L’escalation russaL’Ucraina sta cercando ogni soluzione possibile alla mancanza di munizioni per la difesa aerea

La Russia intensifica gli attacchi militari a causa delle risorse scarse di Kyjiv. Il ministro degli Esteri Kuleba chiede agli Stati Uniti i Patriot per «salvare le persone e l’economia dalla distruzione»

AP/Lapresse

Assicurare che il flusso di aiuti militari non si interrompa per rendere inefficaci i bombardamenti russi sulle città, sostenere l’economia nazionale e ostacolare un potenziale rafforzamento avversario al fronte. Nell’ipotesi di una prossima controffensiva nemica, il governo ucraino mantiene alta la pressione sugli alleati per evitare che eventuali ritardi possano compromettere le opzioni militari ucraine. Un punto sollevato con forza dal ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. «Se avessimo abbastanza sistemi di difesa aerea, ovvero i Patriot, saremmo in grado di proteggere non solo le vite della nostra gente dalla distruzione, ma anche la nostra economia dalla distruzione», ha affermato Kuleba in una recente intervista rilasciata a Politico.

L’accento posto da Kuleba sulla necessità di poter disporre di più Patriot, il principale sistema di difesa aerea statunitense, si fonda su una caratteristica pressoché immutata del modus operandi messo in atto dalle forze russe sin dalle prime ore dell’invasione, ovvero il continuo impiego di vettori per il bombardamento di città, villaggi e infrastrutture critiche fondamentali sia per le attività civili sia militari. La pressione esercitata dalla mole di missili e droni lanciata periodicamente sui i vari centri del Paese – trentuno i missili abbattuti nei pressi della capitale nella sola notte del 22 marzo – rischia di intaccare in modo significativo le riserve dell’arsenale ucraino, ma anche distrarre queste piattaforme dall’impiego a supporto delle truppe al fronte.

Prima del 22 febbraio 2024 – come rimarcato in un recente articolo pubblicato dall’International Institute for Strategic Studies – il fulcro della difesa aerea di Kyjiv era costituto da sistemi a lungo- medio raggio sviluppati in epoca sovietica, principalmente S-300 e 9K37-M1 Buk. Nell’impossibilità, a causa dei combattimenti, di potersi rifornire di questi sistemi direttamente alla fonte, il governo ucraino di Volodymyr Zelensky ha dovuto provvedere a un “aggiornamento forzato” delle capacità anti-aeree nazionali. Due anni dopo, la difesa ucraina dispone di una pluralità di sistemi, spesso riadattati, pronti all’uso sul campo di battaglia. Oltre alla nuova disponibilità di sistemi sovietici, resa possibile a fronte di donazioni di Stati europei ancora in possesso di armamenti sovietici, come fatto ad esempio dalla Slovacchia, gli ucraini possono impiegare la batteria terrestre Buk per lanciare le versioni – opportunamente modificate – dei missili aria-aria Aim-7 Sparrow e navali Rim-7 Sea Sparrow di produzione statunitense. Un’ibridazione che ha portato alcuni commentatori a coniare il termine di “FrankenSAM” (Sam – surface-to-air missile) per descrivere il sistema di difesa aerea di Kyjiv.

È disponibile anche il già citato sistema Patriot. Ideato negli anni ‘60 principalmente come sistema anti-aereo, il Patriot è una piattaforma mobile formata da sei componenti principali: missili, lanciatori, postazione radar, stazione di controllo, antenna ad alta frequenza e generatore, utilizzata per la prima volta in combattimento nel 1991, durante l’Operazione Desert Storm. A differenza del progetto originale, la versione attualmente in servizio è in grado di contrastare anche minacce provenienti da missili da crociera, balistici e loitering munition, ovvero armi in grado di sorvolare il campo di battaglia per poi attaccare l’obiettivo autonomamente. Nonostante il numero dei Patriot attualmente presenti sul campo di battaglia sia riservato, il loro utilizzo è stato fondamentale per l’abbattimento di diversi velivoli nemici, tra cui due quadri-motore A-50u/m impiegati da Mosca per identificare il lancio di missili ucraini e supportare le comunicazione tra le strutture di comando russe e la prima linea.

Al netto dei mezzi di produzione americana, Kyjiv può disporre anche di attrezzature prodotte nel Vecchio Continente. Al sistema a corto-medio raggio Nasams, prodotto in collaborazione tra la norvegese Kongsberg e la statunitense Raytheon, infatti, si aggiungono anche gli intercettori Iris/t e i cingolati anti-aerei Gepard prodotti da due aziende tedesche, rispettivamente la Diehl e la Knds, così come la piattaforma italo-francese Samp/T frutto dalla joint venture tra Thales e Mbda.

