Essere riconfermati alla guida del proprio partito con quasi il novanta per cento dei voti a favore dev’essere proprio una bella sensazione. A provarla è stato Friedrich Merz lunedì scorso, quando durante il primo dei tre giorni di Parteitag della Cdu, a Berlino, è stato rieletto capo dei conservatori con il voto favorevole dell’89,8 per cento dei delegati. Certo, a voler essere pignoli si tratta di cinque punti in meno rispetto al novantacinque per cento preso al momento della sua vittoria nel 2022, ma è comunque un gran risultato, che certifica un partito unito e coeso dietro la guida del suo leader.
È stato un Parteitag particolarmente importante per la Cdu. Non solo perché andava rieletta la leadership al completo, ma soprattutto perché era prevista l’approvazione di un nuovo Grundsatzprogramm, il “programma fondamentale” alla base dell’azione del partito. Quello in vigore fino a ora risaliva al 2007, una vera e propria era geologica fa dal punto di vista politico. E ricordiamoci che nel 2007 Angela Merkel era alla guida del partito da cinque anni, e al governo della Germania da neanche due: si era in qualche modo appena agli inizi della lunghissima epoca della Kanzlerin, il cui dominio ha trasformato in maniera profondissima sia la Cdu che l’intero Paese. La riscrittura del programma di base rappresentava dunque un’esigenza non più rimandabile.
A proposito di Angela Merkel: a Berlino non si è vista. Sebbene si sapesse che non avrebbe partecipato, la sua assenza è apparsa comunque abbastanza irrituale – tanto da farla diventare, come hanno notato in molti con una certa ironia, «l’elefantessa bianca nella stanza». A non farne sentire troppo la mancanza ci ha pensato però uno da cui proprio non ce lo si sarebbe aspettato: e cioè lo stesso Merz, da sempre capofila degli antimerkeliani che del distanziarsi dalla Cancelliera ha fatto un trademark politico. Nel lungo discorso – circa ottanta minuti – tenuto lunedì, Merz ha infatti tenuto un profilo decisamente merkeliano. Smussando tutti gli aspetti solitamente più spigolosi, neutralizzando ogni polemica, mostrandosi sorprendentemente centrista – proprio lui che in polemica con il centrismo esasperato di Merkel aveva prima abbandonato la politica, e poi una volta tornato le aveva fatto una guerra serrata. Come nota Florian Gathmann nel suo editoriale per lo Spiegel, mancava solo il Merkel-Raute, la celebre postura con le “mani a rombo” tipica della Kanzlerin.
Evidentemente Merz vuole giocare sul sicuro, con cautela. Sta infatti per iniziare la partita più importante: quella relativa alla candidatura per la Cancelleria. Cdu e Csu intendono convergere su un nome molto presto, dopo le elezioni regionali a est del settembre prossimo, in modo da dare al prescelto un intero anno di campagna elettorale. In quanto capo della Cdu, azionista di maggioranza dell’Union, Merz sa perfettamente di trovarsi nella posizione più vantaggiosa possibile per ottenere la nomina; ma sa anche che ci sono diversi motivi che invece potrebbero far propendere per un altro candidato.
In primo luogo l’età. Merz non è un giovincello: se la spuntasse lui, a settembre 2025 si presenterebbe alle elezioni come candidato Cancelliere a quasi settant’anni, di gran lunga il candidato più vecchio nella recente storia politica tedesca. All’interno della Cdu ci sono ottimi potenziali candidati molto più giovani ma già ben rodati, protagonisti di esperienze di governo regionale di lunga durata e discreto successo. Gente come Daniel Günther, Ministerpräsident dello Schleswig-Holstein, o Hendrik Wüst, da diversi anni alla guida del Land più ricco e popoloso del Paese, il Nordreno-Vestfalia. Già da tempo si parla di loro come possibili sfidanti con un potenziale da non sottovalutare, che tra l’altro si stanno già profilando in maniera piuttosto riconoscibile. Günther, che al nord governa nel suo secondo mandato insieme ai Grünen (dopo aver incluso al primo giro nella coalizione anche la Fdp), nel suo intervento al congresso ha posto l’attenzione sul prossimo voto a est, invitando il partito ad aprire a sinistra e alla Linke contro la montante onda degli estremisti di destra di AfD. Wüst invece ha sponsorizzato anche a livello nazionale la coalizione con cui amministra il suo Land, quella cioè insieme ai Verdi. Due posizioni che hanno suscitato reazioni contrastanti, ma che con l’evoluzione dello scenario complessivo potrebbero risultare attraenti per molti elettori.
Un altro aspetto rilevante, in maniera un po’ paradossale, è proprio quello che all’interno del partito ha decretato il successo di Merz: il suo essere radicalmente antimerkeliano, tanto estremo quanto la Cancelliera era moderata, tanto divisivo e controverso quanto la Cancelliera era rassicurante ed ecumenica. La svolta radicale impressa da Merz è stata la scelta strategicamente più azzeccata per conquistare il partito, ma conquistare il Paese è un’altra storia: e in questo senso presentarsi con un’immagine più mite, meno spigolosa, tranquillizzare gli animi e puntare al centro è certamente l’opzione meno rischiosa.