Fiocchetto lillaIl messaggio nel piatto

Il 15 marzo è la giornata nazionale per la sensibilizzazione sui disturbi alimentari. Un progetto del Gruppo KOS pone l’attenzione sulla natura psicologica di questi “Disordini nascosti”

Uno dei piatti dell'iniziativa di Gruppo Kos “Disordini nascosti”

«Mangiando io cerco di soddisfare due cose, la fame e l’amore. La fame viene appagata, l’amore no! Resta quel gran buco non riempito», Ellen West. È una delle citazioni che Francesca Fialdini ha posto in esergo a “Nella tana del coniglio. Quando la lotta con il cibo diventa un’ossessione” (edizioni Rai Libri, 2023), il libro che la conduttrice di “Fame d’amore” ha scritto assieme al medico psichiatra Leonardo Mendolicchio e che, come la trasmissione televisiva giunta alla quinta stagione, raccoglie storie di ragazzi e ragazze con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, ovvero Dna, una sigla che racchiude anoressia, bulimia, binge eating, ma anche ortoressia, vigoressia e le tante altre forme in cui il disturbo si manifesta.

Un tema che guadagna quindi spazio nell’attenzione pubblica e che deve continuare a farlo, soprattutto alla luce di dati sempre più preoccupanti. I numeri ci dicono che oggi solo in Italia i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione coinvolgono approssimativamente tre milioni di persone, con una crescita esponenziale: si è passati infatti dai 680.569 nuovi casi del 2019 ai 1.680.456 nuovi casi del 2023. Si stimano tra gli otto e i dieci casi su centomila abitanti, sempre su territorio italiano, ma la diagnosi arriva spesso in ritardo, dopo almeno due o tre anni dall’inizio della patologia, ed è spesso accompagnata da una forte resistenza alle cure.

Mentre negli anni Duemila gli esordi della patologia si manifestavano fra i sedici e i venti anni, oggi l’età si è notevolmente abbassata, con diagnosi a partire già dagli otto o nove anni e pazienti ricoverati a soli dodici anni, in una delle fasi più delicate della crescita evolutiva. Il venti per cento di tutta la popolazione ammalata nel 2023 aveva meno di quattordici anni.

Negli anni stiamo assistendo non solo a un progressivo calo dell’età di insorgenza dei disturbi, ma anche a un cambiamento nella proporzione di ricoveri di sesso femminile rispetto a quelli maschili, con un incremento di questi ultimi (nella fascia tra i dodici e i diciassette anni il venti per cento delle persone colpite sono maschi).

Solo nel 2022 aggregando i dati dei Rencam regionali il numero di decessi con diagnosi correlate ai disturbi della alimentazione e della nutrizione (anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata) sono stati complessivamente 3.158, con una variabilità più alta nelle regioni dove sono scarse o assenti le strutture di cura (Campania, Sardegna, Sicilia, Puglia), con una età media di 35 anni e con un’alta percentuale di casi con età inferiore a 25 anni.

Dunque un problema sempre più diffuso, sia femminile che maschile, fortemente giovanile, ma non solo, e anzi proprio per la trasversalità di questi disturbi l’attenzione deve restare alta e soprattutto l’informazione deve essere corretta.

Occorre evitare il rischio che luoghi comuni e false convinzioni sviino l’efficacia delle azioni intraprese per combattere il dilagare di queste situazioni e per questo è fondamentale comunicare con precisione ed efficacia quanto già ampiamente dimostrato a livello medico, ovvero che i Dna hanno un’origine psicologica e che sono un segnale di disagio interiore, legato all’emotività e alle difficoltà che le persone incontrano lungo il proprio cammino di vita.

Anche per questo nel nostro Paese dal 2012 (e con riconoscimento dalla presidenza del Consiglio dei ministri nel 2018) è stata indetta per il giorno 15 marzo la Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari, un’ulteriore occasione per promuovere la corretta informazione su questo delicato tema.

In vista della prossima giornata del fiocchetto lilla il gruppo sanitario italiano Kos, che opera principalmente nella riabilitazione psichiatrica, funzionale e nell’assistenza sociosanitaria e i cui centri psichiatrici sono accreditati con il Ssn, ha promosso l’iniziativa “Disordini nascosti”, con l’obiettivo di creare maggior sensibilizzazione sulla complessità dei percorsi di cura e riabilitazione che i pazienti con Dna devono affrontare.