L’elevato costo da sostenere per il dispiegamento di tali sistemi – quattro milioni di dollari per ogni singolo missile intercettore lanciato dai Patriot – lega a doppio filo la prontezza della difesa ucraina con gli aiuti provenienti dall’estero. L’attuale blocco all’approvazione dell’ultimo pacchetto di aiuti militari da sessanta miliardi di dollari promosso dall’amministrazione statunitense guidata dal presidente Joe Biden potrebbe intaccare in modo significativo la difesa ucraina, riducendo pericolosamente le scorte di munizioni e vanificando così quanto fatto nel corso degli ultimi di anni per respingere la pressione russa. «Senza la [nostra] assistenza, è difficile immaginare come l’Ucraina riuscirà a mantenere le posizioni acquisite contro i russi, specialmente in ragione dell’aumento di produzione di munizioni da parte della Russia e l’acquisto [di queste] da Corea del Nord e Iran», ha detto il direttore della Cia William Burns in audizione al Senato statunitense lo scorso 11 marzo.

Una pressione che secondo quanto affermato dal generale Oleksandr Pavliunk, vertice delle forze terrestri ucraine, potrebbe rinnovarsi durante l’estate. Sebbene non si conoscano con esattezza i piani di Mosca in merito all’invio di un nuovo contingente da centomila unità verso il fronte, Pavliuk non esclude come questa scelta possa essere funzionale per l’avvio di una nuova fase della guerra, come ormai definita apertamente dagli stessi vertici politici russi, accantonando la narrativa della “operazione speciale”.

A dispetto di quello che accadrà nei prossimi mesi, la reale difficoltà ucraina di non poter disporre di una diffusa copertura aerea al fronte ha spinto le forze russe a rimodulare la pressione esercitata dal cielo. Da circa un anno, in linea con una limitata disponibilità di vettori balistici e da crociera, l’aviazione russa si sta affidando sempre di più all’utilizzo di munizionamento di precisione frutto della trasformazione di bombe a caduta gravitazionale. Lungi dal trattarsi di un’innovazione recente, gli ordigni vengono integrati con kit «dotati di sistemi a guida satellitare e inerziali» utili a colpire l’obiettivo prefissato (come spiega l’International Institute for Strategic Studies). Poiché tali sistemi necessitano tipicamente di essere lanciati da velivoli a media-alta quota, estendere la bolla di difesa aerea ucraina risulterebbe fondamentale per costringere i veicoli russi a operare a maggiore distanza dall’obiettivo prefissato per evitare di essere abbattuti, intaccando di conseguenza il raggio d’azione delle bombe.

La decisa ostilità di Mosca verso l’ipotesi che Kyjiv aumenti le prestazioni della sua difesa aerea è stata resa esplicitamente dal neo ambasciatore russo in Giappone Nikolai Nozdrev. Lo scorso 22 marzo, in ragione di un possibile invio di batterie Patriot costruite nello Stato insulare, Nozdrev ha rimarcato che, se ciò avvenisse, «Si verificherebbero le più severe conseguenze a livello bilaterale, ritorsioni incluse».

A due anni dall’inizio delle ostilità, tralasciando gli aiuti in attesa di approvazione alla Camera dei Rappresentanti, gli Stati Uniti si confermano come il principale attore a supporto degli sforzi militari di Kyjiv. Secondo quanto rilevato dall’istituto di ricerca tedesco Kiel Institute for the World Economy, l’amministrazione Biden ha destinato 43,2 miliardi di dollari in aiuti militari, ovvero «armi, equipaggiamenti e scorte destinate per le forze armate (come gasolio o razioni)». Ventiquattro i miliardi stanziati per «finanziamenti, prestiti e garanzie sui prestiti». Di questi, l’ottantasette per cento è stato effettivamente reso disponibile per rispondere alle necessità ucraine. Poco meno di due miliardi, invece, i fondi destinati alla popolazione civile. In caso di via libera da Capitol Hill, il nuovo pacchetto di aiuti andrebbe a eguagliare sostanzialmente l’ammontare devoluto da Washington fino al gennaio 2024.

Complessivamente più elevati, sebbene non nel settore militare, i finanziamenti stanziati dall’Unione europea a beneficio di Kyjiv. Attraverso la European Investment Bank e la Macro-financial Assistance, una cornice utile per il finanziamento di attori partner in difficoltà, le istituzioni comunitarie hanno messo sul piatto fondi per totale di 77,2 miliardi di euro, di cui 25,8 già resi disponibili. All’inizio di febbraio, inoltre, i ventisette hanno approvato l’Ukraine Facility, un ulteriore strumento economico del valore di cinquanta miliardi, funzionale sia per la ricostruzione e il rilancio dell’economia ucraina sia per favorire una serie di riforme utili per avvicinare l’Ucraina all’ingresso nell’Unione. «L’Europa sarà al fianco dell’Ucraina in ogni singolo giorno di guerra, e per ogni giorno seguente», ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a margine dell’approvazione del nuovo pacchetto.

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