci siamo chiesti se le alternative vegetali in commercio siano buone nel senso ampio del termine. Abbiamo afferrato il carrello del supermercato e fatto incetta di confezioni plasticose che contengo prodotti simili a preparati di carne e pesce. Li abbiamo cucinati e mangiati senza l’aiuto di condimenti e contorni e abbiamo dato i voti.
Alcune considerazioni generali sulle alternative vegetali della carne
Le preparazioni a base vegetale che vogliono somigliare, nel gusto e nell’aspetto, ai prodotti di origine animale (sono anche chiamati finta carne o fake meat) sono un’invenzione piuttosto recente; pertanto, siamo davanti a cibi che si stanno evolvendo, che hanno dei costi non indifferenti e che non hanno ancora risolto alcune questioni legate alla sostenibilità, nonostante siano nati per soddisfare anche i consumatori molto attenti a questo aspetto.
La maggior parte dei prodotti provati sono confezionati in plastica, con un uso più o meno impattante di carta e di inchiostro utile per rendere invitanti i prodotti e fare il lavoro del marketing. Sinceramente, non sembra che ci sia un uso maggiore di packaging rispetto ai prodotti di origine animale. È simile, ma il contrasto con la filosofia di questi preparati ci fa subito notare il problema delle confezioni e delle piccole porzioni. Quella del pack è una sfida con cui le aziende convertite alla fake meat devono fare i conti. E i conti devono anche farli con la legislazione che in Italia (e a quanto pare anche in Francia) vieta il meat sounding, ovvero l’uso di parole associabili alla carne come bistecca, salsiccia, hamburger per definire prodotti vegetali. Come vedremo tra poco, questo sarà un problema per le aziende.
Altra questione è quella di un mercato che è ancora instabile. Nonostante siano ormai onnipresenti a scaffale, l’economia di questi cibi non è del tutto certa: alcune aziende americane come Beyond Meat nei mesi scorsi hanno registrato importanti cali nei ricavi (come segnalato da Il Sole 24 Ore lo scorso novembre) ma, stando agli ultimi dati di borsa, le cose sembrano cambiare rotta. Il mercato in Italia sembra funzionare, con prodotti provenienti da tutta Europa.
In generale il costo dei sostituti della carne, dai finti burger di manzo ai filetti di pesce, si aggira tra i 17 e i 23 euro al chilogrammo, contro i 12-19 euro al chilo dei burger di manzo disponibili al banco refrigerato del supermercato. In entrambi i casi sono costi non banali per una famiglia media italiana che potrebbe risparmiare solo acquistando materie prime e non prodotti preparati.
Ultima questione, non meno importante, è quella della nutrizione e della salubrità della finta carne. Non ci soffermeremo sulle indicazioni medico-nutrizionali, ma quello che emerge da questi prodotti è una lista ingredienti sempre molto lunga, che corrisponde a cibi molto processati. Vuol dire che fanno male? No, ma neanche bene.
In tutti i prodotti assaggiati i principali ingredienti sono acqua, proteine vegetali (quasi sempre derivate da frumento, piselli o soia), farine e oli vegetali, stabilizzanti e insaporitori. Oltre al sapore, vogliono sostituirsi alla carne anche dal punto di vista nutrizionale e quindi ritroviamo spesso proposte proteiche, spesso arricchite in ferro e vitamina B12. I grassi e i carboidrati sono onnipresenti, ma in contenuto molto variabile; quindi il suggerimento qui più che mai è: leggere sempre le etichette e le tabelle nutrizionali per una scelta migliore.
Pesce
Unfished, PlantZalmon Sashimi: voto 1+
Un pezzo di materiale che sembra davvero salmone nell’aspetto. Lo prendiamo per l’originalità della proposta: l’unica alternativa vegetale al pesce che non deve essere cotto prima del consumo. Il sito del marchio non funziona, la pagina Instagram è raccapricciante e non aggiornata. Interessante l’aspetto nutrizionale: 55 chilocalorie per 100 grammi. Il motivo è presto detto: è fatto quasi solo di acqua. Pochi grassi, proteine quasi assenti. Infatti, sapete di cosa sa? Di ciò di cui è fatto il programma elettorale di un politico qualsiasi: di niente.
