Lo spappolamento del centrosinistra in Basilicata è arrivato a un punto tale da rendere di cattivo gusto qualsiasi ironia su alleanze strategiche e campi larghi (che poi, come hanno notato in molti, lì il campo largo semmai lo ha realizzato il centrodestra, raccogliendo anche Italia viva e Azione). Non bastasse il ritiro dopo appena due giorni del candidato su cui Pd e M5s avevano consumato la rottura con i centristi (Domenico Lacerenza) e la scelta di un nuovo candidato (Piero Marrese) con ulteriore schiaffo a Carlo Calenda, contrariato dal fatto che Elly Schlein non gli avrebbe nemmeno risposto al telefono, ci sarà pure la candidatura di Angelo Chiorazzo, vale a dire il primo nome su cui il centrosinistra sembrava essersi accordato, fatto saltare proprio all’inizio di questa telenovela da Giuseppe Conte. Il quale, nel frattempo, ha già annunciato che non farà nessun accordo col Pd in Piemonte, confermando l’impressione che alla fin fine l’alleanza gli vada bene solo dove il candidato è suo, come in Sardegna.
Ma non si può escludere che il vero obiettivo dell’Avvocato del popolo sia proprio lo sfascio, nella speranza di farne pagare il prezzo più alto ai democratici, allo scopo di ottenere almeno un pareggio alle europee, per poi trattare da posizione di forza sulle elezioni politiche (trattativa di cui mi sento di poter anticipare i punti fondamentali della proposta politico-programmatica contiana: tutto quello che vi pare basta che il presidente del Consiglio lo faccia io). Lo spettacolo è particolarmente desolante perché non offre il minimo spiraglio di luce, la più flebile speranza cui aggrapparsi, da nessuna parte: nel loro piccolo, le sparse forze dell’orticello liberaldemocratico riproducono gli stessi tic e le stesse bizze del campo largo, con Azione che finisce per accodarsi a Italia viva, con tre giorni di ritardo, anche nell’imperdonabile scelta di aggregarsi al centrodestra, riuscendo a spaccarsi pure al suo interno, cioè all’interno della famiglia Pittella (con Marcello, quello che si paragonava agli ebrei durante l’Olocausto, favorevole, e Gianni contrario).
L’esito prevedibile non sarà solo un trionfo del centrodestra in Basilicata, a tutto vantaggio del governo, ma saranno soprattutto altri lunghi mesi di accuse e insulti reciproci nel centrosinistra, che difficilmente porranno le migliori basi per la grande campagna delle europee. Sarebbe ora, pertanto, che i promotori di questa brillante strategia e i numerosi opinionisti che li hanno incoraggiati in tal senso si assumessero le proprie responsabilità. Non possono continuare a cavarsela con il ritornello infantile secondo cui non ci sarebbero alternative all’alleanza con il Movimento 5 stelle, frase passe-partout con cui ritengono di chiudere ogni discussione e mettersi al riparo da qualunque critica.
È dal 2019 che i fautori di tale strategia sono alla guida del Pd. Se questi sono i risultati, con chi se la vogliono prendere? Hanno fatto tutto loro: sostenuto Nicola Zingaretti e richiamato in servizio Enrico Letta, voluto l’alleanza con Conte e votato la fiducia al governo di Mario Draghi, e quando le due cose sono entrate in conflitto, com’era inevitabile, sono rimasti prigionieri delle loro idiosincrasie, riuscendo a rompere tanto con i populisti quanto con i liberaldemocratici.
Di nuovo: di chi dovrebbe essere la responsabilità? Sarà mica colpa mia? Hanno straperso le politiche, eppure sono riusciti a restare al potere nel Pd convincendo i loro sostenitori che era sempre colpa di Renzi, nel 2023 come nel 2019. Ma certo sarà difficile fare un po’ di chiarezza finché tutti quanti, lì dentro, compresa la cosiddetta minoranza interna, continueranno a negare l’evidenza e a sostenere che sul roseo orizzonte del Campo largo ci sia solo un po’ di nebbia, che annuncia il sole.
Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.