Gli spari sopraLa lotta degli abitanti di Kharkiv per salvare la città dalle bombe russe

Nonostante l’offensiva del Cremlino contro la città al confine orientale ucraino diventi sempre più intensa, i residenti resistono e cercano modi per adattarsi alla situazione di costante emergenza

AP/Lapresse

Da settimane i residenti di Kharkiv passano notti insonni. Non solo in senso figurato, per le ovvie preoccupazioni che i cittadini di un Paese in guerra hanno fisse in mente, ma anche letteralmente. Nella seconda città più popolosa dell’Ucraina, gli attacchi russi sono diventati sempre più duri e frequenti. Il più recente risale al 6 aprile, quando i bombardamenti hanno ucciso otto civili e ferito altri dieci. E così, gli abitanti di Kharkiv non trovano pace neppure nel sonno, che viene costantemente interrotto dal rumore delle sirene antiaeree e dell’artiglieria sganciata sui palazzi del centro. 

Mosca infierisce su Kharkiv con un intento ben preciso: trasformare una delle maggiori città ucraine in una landa inabitabile, come spiega l’Economist in un nuovo reportage. Il Cremlino ha iniziato ad attaccare la città con frequenza sempre maggiore da dicembre, quando è diventato palese che gli aiuti militari per l’Ucraina dagli Stati Uniti avrebbero tardato ad arrivare. Gli attacchi, infatti, si potrebbero contrastare molto più facilmente se Kyjiv avesse a disposizione degli F-16 o altri sistemi di difesa aerea, che fino a oggi erano forniti dall’Occidente.

In particolare, il 27 marzo ha segnato una svolta per quanto riguarda le operazioni contro Kharkiv. In questa occasione, dopo solo cinque giorni dal massiccio attacco alle infrastrutture energetiche della città, la Russia ha usato per la prima volta un tipo di bomba planante telecomandata capace di viaggiare per decine di chilometri dopo essere stata sganciata. Inoltre, Mosca ha modificato le sue tattiche militari, iniziando a portare avanti più attacchi a distanza ravvicinata l’uno dall’altro contro gli stessi bersagli per colpire i soccorritori. 

L’insieme di questi fattori fa pensare che il Cremlino stia cercando di creare una zona cuscinetto al confine tra Ucraina e Russia, in cui i civili non possono vivere. In effetti, da Kharkiv stanno emigrando molti residenti, spaventati dagli ultimi risvolti. Tra questi, la giornalista Iryna Voichuk, che racconta e The Economist che andarsene per lei è stato come abbandonare un amico e di come fosse sempre stata felice di restare nonostante il pericolo, ma che «le cose sono cambiate dopo che un missile è atterrato a centro metri dal suo appartamento». 

La decisione di molti di lasciare la città deriva anche dalla possibilità di una nuova offensiva russa che potrebbe essere diretta proprio contro Kharkiv in estate. In Russia diverse testate hanno riportato queste voci, forse proprio per spaventare gli abitanti della città ucraina e convincerli ad abbandonarla per semplificare i piani all’esercito di Mosca. 

Altri cittadini, però, sono determinati a restare: primo fra tutti il sindaco Ihor Terekhov, che spiega a The Economist come per la città arrendersi non sia un’opzione. Secondo lui, infatti, la situazione era molto più critica all’inizio della guerra, quando circa un milione di persone erano emigrate verso le zone più interne – e sicure – del Paese, per poi rientrare in una seconda fase. Terekhov aggiunge: «Come si potrebbe trasformare una città del genere in una zona grigia? Le persone non se ne andranno: lo hanno già fatto, ma poi sono tornate».

Ed effettivamente il Cremlino sembra dover fare i conti con la determinazione degli abitanti di Kharkiv, che continuano a crearsi – per quanto possibile – una quotidianità che abbia una parvenza di normalità nonostante il fatto che, a seguito dell’esodo dello strato di popolazione più ricca nel 2022, le attività commerciali siano quasi sparite. Un imprenditore locale, Yuty Sapronov, spiega a The Economist che l’economia cittadina resisterà grazie alla domanda interna: «Non dico che all’improvviso pioveranno grandi investimenti su Kharkiv, perché il confine con la Russia non si può spostare. Ma sopravviveremo».

Così, a Kharkiv si vedono famiglie che passeggiano nei parchi che di volta in volta sono bersaglio dei missili russi, o bambini che giocano a calcio a pochi passi da una base militare. E la normalità impara a coesistere fianco a fianco della guerra. L’apice di questa convivenza si raggiunge nella decisione dell’amministrazione cittadina di iniziare a costruire scuole sotterranee in cemento armato, pronte a resistere agli attacchi da Mosca. La prima sarà inaugurata a fine mese, e ospiterà novecento alunni. Le classi hanno già raggiunto il numero massimo di iscritti.

E se questo non dovesse bastare, i cittadini di Kharkiv sono pronti a rispondere con metodi poco ortodossi alle provocazioni del Cremlino. Una residente la cui casa è stata colpita durante l’attacco del 27 marzo, la signora Tymokhyna, racconta nel reportage che, nonostante le angosce provocate dalla guerra, è pronta a proteggere la propria patria. Il suo piano è di «portare una pala ovunque ce ne sia bisogno» per scavare trincee, ma anche, se diventasse necessario, «a preparare Molotov o qualunque altra cosa serva». E spiega: «l’Ucraina è tutto per me. Se i russi si azzardano a venire qui, li troverò. E non avranno chance di restare nel regno dei vivi». 

La città, che ha già resistito a una lunga offensiva russa nel 2022, uscendone vincitrice, non sembra essere neppure sfiorata dall’idea di una possibile resa, e i suoi cittadini sono pronti a tutto affinché non cada sotto la dominazione di Mosca. 

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