Per sei anni, dal 2012 al 2018, le sedute del Parlamento georgiano non si sono svolte a Tbilisi, ma a Kutaisi, in un edificio futuristico alto quaranta metri e realizzato completamente in vetro. Il palazzo doveva diventare il simbolo della nuova Georgia democratica: moderna, autorevole e soprattutto trasparente. Oggi, dodici anni dopo l’inaugurazione del palazzo del Parlamento, a Tbilisi la trasparenza torna al centro del dibattito politico a causa di una controversa proposta di legge del partito di maggioranza, Sogno Georgiano.
Il decreto in questione tratta formalmente della “trasparenza sulle influenze straniere”, ma nel dibattito pubblico viene chiamato semplicemente “Legge sugli agenti stranieri”. In Russia, una legge omonima esiste già dal 2012. Inizialmente mirava a colpire le Ong che venivano finanziate da enti stranieri, ma negli anni il decreto è stato emendato diverse volte e oggi chiunque può essere bollato come agente straniero dal Cremlino. In questo modo, Mosca colpisce i suoi cittadini (non necessariamente i dissidenti, ma chiunque devia anche solo leggermente dagli ideali putiniani) limitandone la libertà di stampa e di pensiero.
Per intenderci, l’agenzia Radio Free Europe, che dal 2017 figura nella lista di agenti stranieri russi, si trova costretta ad aggiungere a ogni articolo una dicitura che spiega come un semplice commento o condivisione di un post possa significare, per un cittadino o un residente in Russia, essere multato o persino arrestato.
Il 3 aprile, Sogno georgiano ha dunque annunciato la reintroduzione della legge, nonostante un anno fa fosse stata affossata dalle massicce proteste portate avanti della società civile a Tbilisi (con successo, si pensava all’epoca). E infatti, anche quest’anno i cittadini non hanno aspettato a farsi sentire, e hanno iniziato a scendere in piazza per esprimere il loro dissenso rispetto alla decisione del governo.
La popolazione georgiana, infatti, «sostiene all’ottantacinque per cento l’integrazione europea», spiega a Linkiesta Nona Mikhelidze, analista georgiana presso l’Istituto Affari Internazionali (Iai). «Le questioni di indipendenza e di sicurezza nazionale sono sempre viste attraverso l’integrazione europea, e nella percezione georgiana sono due argomenti inseparabili», aggiunge Mikhelidze, «e questi sono i temi che danno nuova energia a tutti i tipi di di attivismo nel Paese».
Il fatto che le proteste si siano tenute il 9 aprile, data tragica nella storia dell’indipendenza georgiana, assume un valore significativo e dimostra che la lotta per l’autonomia georgiana sia tutt’oggi attiva.
L’idea che la legge venga approvata preoccupa non solo l’opinione pubblica e l’opposizione, ma anche l’Europa. La decisione coinciderebbe infatti con la riprova che, anche se formalmente la Georgia dovrebbe occuparsi di convergere verso le politiche dell’Unione europea in quanto Paese candidato a membro Ue, il governo continua a guardare a Mosca dal punto legislativo e non solo. La situazione è abbastanza grave da aver portato la presidente Salome Zourabichvili a dichiarare che Sogno Georgiano sta cercando di «sabotare il percorso della Georgia verso l’Europa e il futuro del Paese».
Nel 2022, infatti, la Commissione europea aveva negato a Tbilisi lo status di Paese candidato a causa della sua regressione democratica, legata principalmente all’influenza in politica dell’oligarca ed ex primo ministro Bidzina Ivanishvili e alla mancata realizzazione di nove delle dodici condizioni per lo sviluppo democratico stilate dall’Ue. Proprio per questo motivo, quindi, la nuova legge rischierebbe di interferire con il processo di integrazione georgiano.
A novembre, infatti, la Commissione europea pubblicherà l’enlargement package con le raccomandazioni per il Consiglio riguardo la possibile apertura dei negoziati di adesione tra Unione e Tbilisi. Secondo Nona Mikhelidze, «se questa legge passa, possiamo essere sicuri che la decisione non arriverà, e così la Georgia rimarrà un Paese con lo status di candidato, ma senza una reale possibilità di progredire verso l’integrazione».
I sintomi di una deriva russofila quindi non mancano. Anche per quanto riguarda la parità di genere Tbilisi sembra fare passi indietro. Lo scandalo più recente riguarda ancora una volta Sogno Georgiano, che sta facendo pressione affinché le quote rosa in politica vengano abolite. Durante una seduta del parlamento sul tema, il conservatore Beka Odisharia ha insultato le colleghe che hanno – prevedibilmente – sollevato obiezioni, spiegandogli che il loro malcontento non sarebbe legato al provvedimento sessista, ma alla loro insoddisfazione sessuale.
