Veti, vidi, viciIl modello lucano segna la rottura (definitiva?) di Renzi e Calenda col Pd

La decisione di Matteo Renzi e di Carlo Calenda di appoggiare il candidato della destra in Basilicata, anche per i niet della sinistra all’ex Terzo Polo, potrebbe creare un solco insanabile col Partito democratico, che reagirà con posizioni sempre più populiste e legandosi al Movimento 5 stelle

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La scelta prima di Matteo Renzi e poi di Carlo Calenda di appoggiare il candidato della destra in Basilicata Vito Bardi rischia di allargare in modo molto serio la distanza tra l’ex Terzo polo e il Partito democratico. È presto per dire se si tratti di qualcosa di definitivo ma è difficile derubricare la vicenda esclusivamente a episodio locale, perché per il modo con cui si è sviluppata la rottura è inevitabile che i rapporti siano destinati a inasprirsi. Il Pd ci ha messo del suo subendo i veti di Giuseppe Conte che è sempre all’origine di tutti i mali.

Se il distacco tra Pd, Azione e Italia viva diventasse irrimediabile il vantaggio sarebbe tutto per il centrodestra – anzi: la destra – giacché, come si è visto in Sardegna, in un sistema bipolare non c’è molto spazio per forze che non vogliono stare né di qua né di là. In Basilicata già prima, ma soprattutto dopo la scelta di Italia viva e poi di Azione, il vantaggio politico di Bardi è forte – vedremo se lo sarà anche nelle urne – e hanno buon gioco gli esponenti della destra a maramaldeggiare: il campo largo lo abbiamo fatto noi. 

Renzi e Calenda, disgustati, non senza ragione, dai pasticci combinati dal Pd in Basilicata, dicono di guardare al valore del candidato (per la verità, almeno Renzi, si era espresso a favore di Bardi prima che si conoscesse il nome del centrosinistra, Piero Marrese), e dunque via libera al candidato della destra. Italia viva fece così anche quando per esempio appoggiò Marco Bucci a Genova: «Scegliamo il meglio», disse allora il leader di Italia viva. 

La questione però è se la scelta del nome da appoggiare debba anche tenere conto del contesto politico generale nel quale cade questa o quella elezione. Bucci venne rieletto quando la situazione politica era in movimento e del tutto aperta mentre oggi al governo c’è una destra che Renzi e Calenda contrastano dall’opposizione, ed è chiarissimo che ogni sua vittoria alle regionali o comunali viene letta come un successo di Meloni e Salvini (e quel Antonio Tajani a cui Renzi vuole fare concorrenza). 

Insomma, bisogna chiedersi quali possono essere le ripercussioni di una eventuale vittoria della destra non solo sul piano locale ma anche su quello generale: è una legge che tutti i politici conoscono. Senza contare il piano dell’immagine: davvero non vorremmo vedere (e non vedremo) Renzi e Calenda sul palco con i capi della destra. 

Ma la questione ancora più importante è quella che si diceva all’inizio. Se l’ex Terzo polo comincia a trovarsi più a suo agio con la destra che con il Pd è automatico che quest’ultimo rinculerà sempre più su posizioni populiste e arroccate, prigioniero dell’alleanza con Giuseppe Conte, non essendoci più gli altri. È il gatto che si morde la coda. Oggi in Basilicata, domani in Italia. Sarebbe lo scenario peggiore, che sta a tutti gli interessati scongiurare prima che sia troppo tardi.

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