I bicchieri tolti da tavola con le dita infilate nel bevante. I gruppetti di camerieri nell’angolo della sala che chiacchierano e ridono mentre tu cerchi dell’acqua che nessuno ti ha portato. Il pane abbandonato a tavola mentre ti servono il dolce. L’abbinamento vini completamente casuale rispetto alle portate. La proposta dei piatti sommaria e l’elenco dei vini al bicchiere stile bianco, rosso, bolla, senza uno straccio di produttore, vitigno, annata.
Ma anche: l’idea dei nuovi luoghi, quelli milanesi prevalentemente, dove tutto è più snello, dove te la devi un po’ cavare da solo, perché così è tutto più libero e contemporaneo. Quasi che tu fossi al servizio del locale, e non viceversa. Il pane da ordinare il giorno prima per poterlo avere, e guai a presentarti senza, il ristorante da prenotare una settimana prima, pena la cena casalinga.
È il nuovo mondo del servizio. Che ha tante cause, alcune evidenti, altri meno immediate da comprendere.
Per qualcuno è il futuro, ed è praticamente già qui. Noi non vogliamo arrenderci alla mancanza di stile, di professionalità e di passato. Ma capiamo che parte del problema siamo noi con i nostri no show, con le nostre pretese sempre più assurde, con le intolleranze vere e presunte che mettono in crisi ogni cucina, con gli arrivi in ritardo, i numeri dei commensali che cambiano al cambiare del vento. I cani, i bambini urlanti con i disegni e i pennarelli. Le prenotazioni multiple e le cancellazioni tardive. Il nostro bisogno ossessivo compulsivo di cenare tutti sempre e comunque alle 20.30 di sabato sera. Noi con le nostre abitudini dure a morire, che non permettono a chi lavora di programmare, di costruire uno storico attendibile, di fare strategia. Noi che non vogliamo più lavorare nel weekend, ma vogliamo divertirci, e che ci sia qualcuno pronto ad accoglierci nei locali: ma chi lo farà se nessuno vuole più lavorare nel fine settimana?
Dall’altro lato della barricata, la fame di personale che è ancora e sempre “il” tema e che costringe moltissimi patron a fare l’ufficio di collocamento ancora prima che i ristoratori, tra personale di sala che non si presenta al colloquio fissato da settimane, lavapiatti che saltano i turni senza spiegazione alcuna, sous chef in malattia che postano vacanze caraibiche sui social network. Un carosello di problemi che si incrociano a quelli comuni di questo settore, sempre un po’ borderline, sempre alla ricerca di un equilibrio instabile, sempre sedotto e abbandonato dalla politica che conta.
Un tema talmente ampio da richiedere un approccio multidisciplinare per affrontarlo, con sempre meno addetti appassionati e sempre meno professionisti coinvolti. La spinta emotiva faceva spesso la differenza, in passato: oggi che la vocazione vacilla, non resta che votarsi a qualche santo, o scegliere di cambiare davvero nel profondo, e dare alla professione del servizio una dimensione più umana, ma anche più professionale.
Insomma, in questo caso, secondo noi, meno non è meglio, togliere non è un vantaggio: ripensare il settore parte sempre e comunque dalla consapevolezza di quanto i dettagli, la tecnica, la conoscenza profonda siano le basi insindacabili sulle quali costruire il futuro.
Parleremo anche di sala, durante il festival di Gastronomika: se siete professionisti del settore e volete raggiungerci al Teatro Franco Parenti di Milano, qui ci sono tutte le informazioni per partecipare. Se invece siete dall’altra parte del tavolo, appuntamento domenica 19 maggio, per tante riflessioni e incontri per capire meglio questo settore così complesso e così affascinante: trovate i biglietti qui. L’ingresso è gratuito!