Consistenza che ricorda le gelatine scadenti, l’odore è quello del pan bauletto. L’aspetto è credibile, ma il gusto non c’entra nulla con il salmone, non c’entra nulla con qualcosa di buono.
Questo sashimi Unfished è un gioco per gli orfani dei ristoranti all you can eat che non ci vanno più perché terrorizzati dall’essere visti dagli amici vegani.
Mangiandolo avrete risparmiato un salmone, ma fatto un torto alla storia dell’alimentazione mondiale.
Vivera, Filetto no-salmon: 6-
“Eat Openminded” è il motto di Vivera, il marchio di prodotti alternativi alle proteine animali che ha sede nei Paesi Bassi e che mette al centro l’invito al mangiare sano con un’attenzione per il pianeta. Sul loro sito dicono di lavorarci dagli anni Novanta. Noi in quegli anni scoprivamo le gallette di riso.
Trattandosi di finto pesce una delle prime cose che notiamo al supermercato è la somiglianza al filetto di salmone, nella forma e nel colore. Pensare di mangiare qualcosa al sapore di pesce ci spaventa più della carne, ma alla fine l’esperienza si rivela sempre piuttosto positiva (spoiler!).
Facciamo subito un check tabella nutrizionale e con le sue 209 chilocalorie per 100 grammi questo filetto di finto salmone ha dei valori simili a un filetto tradizionale con la differenza che, a parità di grassi, quelli saturi si riducono della metà.
Esteticamente fedele nella forma, anche la consistenza alla forchetta si rivela una bella sorpresa.
Il sapore però è un’altra storia. Avvicinato il boccone manca il profumo e il gusto non è tanto quello del salmone, ma più il ricordo dei preparati di pesce surgelato. Non ci sentiamo di bocciarlo ma, qualora doveste sceglierlo, usate una bella insalata arricchita per insaporire il pasto.
Heura, Medaglioni vegetali sapore di mare: 6
Siamo in una fase complessa per il pianeta. Non abbiamo punti di riferimento e fatichiamo a trovare le parole per descrivere il mondo che ci circonda. E lo vediamo anche quando Heura, azienda spagnola, definisce «wow» il sapore dei suoi prodotti sul sito. In compenso, non faticano a far sentire la propria voce di dissenso verso i governi di Francia e Italia sui loro social. E in confezione ci raccontano che «la cura per il pianeta non è mai stata così buona», ma poi ci dicono «stiamo lavorando per impattare meno sull’ambiente» per giustificare il packaging usato.
Puntiamo su questi filetti in pastella a base di proteina di soia con olio evo. Poche calorie rispetto alla media degli altri prodotti, 168 chilocalorie su 100 grammi, un’ottima tabella nutrizionale fatta di 7,6 grammi di grassi di cui 1,2 saturi e 14 grammi di proteine. Il tutto arricchito di vitamina B12 in quantità pari da rappresentarne il 76 per cento del fabbisogno giornaliero (informazione preziosa per i vegani).
All’assaggio si conferma la presenza delle proteine della soia, infatti il gusto e la consistenza sono tipici del seitan. Rassegnatevi al pensiero di ritrovare l’idea del pesce, il sapore del mare sta come la vista del mare sta a Milano: inesistente.
Peccato, perché è la migliore tabella nutrizionale in questa categoria.
Garden Gourmet, Filetti gratinati sapore di mare: 7
Garden Gourmet è il marchio dedicato all’alternativa vegetale di Nestlé che propone finta carne e finto pesce sottoforma di vari preparati e formati.
Puntiamo sui filetti gratinati al sapore di mare, prodotti in Repubblica Ceca e che si piazzano subito al top della nostra classifica per il loro aspetto invitante.
