L’arrivo nelle terre del Gavi Docg rivela subito la duplice natura di questo territorio. Da una parte le colline vitate e le montagne, ben visibili all’orizzonte, che ci ricordano che siamo in Piemonte, regione del Barolo e degli altri grandi e austeri vini rossi. Ma non appena si scorge il piccolo borgo arroccato sulla parete della collina, le architetture, le case colorate e gli stretti carruggi ci raccontano una storia diversa, ovvero la vicinanza culturale con la Repubblica di Genova e la tradizione ligure.
È così che si spiega la presenza di un grande vino bianco cento per cento Cortese proprio in Piemonte, in questi luoghi che segnano l’antico confine tra mare e pianura. Le grandi famiglie genovesi, che in queste terre avevano le loro dimore di campagna, hanno portato con loro la tradizione culinaria ligure, fatta di pesce, carni magre, verdure ed erbe spontanee, che ben si sposano con questo nobile vitigno autoctono.
Anche il carattere del nostro vitigno a bacca bianca rispecchia questa duplice natura, da una parte gli aromi delicati e floreali, il gusto asciutto e fresco, ma anche i sentori iodati dovuti all’influenza dei venti che arrivano dal mare, dall’altra la vigoria e la grande generosità di resa che – ci perdoneranno i genovesi – ci riportano più al Nord e alla fertilità della pianura alessandrina.
Proprio dal Cortese, vinificato in purezza, si ottiene il Gavi Docg, un vino bianco di lunga tradizione diffuso in oltre cento Paesi al mondo. Le prime notizie della vocazione all’export dei vini del territorio risalgono infatti al 1782, quando dal porto di Genova partirono i bastimenti verso il Nuovo Mondo.
Il Gavi ottiene l’attestazione di Doc nel 1974, quest’anno si festeggia quindi il cinquantesimo anniversario della denominazione, come ricorda il presidente del Consorzio di tutela Maurizio Montobbio.
In occasioni come anniversari e compleanni, si sa, siamo culturalmente portati a “tirare le somme”, a guardarci indietro per essere certi di non avere rimpianti e a pensare al futuro e a ciò che ci riserverà. Questo caso non fa eccezione, infatti anche nelle terre del Gavi si sta studiando e lavorando alacremente per monitorare gli effetti del cambiamento climatico e cercare di immaginare come sarà la viticoltura del futuro.
E siccome non c’è miglior dimostrazione di quella “sul campo”, la discussione sulle sorti del mondo e del vitigno Cortese passa molto velocemente dalle parole ai calici, attraverso una verticale dei vini più rappresentativi delle ultime dice annate, che lascia presagire che forse c’è ancora speranza e che questo emblematico vitigno ha ancora un asso da giocare.
A guidare la degustazione Gianni Fabrizio, curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso e giornalista di riferimento, e Davide Ferrarese, esperto agronomo e collaboratore del Consorzio.
Ciò che emerge in modo piuttosto evidente è che il vitigno Cortese non solo si stia adattando a questo fenomeno, ma stia addirittura migliorando proprio in virtù del surriscaldamento del clima, rappresentando una stupenda piccola eccezione e una speranza per il futuro vitivinicolo italiano.
Pur essendo un vitigno generoso infatti, in passato il Cortese spesso ha faticato a raggiungere la piena maturazione, e la scarsa concentrazione di zuccheri non sempre ha permesso di sviluppare un buon grado alcolemico. Nel corso delle ultime vendemmie, invece, il Gavi ha guadagnato almeno due gradi alcolici e una nuova grassezza sul palato che ben si sposa con la sua proverbiale acidità.
Questo ritrovato equilibrio tra morbidezza e freschezza e questa maggiore struttura e alcolicità ingrossano le spalle al Gavi e gli consentono di evolvere splendidamente e di farsi apprezzare nel tempo anche a otto-dieci anni dalla vendemmia.
«Il grande bianco – ricorda Fabrizio – è quello che invecchia bene, non si limita a resistere ma evolve, migliora nel tempo».
Ogni assaggio non fa che confermare le sue parole e dimostra come il Gavi possa evolvere in maniera elegantissima, ampliando lo spettro dei profumi e mantenendo la sua naturale freschezza. Il naso, pur conservando sentori floreali e di felce, si arricchisce di un complesso bouquet di note terziarie di idrocarburi. La bocca è piena e ricca, con un finale fresco e sapido, un ultimo richiamo iodato al Mar Ligure.
A far crollare tutte le certezze e a riprova di quanto sia il terroir a fare il vino è l’assaggio de Il Mandorlo di Tenuta San Pietro, annata 2017 – particolarmente arida e calda.
Il colore del vino è inaspettatamente brillante e dorato. Al naso la vera sorpresa: niente fiori e nemmeno iodio. C’è miele, albicocca ma anche una vaga nota di rôti. La vista e l’olfatto fanno quasi pensare a un passito, ma la bocca ci riporta subito in carreggiata, il gusto è ancora una volta secco, fresco e sapido. Una vera bestia rara.
In netto contrasto si pone La Montessora di Tenuta La Giustiniana (che nel corso della giornata avremo l’onore di visitare), annata 2016. Qui sentiamo invece l’influenza di un inverno freddo e di un’estate arida. Al naso finalmente la pietra focaia accende la sua miccia, rivelando una beva ricca, minerale, un’acidità intensa e piacevolmente pungente. Si tratta di un vino figlio di un’annata fredda che porta benissimo i suoi otto anni.
La verticale dimostra quanto il Gavi sia un vino da scoprire e riscoprire e che, se anche nel corso degli ultimi decenni si è allontanato dai riflettori, è ormai pronto a riprendersi il palco.
Proprio per garantire un brillante futuro al vitigno Cortese, il Consorzio ha messo in atto un ambizioso progetto di analisi agronomica che consiste nel posizionamento di cinque stazioni meteo in altrettanti vigneti all’interno della denominazione. Lo scopo è ovviamente quello di analizzare il microclima nei singoli appezzamenti e avere una maggiore conoscenza degli effetti del cambiamento climatico su questo straordinario vitigno. Solo così, studiando il comportamento della pianta, l’uomo potrà dirsi pronto a rispondere.
«I primi risultati apprezzabili si avranno tra un anno –spiega Ferrarese – e potremo riuscire ad avere una panoramica completa entro il 2026».
Quella del Gavi Docg è quindi una realtà pronta a credere e a investire nel futuro. Non a caso, poche settimane fa, si è costituita Gavi Giovani, associazione di promozione sociale che riunisce appassionati e giovani produttori della zona.
Questo il commento del neopresidente Lorenzo Bisio: «È stato sorprendente vedere così tante persone presenti richiamate dalla volontà di creare Gavi Giovani, che nasce quindi sull’onda di uno slancio di passione e dedizione. Non vediamo l’ora di cominciare a creare eventi, incontri e occasioni per far conoscere il più possibile il nostro vino e la nostra terra».
Non possiamo fare altro se non sposare queste parole e unirci ai festeggiamenti per quello che promette di essere un roseo e promettente avvenire.