Il progetto è stato realizzato a partire dall’ascolto delle storie dei pazienti da parte del team medico multidisciplinare di gruppo Kos (psichiatri, psicologi, dietisti, nutrizionisti, tecnici della riabilitazione psichiatrica). Ascoltando le storie dei pazienti, le loro sensazioni e il loro malessere, è nata una collezione di sei piatti illustrati i cui messaggi aiutano a comprendere come le cause dei disturbi alimentari siano, a tutti gli effetti, da ricercare nella mente. Ogni piatto, illustrato dall’art director Francesca Tucci, rappresenta infatti un pensiero patologico spesso fatto proprio da chi ha un disturbo alimentare. L’intera collezione è stata utilizzata per apparecchiare i tavoli di Pastificio San Lorenzo, il ristorante che ha ospitato la presentazione del progetto la sera del 13 marzo.

L’idea di fondo rappresenta appieno il messaggio dell’iniziativa, ovvero consumando il pasto si scoprono, boccone dopo boccone, quali sono i pensieri di chi soffre di Dna e leggendoli si può comprendere come essi siano il segnale di chi lega il proprio disagio interiore al rapporto con il cibo, disagio che deve essere però individuato e risolto a livello psicologico.

«A incidere sulla comparsa di questi disturbi sono la disregolazione emotiva, il perfezionismo, la tendenza al sottopeso e al sovrappeso, la presenza di disturbi alimentari in famiglia» afferma il dottore Adolfo Bandettini di Poggio, direttore medico psichiatria di Gruppo Kos. «Queste patologie colpiscono prevalentemente soggetti giovani e i danni non si limitano solo alla psiche ma coinvolgono tutto il corpo. Per questo motivo l’approccio di Kos alla cura dei disturbi alimentari è multidisciplinare. I percorsi clinico-riabilitativi si articolano in diversi interventi terapeutici e coinvolgono psichiatri, pediatri, terapisti, dietisti, psicologi e educatori. Le cure mirano non solo al recupero fisiologico e nutrizionale, volto al ripristino delle corrette abitudini alimentari, ma anche a quello sociale grazie a un intervento riabilitativo – prosegue Bandettini di Poggio – con il coinvolgimento della famiglia».

Per consentire la presa in carico di questi pazienti, Kos affianca il Servizio Sanitario Nazionale grazie alla presenza capillare sul territorio e nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento nella cura dei disturbi alimentari, divenendo oggi il primo gruppo in Italia per numero di posti letto dedicati a queste patologie. Presso la Casa di Cura Villa dei Pini è stato attivato un percorso riabilitativo per i pazienti nella fascia di età 12-16 anni, nato in collaborazione con l’Asl Toscana Centro e con il coinvolgimento dell’Ospedale pediatrico Meyer. A partire dal gennaio 2024 è stata avviata anche una collaborazione scientifica con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, con particolare riguardo al settore della psichiatria e psicologia, volta al potenziamento presso l’Istituto Neuroscienze Neomesia, dei percorsi di riabilitazione dei disturbi della nutrizione e alimentazione.

«I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono disturbi complessi e frequenti negli adolescenti e nei giovani adulti. Le ripercussioni sulla vita fisica, psichica e relazionale delle persone possono essere gravi e compromettere un normale sviluppo psicofisico, creando a volte alterazioni mediche anche croniche» dichiara il professore Gabriele Sani, responsabile del dipartimento di psichiatria della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.

«L’anoressia, la bulimia, il binge eating disorder sono problemi di salute pubblica che stanno colpendo ragazzi sempre più giovani di ambo i sessi. Una diagnosi chiara e precoce aumenta notevolmente la possibilità di cura. Il trattamento deve essere multidisciplinare e comprendere la figura dello psichiatra, dello psicologo, del tecnico della riabilitazione psichiatrica, dell’internista e di eventuali altri specialisti a secondo della necessità individuali. Inoltre – prosegue Sani – vanno coinvolti i medici di medicina generale e i pediatri di base per arrivare a una diagnosi il più precoce possibile. Infine, ma non ultimo, coloro che sono coinvolti nella comunicazione pubblica devono essere in grado di veicolare messaggi corretti, che abbattano lo stigma ed escludano messaggi potenzialmente patogeni. In questa difficile battaglia, siamo tutti coinvolti e la chiara collaborazione tra strutture sanitarie e riabilitative pubbliche e private e tra esperti delle diverse professioni è di centrale importanza».

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