226 chilocalorie su 100 grammi, 12 grammi di grassi (di cui solo 0,9 saturi), 14 grammi di carboidrati, e 13,2 di proteine (di frumento).
Il prodotto in confezione è pre-fritto e decongelato (quest’ultimo un elemento comune a molti preparati della stessa categoria).
Come anticipato, aspetto attraente. Il gusto è buono, ricorda le crocchette di pesce dei bimbi con un certo sentore umami non trascurabile. Consistenza che ciao, davvero ottima. Il risultato nell’insieme è ottimo. Non ci sono molti riferimenti alla sostenibilità, tutta la confezione è di plastica, in buona parte rigida. Se va bene o meno decidetelo dopo averci detto come sarebbe meglio venderlo.
Carne
Accro, Polpette cento per cento vegetali: 3
Ah, le polpette! Sempre buone, con qualsiasi ricetta. Dopo questo assaggio possiamo dirci che no, non è così. Questa proposta è di Accro, azienda francese che arriva a noi con queste polpettine arricchite di vitamina B12. Una bella dose di grasso (14 grammi, ma con pochi saturi), hanno un aspetto granuloso che non ci mette simpatia: sembrano quei dolcetti di cioccolato e riso soffiato che fate fare in casa ai vostri figli per tenerli impegnati un sabato di pioggia.
A base di proteine di piselli e grano reidratato, al gusto riportano un intenso sapore umami. La consistenza è pessima. Praticamente avete una scusa per infamare la cucina francese con le prove in mano.
Voto 3, perché con le polpette è bello ragionare a numeri dispari. Saluti e au revoir!
Beyond Meat, Beyond Burger: 3 ½
Unico passaggio dal banco surgelati con questi burger del marchio Beyond Meat, tra i pionieri della categoria. A differenza di quelli freschi del banco frigo, qui dovremo pazientare prima della cottura, in attesa che si scongelino.
Prodotti a partire dalle proteine di piselli, sono piuttosto calorici rispetto ai burger di finta carne testati. Ben 252 chilocalorie per 100 grammi, con 9 grammi di grassi, di cui 5,6 saturi, e 17 grammi di proteine.
L’aspetto una volta cotto è credibile, lo stesso per la consistenza, ma il sapore manda al cervello un segnale chiaro: «Sicuro sia cibo?».
Un gusto che assoceremmo alla guarnizione del motore di una nave, se solo ne avessimo mai assaggiato una. La sensazione di unto è eccessiva.
Se pensiamo all’alternativa sana e buona della carne, non è il gusto che vogliamo ritrovarci in bocca. Forse un po’ fuori tema, riprovare. O anche no.
Unconventional, Salsicce vegetali: 4–
Come accenneremo per un altro prodotto, Unconventional è la linea dedicata all’alternativa vegetale di Granarolo. Ci imbattiamo nelle loro salsicce e, da desiderosi di carne quali siamo, pensiamo di portare a casa un’esperienza dal gusto di porco, ma senza che ne muoia uno. Ci sbagliavamo.
Con 221 chilocalorie per 100 grammi, queste salsicce sono più ricche di grassi – in linea con una salsiccia di carne suina – e hanno un aspetto che ricorda più i wurstel tedeschi che le nostre salsicce. Cuociamo in forno dopo aver bucherellato il prodotto e, una volta cotto, non siamo proprio convinti. Non va meglio con l’assaggio dove sembra di mordere una testa d’aglio. Gusto troppo speziato che vuole coprire la mancanza di un gusto vero della carne finta.
Non è assolutamente una salsiccia nel senso italiano del termine e ci dispiace visto che fatta da un’azienda italiana. Saremmo curiosi di vedere le performance con la cottura alla brace, ma provare a dargli un altro nome aiuterebbe forse a non illudere il consumatore.
