Il complesso del MiglioreIl Pd tratta i riformisti come Togliatti trattava i liberali, con lo sprezzo del padrone

Che sia a livello regionale o nazionale, il Partito democratico non si degna di concordare una strategia comune con Calenda e Renzi. Se non accettano i candidati del campo largo vengono chiamati traditori, se seguono disciplinatamente la linea sono considerati degli intrusi

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Chi ha avuto una qualche esperienza, e conserva qualche memoria o conoscenza della politica primo-repubblicana, sa che la caratteristica principale dell’opposizione comunista (nel senso del Partito comunista italiano, non dei suoi rivoli estremisti, tollerati e vezzeggiati, all’insegna del «nessun nemico a sinistra») era di trattare tutti i potenziali alleati liberal-progressisti come dei pezzenti, a cui un gran signore può riservare una noncurante e annoiata benevolenza, non certo la considerazione e il riguardo che ci si deve tra pari. 

Dal punto di vista etico e perfino estetico, il Pci era rappresentato non dai contadini, dagli operai, dagli studenti e dai diseredati, a cui prometteva pane, lavoro e rivoluzione, ma da un ceto politico-intellettuale compreso nel ruolo e nella superiorità di un’aristocrazia sdegnosa. Una nobiltà a cui non il diritto del denaro e del sangue, ma addirittura quello della storia, consegnava le sorti del popolo in marcia verso la liberazione, mentre le riserve liberali e riformiste (cioè, semplicemente, non marxiste-leniniste) di altri progressisti suscitavano irritazione e malumore, mai dubbi e ripensamenti.

Il Pci era figlio legittimo e somigliante del Togliatti che negli anni Trenta liquidava come socialfascisti quanti volevano combattere la dittatura di Mussolini senza sposare la causa della tirannide staliniana. Però quel Pci era anche il padre naturale di tutto il progressismo secondo-repubblicano, in cui ogni disallineamento dalla logica neo-frontista (poi detta unionista) e dal riconoscimento dell’egemonia naturale del Pds, dei Ds e poi del Pd, ha guadagnato a oppositori e riluttanti l’accusa di tradimento.

Oggi nello schieramento sedicente progressista scarseggiano i marxisti ortodossi, invece abbonda un rossobrunismo perfettamente incarnato dai Giuseppe Conte, dai Marco Travaglio e dai Michele Santoro. Dunque ha poco senso, come avrebbe fatto la buonanima del Cavaliere, definire «comunisti» le vestali dell’accordo senza se e senza ma coi Cinquestelle, ma è impressionante quanto somigli a quello togliattiano, berlingueriano e dalemiano l’atteggiamento sprezzante del Pd verso i nuovi pezzenti, che vorrebbero ingombrare le magnifiche sorti e progressive del Campo Largo.

Quanto è accaduto in Basilicata, al di là della piccolezza della vicenda e della mediocrità dei personaggi, è esattamente la riproposizione del medesimo schema per cui Togliatti non poteva abbassarsi a parlare coi progressisti non marxisti: poteva accoglierli e pure gratificarli, da indipendenti, con qualche seggio e laticlavio e vellicarne il narcisismo culturale – è la storia della cosiddetta Sinistra Indipendente – ma non poteva sedersi al tavolo con loro come si fa tra uomini liberi, bensì come si fa tra padroni e servi: «Mangia pure con noi, ma stai zitto e al tuo posto». 

Pure mentre si suicida facendo il gioco di Conte, che prende e molla Elly Schlein per logorarla e lei nemmeno se ne accorge, il Pd in Basilicata, come in Piemonte e come in realtà ovunque, parla solo con il Movimento 5 stelle oppure parla con sé stesso, ma neppure considera l’ipotesi di concordare una strategia comune con Carlo Calenda o Matteo Renzi, cioè con quelli che, se si ribellano, sono dei traditori e, se seguono disciplinatamente il Campo Largo delle opposizioni, sono comunque degli opportunisti, intrusi e rinnegati del terzismo. 

È finito il comunismo, è finito il Pci, è finita la Prima Repubblica e pure la Seconda, forse è pure finito nel Pd qualcosa che possa far definire partito l’assemblea di classe permanente del Nazareno, ma il complesso del Migliore non è finito. Vero e indistruttibile monumento al passato peggiore di una sinistra distrutta.

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