Il linguaggio è quello vago e istituzionale delle conclusioni del Consiglio europeo, ma le parole dei presidenti nella conferenza stampa del vertice di Bruxelles sono chiare. Fra gli Stati dell’Unione c’è un generale consenso all’idea di utilizzare gli interessi generati dai beni russi congelati nell’Ue per supportare l’Ucraina, anche fornendole aiuti militari.
Alla vigilia del vertice, la Commissione europea aveva presentato ai 27 governi un piano riservato per impiegare questi profitti. Si tratta di circa 210 miliardi di euro di asset e riserve della Banca Centrale Russa immobilizzati nei Paesi dell’Ue, che nel 2024 (e negli anni seguenti) genereranno una cifra compresa fra 2,5 e 3 miliardi.
All’inizio di febbraio si era deciso che gli enti finanziari in possesso di beni russi congelati del valore superiore a un milione di euro separassero i profitti dai beni stessi. Il passo successivo sarebbe prelevare il 97 per cento dei profitti netti (cioè dopo la tassazione a livello nazionale), lasciando il resto agli operatori finanziari che li detengono.
Dalla metà del 2024, le somme prelevate dovrebbero invece essere messe a disposizione dell’Ucraina. Il 90 per cento sarebbe utilizzato per fornire aiuti militari tramite lo European Peace Facility, il fondo con cui l’Ue ha già stanziato in tutto undici miliardi di aiuti militari a Kyjiv finora.
Il dieci per cento finirebbe, invece, nel bilancio dell’Unione e per quest’anno la somma contribuirebbe a finanziare il fondo da 50 miliardi di assistenza macrofinanziaria per il governo ucraino approvato a febbraio. Pagherebbe quindi non armi e attrezzature militari, ma stipendi e pensioni dei cittadini ucraini.
Come rivelato a Linkiesta da fonti diplomatiche, inizialmente più di un Paese ha espresso riserve: in passato si era discusso di confiscare i profitti derivanti dai beni russi congelati, ma solo per finanziare la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina.
La svolta militarista della Commissione non è piaciuta ai Paesi europei cosiddetti «neutrali», quelli cioè che non fanno parte della Nato e non inviano direttamente aiuti bellici all’Ucraina, come Malta, particolarmente scettica sul tema.
Ma all’arrivo a Bruxelles altri leader hanno subito manifestato il loro appoggio. «L’utilizzo degli interessi è un piccolo ma importante passo avanti. Putin ha sbagliato i calcoli se crede che non saremo in grado di sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario», ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Parole simili anche dal presidente lituano Gitanas Nausėda, convinto che sia necessario utilizzare i soldi non solo per ricostruire l’Ucraina, ma anche per permetterle di difendersi dall’aggressione russa.
Dalla prima giornata di riunione dei leader nazionali è emerso un risultato all’apparenza interlocutorio, chiarito meglio dalle dichiarazioni di Charles Michel e Ursula von der Leyen nella conferenza stampa notturna. «Il Consiglio europeo invita il Consiglio dell’Ue a lavorare sulle recenti proposte della Commissione», si legge nelle conclusioni.
Poi il presidente del Consiglio europeo Michel spiega che i leader hanno capito la serietà della situazione e si dice fiducioso sul fatto che si possa procedere «molto presto». Le specificità dei Paesi «neutrali», assicura, saranno prese in considerazione, come del resto si legge nelle conclusioni stesse.
La Presidente della Commissione europea von der Leyen si spinge anche oltre, parlando di un «forte supporto» emerso durante la discussione. «Ho detto ai leader che, se saremo abbastanza rapidi, potremo versare il primo miliardo già il primo luglio». Una speranza, che alle orecchie degli ucraini suona come una promessa.