È chiaro come il sole che Vladimir Putin cerca di sfruttare cinicamente l’orrenda strage di Mosca rivendicata dall’Isis per mettere pesantemente nel mirino l’Ucraina e probabilmente per cercare il colpo del ko. Kyjiv vive ore tremende. E non solo la capitale. Colo due notti fa l’esercito russo ha attaccato otto regioni dell’Ucraina. E oltre a Kyjiv le regioni a sud, est, nord-est e ovest: Dnipropetrovsk, Kherson, Mykolaiv, Odesa, Sumy, Volyn e Leopoli. Ieri è stato violato lo spazio aereo polacco. Tensione in Armenia. L’Ucraina si difende di fronte al terzo potente bombardamento sul Paese in quattro giorni.
Il dittatore russo sta ignorando la rivendicazione dell’Isis e allunga le sue mani su tutta l’Ucraina, sfruttando l’inevitabile solidarietà del mondo per il barbaro attacco che al Crocus City Hall di Mosca ha fatto 140 vittime. È dunque un momento di gravissima incertezza sulle sorti della guerra tra Russia e Ucraina, e cioè esattamente uno di quei momenti della storia nei quali bisognerebbe rafforzare con ogni mezzo la solidarietà e gli aiuti concreti alla resistenza.
Ma come al solito l’Europa, brava a parole, non ha il fegato per un’azione incisiva sul finanziamento delle milizie di Kyjiv (dove sono gli Eurobond?), tantomeno per prospettare un impegno militare al fianco dell’Ucraina: al Consiglio europeo si è visto che Emmanuel Macron non è l’Europa.
Quello che fa impressione non è Matteo Salvini che cialtronescamente dipinge il presidente francese addirittura come «un pericolo per l’Europa», lui che è amico dei nazisti tedeschi e dei fascisti portoghesi: queste sono buffonate che ci dovremo sorbire fino alla notte delle europee, quando sulle schermate televisive apparirà che la Lega passa dal trentaquattro al sette per cento.
No, la cosa più inquietante è questa specie di isteria pacifista che addossa la responsabilità addirittura di una terza guerra mondiale alle vittime e a chi vuole difenderle, appunto Macron per primo. E non si tratta dei soliti zaristi del “Fatto Quotidiano”, ma persino del direttore della Stampa Andrea Malaguti che ieri tra l’altro ha scritto di un «miketysoniano» Macron (l’allusione è alle foto dell’inquilino dell’Eliseo che si allena al sacco) il quale, «a corto di consensi interni dopo aver invocato la presenza di soldati europei in Ucraina, incardina la campagna elettorale europea a una stupida idea muscolare delle relazioni internazionali»: come se da due anni fosse Macron e non Putin ad aver sostituito le «relazioni internazionali» con i «muscoli», anzi con i carri armati e le bombe, gli stupri e i rapimenti di bambini, i razzi e le fosse comuni.
D’altra parte, se uno ha la pazienza (ce ne vuole) per leggere il meticoloso “Longform” di Repubblica di impianto «limesiano» (Lucio Caracciolo) apprende, sbagliando, che ha ragione la Russia, è il tentativo di «una nazione in formazione di emanciparsi dal suo impero di origine», è una«collisione fra popoli dalle storie talmente intrecciate da averli resi per secoli quasi indistinguibili». Come se l’Ucraina storicamente non fosse grande quando la Russia non lo era, come se l’Ucraina da un secolo e più non fosse stata vessata in tutti i modi da Mosca. Ma che sta succedendo all’informazione che dovrebbe essere seria?
Ora, si può certamente discutere sull’efficacia dell’offensiva verbale del presidente francese. Quello che è semplicemente immorale è l’operazione un po’ paraculetta di paventare un’escalation per continuare a fare i pesci in barile aspettando il crollo dell’Ucraina. Questi non si rendono conto, o fanno finta di non rendersi conto, che il loro «pacifismo imbelle», come il cattolico Emanuel Mounier definiva lo «spirito di Monaco», finisce per aiutare i guerrafondai.
Lo ha notato sabato a Roma una delle più acute osservatrici della situazione russa, Nona Mikhelidze, a proposito della lista russo-santoriana (quella che candiderà il putiniano Nicolai Lilin) che si presenta come «pacifista» e in realtà opera per la resa di Kyjiv, dando così ragione a chi usa la forza e la prepotenza sulla scena mondiale. Fermare Putin per fermare la guerra: questa dovrebbe essere la parola d’ordine delle forze democratiche alle elezioni europee. A partire dai profili dei candidati. E qui il riferimento – e se è consentito, l’avvertimento – è tutto per il Partito democratico che sta mettendo su liste con candidati che non stanno con l’Ucraina, cioè dalla parte giusta, forse per non farsi fregare voti dai Santoro o Conte o Fratoianni. Speriamo ancora che non finisca così.