La misoginia al Parlamento di Tbilisi è all’ordine del giorno. Ed è anche l’ennesima somiglianza con la Russia, dove il sessismo è un problema strutturale, al punto che l’attivismo femminista è equiparato a «un’ideologia estremista».
Questa stagione politica georgiana, che in realtà va avanti da quasi dieci anni, imita Mosca anche con un’altra legge: quella – ancora in cantiere – contro la comunità queer. Nelle scorse settimane, infatti, Sogno Georgiano ha proposto la modifica dell’articolo 30 della Costituzione (che definisce i termini dei matrimoni nel Paese) per meglio tutelare «i diritti di minori e famiglie». L’idea sarebbe quella di chiarire esplicitamente che gli unici matrimoni accettati in Georgia saranno tra due persone di sesso biologicamente opposto.
Il leader di Sogno Georgiano Mamuka Mndinaradze aggiunge che sarà proposta anche una legge costituzionale che, tra le altre cose, vieterebbe «gli eventi che promuovono le relazioni e le famiglie tra individui dello stesso sesso, l’incesto, l’adozione o l’affido di minori a una coppia omogenitoriale, gli interventi chirurgici di riassegnazione di genere, e l’uso di lessico neutro dal punto di vista del genere».
Il gay pride di Tbilisi dello scorso anno, tra l’altro, è stato cancellato a seguito dell’azione violenta di alcuni gruppi di estrema destra che, secondo le accuse dell’opposizione georgiana, avrebbero agito con il benestare di Sogno Georgiano, il che è sintomo delle tendenze omofobe che esistono nel partito.
La proposta di legge arriva pochi mesi dopo la sentenza della Corte suprema russa che associa i «movimenti Lgbt» a un’organizzazione estremista e che vieta ogni tipo di attivismo in questo ambito. Ancora una volta, allora, il governo della Georgia si ispira al Cremlino nell’ideazione di decreti che violino la libertà dei cittadini e che vanno contro i valori di cui l’Unione europea si fa portavoce.
Su questo argomento, la politica georgiana è condizionata anche da un altro attore alleato del partito conservatore: la Chiesa ortodossa georgiana, che già nel 2023 aveva chiesto al governo di introdurre nella legislazione del Paese una «legge contro la propaganda Lgbtq». E evidentemente la richiesta è stata accolta di buon grado. Anche in questo, il Paese del Caucaso sembra voler emulare le scelte della Russia, che in tutte le sue manovre più aggressive, compresa l’invasione dell’Ucraina, è sostenuta dal patriarca Kirill.
La Russia influenza la politica di Tbilisi anche in maniera più diretta. Dal 2012, infatti, Bidzina Ivanishvili, imprenditore di nazionalità georgiana ma considerato dall’opinione pubblica un oligarca russo, nonché fondatore di Sogno Georgiano, condiziona l’intera scena politica. Nel 2013, dopo aver servito come Primo Ministro per un anno come successore di Mikheil Saakashvili, si era teoricamente ritirato dalla politica, ma aveva continuato a governare dietro le quinte, e infatti all’inizio dell’anno ha assunto nuovamente la presidenza del partito.
La scelta di reintrodurre la legge, comunque, non è correlata a questo evento. Invece, accresce «il dubbio che il partito sia effettivamente ricattato dal governo russo». Il punto è che Sogno Georgiano si trovava in una situazione che lo vedeva probabile vincitore delle elezioni parlamentari che si terranno a ottobre a Tbilisi: «Non era assolutamente nel loro interesse politico», spiega Nona Mikhelidze, «ritirare in ballo questa iniziativa in un momento in cui il partito ha ricevuto un boost notevole dalla Commissione europea, che a dicembre ha deciso di concedere lo status di candidato alla Georgia».
Questo aveva giocato molto a favore dell’immagine della maggioranza, che aveva potuto smentire le accuse di essere pro Cremlino, nonostante la Georgia sia uno dei Paesi che Mosca usa per aggirare le sanzioni emanate dall’Ue. E Mikhelidze aggiunge: «Il fatto che il governo, nonostante questo, abbia deciso di procedere significa che la pressione esercitata dal Cremlino è alta, e che esiste qualcosa per cui i russi possono ricattare Ivanishvili e il governo georgiano».