La campagna elettorale per le europee è diventata una sommatoria di competizioni nazionali e nazionalistiche. Un mero incastro banale di lotta per la leadership senza il coraggio di guardare oltre il proprio particolare. Ma sarà presto inevitabile prescindere da quello che sta accadendo e potrà accadere in Ucraina dopo la strage di Mosca. Gli altri temi scivoleranno in secondo piano, anche quelli di primaria importanza come Green Deal e l’immigrazione. C’è invece chi fa finta di non vedere cosa ci aspetta se Putin userà i morti del Crocus City Hall, nonostante il circostanziato avvertimento americano di imminenti attentati, per alzare il livello di aggressione a Kyjiv e all’Occidente. La destra riduce tutto il problema a due personaggi che si frappongono sulla loro strada: Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen.
Alla fine i nemici dell’Internazionale nera, che si è riunita sabato negli studios romani sulla via Tiburtina, sono loro e la loro «pretesa» di un’Europa più reattiva contro la Russia. Sono loro ma anche Giorgia Meloni che vuole far pesare la presenza dei Conservatori nella stanza del comando comunitario. Se questo poi avverrà con von der Leyen riconfermata, dipenderà da tanti fattori, ma rimane un punto fermo (come precisa Antonio Tajani) che i Popolari non rinunceranno alla propria candidata. Un messaggio chiaro ai naviganti che vorranno salire a bordo della nave dopo il 9 giugno, essendo il Ppe il partito dal quale nessuno potrà prescindere per formare qualunque maggioranza. Anche di una maggioranza più spostata a destra e che comunque tenga la barra dritta su Kyjiv. Da questo punto di vista è molto significativo il ruolo crescente della Polonia di Donald Tusk.
Ecco allora in quale contesto va inquadrato l’attacco a due punte di Marine Le Pen e di Matteo Salvini. I due si sono scambiati a tavolino le parti nazionali. Il leghista si è scagliato contro il «guerrafondaio» Macron. Facendo un favore a Madame, che ha sfidato direttamente Giorgia Meloni chiedendole di confessare il suo sostegno recondito a Ursula von der Leyen. Una domanda retorica perché è lei stessa a dire di non dubitare che la sosterrà, un modo provocatorio per accusarla di vendere gli interessi delle Nazioni, come se non fossero interessi in conflitto.
Si sono assegnati le parti nella commedia elettorale i due leader della destra che vogliono gonfiare di eurodeputati il gruppo Identità e Democrazia. Vogliono spezzare quel che Salvini chiama «inciucio» tra Popolari, Socialisti, Liberali e macroniani. Le Pen nel suo videomessaggio ai “Winds of Change” invita gli italiani a votare per la Lega perché è l’unica che in Italia non sosterrà Ursula. Per il resto, guarda caso, non ha pronunciato una sola parola sulla guerra in Ucraina, nessun accenno a Putin, alle conseguenze del terribile attentato jahdista che Mosca vuole ritorcere su Kyjiv. Nessun riferimento alla necessità europea di fronteggiare l’avanzata della Z imperialista verso l’Europa. Nulla. Solo campagna elettorale di basso livello.
Meloni non ha mai risposto a queste sollecitazioni che considera provocazioni. Non ha mai confermato ufficialmente di sostenere l’amica tedesca. Si tiene a distanza di sicurezza quando si tratta di questioni europee. Non vuole fare passi falsi. Non sa cosa uscirà dalle urne del 9 giugno. Non sa che forza politica avrà von der Leyen dentro lo stesso Ppe. E quanto gradita sarà a Macron e Scholz. Cerca di scaricare Orban e aspetta di vedere quanti voti prenderanno i «combattenti» anti-europeisti convenuti sulla Tiburtina. Qualche ora prima Meloni incontrava proprio Macron a Bruxelles.
La premier non ha tutte le carte per capire in che termini fare asse con il Ppe, ma è l’unico asse che le consentirà non rimanere tagliata fuori. Ha detto di vedere quelli che chiama i «pesi» delle famiglie politiche. Invece Salvini e Le Pen vogliono stanarla per drenarle voti. È una competizione piccola se le vicende ucraine dovessero complicarsi. A ridosso del voto, o anche prima, nelle prossime settimane, chi guida i governi europei potrebbe essere chiamato a decisioni dolorose. I protagonisti dell’adunata di Roma saranno pronti a spendersi per la pace di Putin.