Vivera, Filetto vegetale: 4
Veniamo al pezzo pregiato: il filetto. Con la differenza che il manzo ancora pascola mentre voi mangiate proteine vegetali. Torna l’azienda Vivera che, dopo il finto pesce, ci propone un’alternativa al burger per un’esperienza più sofisticata.
Santo cielo, anche no! Se il burger lo mettete dentro un panino, pensare di tagliare con il coltello e addentare pezzi di questo prodotto ci pare uno scempio. La succosità è davvero simile a un taglio di carne, ma il sapore non c’è. Forse possiamo fare a meno di un filetto vegetale e solo non comprandolo facciamo del bene al pianeta. Oppure estinguendoci.
Good & Green, Affettato vegetale al gusto di prosciutto cotto: 5 ½
Ci sono vegetariani che non sentono mai il bisogno di carne, ma che ti confidano la voglia sfrenata di prosciutto e mortadella. Allora optiamo per un affettato vegetale al gusto di prosciutto cotto prodotto da FelsineoVeg, azienda del bolognese che produce proprio alternative vegane con particolare focus sugli affettati.
La tabella nutrizionale è simile a quella della bresaola, con un boost di proteine pari a 33 grammi su 100 di prodotto. Tra gli ingredienti non possiamo non notare il lievito madre, che a quanto pare è fondamentale per fare salumi finti, manco fosse una pagnotta.
L’assaggio lascia a desiderare. Forse in un sandwich sarebbe tollerato, ma a nudo emerge l’eccessiva elasticità della fetta e un sapore difficilmente associabile al prosciutto, anche per l’eccesso di spezie.
Solo l’alto valore proteico del prodotto giustifica la scelta per chi, non potendo/volendo mangiare carne, può trovare la soluzione per un panino.
Garden Gourmet, Sensational Burger: 6+
Torniamo all’area green di Nestlé per un assaggio di burger che, già dall’etichetta, riporta una tabella nutrizionale un po’ simile a un burger di carne di manzo: 197 chilocalorie per 100 grammi, 13 grammi di grassi di cui 4 saturi e 14 grammi di proteine (provenienti dalla soia).
Il suggerimento di cuocere in griglia ci fa ben sperare sul gusto finale, aspetto e consistenza rafforzano l’idea. Una volta cotto in padella l’aspetto è perfetto. All’assaggio percepiamo lo sforzo di far somigliare questo prodotto alla vera carne. C’è un sapore di umami molto associabile ai funghi che trasforma poi tutto in un gusto che ricorda i sapori alla pizzaiola.
Anche qui può andare bene se lo mettete dentro un panino con cipolla croccante e tante salse. Il burger è valido ma non mangiatelo da solo, potrebbe intristirvi.
Uncoventional, Burger vegetale classico: 7 ½
Nata dall’azienda lattiero-casearia Granarolo, Unconventional è il primo marchio italiano in cui ci siamo imbattuti nella ricerca della finta carne. Prodotti a Rimini, arrivano all’Esselunga di Milano con una bella faccia credibile e in una confezione dal colore giallo, che ci attrae come api al polline. Mettendo in risalto l’alto contenuto proteico, guardiamo subito la tabella nutrizionale che ci indica 221 chilocalorie per 100 grammi (quasi un burger), 14 grammi di grassi di cui 6,5 saturi e 15 grammi di proteine.
Una volta cotto, l’aspetto è quello di un vero burger di carne e l’assaggio lo conferma. Manca di sicuro il gusto della componente grassa, ma questo prodotto potrebbe sedare il desiderio di carne di un carnivoro. La consistenza e la masticazione sono soddisfacenti.
Se tutti i prodotti di finta carne fossero così, potremmo iniziare a ragionare.
Le pagelle del supermercato nascono per discutere intorno al cibo con cui ci confrontiamo tutti, tutti i giorni. È uno spunto per accendere uno spirito critico e mettere in discussione, con leggerezza, le scelte alimentari dei nostri giorni.
Tutte le classifiche le trovate nel dossier dedicato, a questo link.
Tutte le foto sono di Alessio Cannata