Le proteste degli agricoltori, che hanno riguardato l’Europa e molti Stati membri negli scorsi mesi, hanno come obiettivo principale la critica al Green Deal europeo e/o la fine di alcune esenzioni fiscali (come in Germania) o l’introduzione di nuove tasse. Tuttavia, un elemento concreto nel complicare la situazione di una parte degli agricoltori, che aumenta indirettamente il malcontento da cui nascono le proteste, è certamente dato dall’aumento del prezzo del grano a livello globale. Quello che però spesso rimane non detto nel dibattito, è che questa dinamica è causata anche dalla Russia e dal conflitto in Ucraina. Aiutata da condizioni meteorologiche che hanno favorito le annate, infatti, negli ultimi due anni la Russia ha prodotto quantità senza precedenti di grano, immettendolo a basso prezzo sul mercato mondiale e quindi impedendo il successo di altri attori.
Se i prezzi dei cereali russi si abbassano ai livelli prebellici, diventa molto difficile per gli agricoltori europei tenere il passo. Questi però, hanno spesso risposto individuando il problema nel grano ucraino in ingresso nel mercato europeo, anche grazie a facilitazioni previste dall’Unione europea per aiutare il Paese. È quanto successo ad esempio in Polonia lo scorso settembre, quando gli agricoltori hanno spinto il governo, poi sconfitto alle elezioni, a bloccare l’invio di aiuti a Kyjiv fintanto che l’Ue non avesse reso meno facile l’arrivo del grano ucraino nel mercato comunitario.
Come ha spiegato la settimana scorsa a Politico Europeo Caitlin Welsh, direttrice del programma globale per la sicurezza idrica e alimentare del Center for Strategic and International Studies, «la Russia sta utilizzando il suo export alimentare, soprattutto quello legato a farina e cereali, come un’arma di pressione», utilizzando una posizione di dominanza sul mercato agricolo per indebolire l’Ucraina.
Per l’Ue, il problema rischia di essere politico su due livelli. Il primo, ovviamente, è quello legato in maniera più immediata al conflitto ucraino: favorire l’export di grano ucraino invece di quello russo diventa, a tutti gli effetti, un elemento di sostegno a Kyjiv, al pari degli aiuti economici e militari. In questo senso, facilitare l’ingresso di grano ucraino non sarebbe qualcosa che avverrebbe a scapito degli agricoltori europei, se non superficialmente: nel lungo termine, infatti, tutto il settore beneficerebbe dell’effetto positivo che la cosa avrebbe sui prezzi globali, perché potrebbe indebolire la posizione di dominanza della Russia. Anche per questo, del resto, una parte non secondaria del conflitto, nella strategia di Mosca, si è giocata sull’impedire all’Ucraina di utilizzare i porti per esportare grano.
Su un livello più profondo, però, c’è un tema di rapporti economici: se l’Ue si è resa gradualmente ma rapidamente autonoma dal gas russo, è più difficile dire lo stesso per il grano: Spagna, Italia e Francia ad esempio continuano ad acquistare regolarmente grano russo, una situazione che ha spinto diversi Paesi membri, soprattutto orientali, a chiedere alla Commissione Europea di introdurre dei dazi per l’import di grano russo per contrastare la situazione in atto.
La cosa avrebbe sicuramente un effetto sul piano della predominanza russa e in termini di supporto all’Ucraina. Tuttavia, va considerata la quota relativamente bassa del mercato dell’UE rappresentata dalle importazioni. Per questo, molti analisti sostengono che per avere un reale impatto, i paesi europei dovrebbero aiutare l’Ucraina a esportare i propri prodotti agricoli su altri mercati per contrastare la dominanza globale della Russia, specialmente nei paesi a basso reddito.
È la stessa Kyjiv ad aver suggerito l’ipotesi: Taras Kachka, viceministro all’Agricoltura, ha affermato come l’Ucraina debba «essere riportata ai suoi mercati tradizionali, nei paesi terzi, per mettere sotto pressione la Russia». Se è chiaro che la questione delle proteste degli agricoltori non è dovuta unicamente alla questione del grano, è tuttavia evidente che anche questa influirà sulla gestione europea delle proteste, oltre che più globalmente e rilevantemente sul sostegno a Kyjiv.