Dialoghi tra Nord e Sud Che sapore ha la Scandinavia?

Per anni abbiamo pensato che la pizza fosse qualcosa che riguardava la nostra tradizione popolare. Oggi questo disco di pasta viaggia verso altri lidi e lo fa con declinazioni culturali in grado di raccontare un territorio diverso

Aprile, i primi ponti, le giornate che timidamente vogliono allungarsi, qualche raggio di sole che rimane lì a scaldare la faccia e le pulizie di primavera. Questo è quel periodo dell’anno in cui, in qualche modo, si cerca una sorta di rinnovamento. Come se volessimo scrollarci di dosso il grigiore e il freddo e cercassimo un ponte dritto e veloce verso le vacanze estive. Stiamo assistendo a una nuova vita luminosa di questo disco di pasta che può essere interpretato in mille modi diversi, anche da un punto di vista culturale. Prendiamo, per esempio, il Nord Europa. Nella testa di coloro che non sono avvezzi a divorare pagine e pagine di notizie sul cibo di questi Paesi, i nordici mangiano due cose in croce: aringhe, patate, qualche radice. Nella realtà dei fatti, le cose stanno diversamente e per anni loro, i nordici, hanno conquistato la vetta dell’Olimpo in termini di premi e riconoscimenti sulle guide che contano. Oggi, anche da quelle parti, la pizza ha preso il sopravvento.

In Norvegia pare che quella surgelata sia il piatto nazionale: ne consumano un numero impressionante e sembra che la maggior parte sia sempre di un unico marchio, che ha conquistato il mercato. A dire il vero, nella cultura norvegese della pizza sembra ci sia lo zampino di un italiano, che negli anni Settanta, dopo essere emigrato prima in America e poi in Norvegia, aprì a Oslo una pizzeria, in un’epoca in cui i norvegesi cercavano disperatamente di aprirsi alla globalità del mondo anche in senso alimentare. Il lato curioso della questione è che qui abbinano la pizzeria al kebab. Due preparazioni che hanno una qualche base in comune, se andiamo a pensare alla farina, ma per il resto forse l’unico punto in condivisione è quello di essere due cibi quasi esotici per i norvegesi e che raccontano invece la storia delle immigrazioni.

Abbinare, dunque, un negozio di kebab con una pizzeria è una partnership che va oltre la convenienza. Negli ultimi anni, i Paesi nordici hanno visto un afflusso di immigrati mediorientali che ha reso onnipresenti diversi piatti, tra cui appunto il kebab. Ecco quindi che servire pizze con kebab è diventato comune. Così come anche mutare la loro composizione più classica, rendendola più internazionale e territoriale: la salsa di pomodoro viene sostituita in favore della crème fraîche o della panna acida e la cucina norvegese regionale, basata molto sulle proteine animali, si ritrova anche nella pizza, con topping che vedono dalla carne macinata alle renne.

Lo stesso scenario lo ritroviamo anche in Danimarca, nella patria dell’innovazione culinaria e degli studenti del Noma che affollano ristoranti e nuove proposte gastronomiche. La pizza è esplosa, letteralmente. Ed è esplosa in modo differente che altrove. A Copenaghen, Nørrebro, quartiere da cui partono mode e tendenze, è diventano il centro aggregante delle migliori pizzerie, che in qualche modo seguono l’andamento gastronomico del Paese. Sono infatti pizzerie che non tralasciano i valori con cui i danesi si mettono ai fornelli e dove stagionalità e territorialità giocano la parte da leone. Certo, anche a Copenaghen non mancano pizzaioli italiani, come nel resto del mondo, ma qui sono proprio coloro che si sono formati nei laboratori delle grandi cucine ad aver preso in mano il settore della pizzeria e ad averlo elevato in modo diverso. Christian Francesco Puglisi, ad esempio, era il sous-chef del Noma e ora il suo ristorante è al secondo posto tra i cinquanta migliori punti pizza in Europa fuori dall’Italia.

Questo articolo fa parte di “A Spicchi”, il progetto di Petra Molino Quaglia. Qui il link per l’iscrizione alla newsletter mensile, da condividere con gli appassionati della pizza.

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