Fino al 2019, il Portogallo è stato uno dei pochi Paesi europei a non avere un partito di estrema destra. Numerosi studiosi si sono impegnati a fornire ipotesi a questa “eccezione portoghese” (o anche, “eccezione iberica”, dal momento che fino al 2019 anche la formazione di ultradestra Vox era rimasta fuori dal parlamento spagnolo): il trauma della dittatura di Salazar, rovesciata nel 1974 dalla Rivoluzione dei Garofani, era ancora troppo recente? O la fiducia nelle istituzioni europee ancora ben solida, a soli trent’anni dall’entrata del Portogallo nell’Unione?
«In realtà, è dall’inizio degli anni Duemila che registriamo una domanda da parte dell’elettorato di un partito populista in Portogallo, soprattutto a causa della stagnazione economica. Per molto tempo, all’estrema destra non sono mancati gli elettori, è mancato un leader», spiega a Linkiesta Riccardo Marchi, professore di Relazioni internazionali all’Università Lusófona di Lisbona ed esperto in movimenti di estrema destra nella penisola iberica.
Quel leader è André Ventura, quarantuno anni, ex avvocato e commentatore sportivo, cresciuto all’interno del Partido Social Democrata (Psd), il principale partito di centrodestra portoghese. È nel 2019, infatti, che, dopo aver perso le elezioni municipali a Loures, un comune dell’area metropolitana di Lisbona e messo in discussione la leadership del Psd, Ventura decide di uscire dal partito per fondare Chega, che in portoghese vuol dire “basta”.
In soli cinque anni, Chega è diventato la terza forza politica in Portogallo: nel 2022 ha ottenuto il 7,3 per cento dei voti e gli ultimi sondaggi sulle elezioni di domenica lo danno tra il diciotto e il venti per cento. Con lo slogan «diamo una ripulita al Portogallo», la sua campagna si è basata principalmente su due temi: la lotta alla corruzione e quella all’immigrazione. Gli attacchi di Ventura, tuttavia, non sono riusciti a condizionare l’agenda politica dei suoi principali avversari, ovvero Aliança Democratica (Ad), la coalizione che unisce tre partiti di centrodestra guidata dal Psd, e il Partito socialista (Ps).
«Aliança Democratica ha incentrato la sua campagna sul peggioramento dei servizi pubblici durante gli otto anni di governo socialista e nel ritrarre il nuovo leader del Ps, Pedro Nuno Santos, come la copia del primo ministro uscente António Costa», commenta Marchi. Ex ministro delle Infrastrutture e dell’Abitazione, Santos è stato duramente criticato, sia dal centrodestra che dall’estrema destra, anche per i suoi scarsi risultati nel gestire la profonda crisi abitativa che si registra in varie zone del Portogallo, soprattutto a Lisbona, a Porto e in Algarve.
Durante la scorsa legislatura, inoltre, Santos si era dimesso per uno scandalo legato a una buonuscita da mezzo milione di euro pagata dalla compagnia aerea di bandiera del Portogallo, Tap, a una delle sue dirigenti. Né questo scandalo, né il presunto caso di corruzione che ha portato alla fine degli otto anni al governo dell’ex primo ministro socialista António Costa ha portato tuttavia a un calo drastico dei socialisti nei sondaggi: sia il Ps che il Psd si attestano infatti tra il venti e il trenta per cento dei voti, secondo le ultime rilevazioni, con un leggero vantaggio per il Psd.
«Dal canto loro, i socialisti hanno puntato tutto sulla paura: la paura di tornare agli anni della troika e ai tagli imposti dal governo di centrodestra tra il 2011 e il 2015, una strategia che fa molta presa sulla classe media e sui pensionati, che all’epoca hanno perso molto potere d’acquisto e non l’hanno mai recuperato. Ma anche, la paura di un governo di estrema destra, riciclando la stessa strategia che aveva portato Costa a ottenere la maggioranza assoluta nel 2022», aggiunge Marchi.
Tuttavia, il ritorno al governo del Ps – da solo o formando una maggioranza con altri partiti di sinistra, come il Bloco de Esquerda o il partito comunista (Cdu) – è un’ipotesi che resta molto lontana.
«I socialisti potrebbero ottenere la maggioranza dei voti, ma non quella in parlamento: in quel caso potrebbero provare a formare un governo di minoranza, con il permesso di AD. È già successo molte volte in Portogallo, ma è improbabile: dopo otto anni all’opposizione, è difficile che il PSD non cerchi qualsiasi strada per tornare al governo, inclusa un’alleanza con Chega», commenta Marchi.
Nonostante Luís Montenegro, leader del Psd, infatti, abbia smentito più volte la possibilità di formare una coalizione che includa Chega, pochi giorni fa André Ventura ha detto che esiste un gruppo di politici di centrodestra, tra cui l’ex primo ministro Pedro Passos Coelho, favorevoli a un’alleanza di governo tra il Psd e l’estrema destra.
Per il Psd, al momento le alternative all’alleanza con Chega sono due: formare una coalizione con il partito Iniciativa Liberal, che tuttavia i sondaggi danno solo tra il quattro e il sei per cento, oppure ottenere abbastanza voti per formare da solo un governo di minoranza. In questo caso, il leader dei socialisti, Pedro Nuno Santos, ha già annunciato che, in caso il suo partito non ottenesse la maggioranza dei voti, «non presenterà una mozione di censura né renderà valida una mozione di censura contro una vittoria dell’Ad», in modo da impedire l’arrivo al governo di Chega. «Dal mio punto di vista, questa scelta è un suicidio politico, sia per i socialisti che per il centrodestra: con Chega all’opposizione, rischiano di dare un’ulteriore spinta alla sua crescita, proprio come è successo in Italia con Fratelli d’Italia», conclude Marchi.