Pubblichiamo un riassunto dell’intervento di Yair Golan, generale riservista e candidato unico alle primarie del partito laburista israeliano, all’assemblea di Sinistra per Israele il 5 maggio al Centro Brera di Milano.
Il 7 ottobre è stato un vero e proprio punto di svolta nella storia di Israele, ha rappresentato la più grande crisi nella nostra storia, perché è stato il frutto di una combinazione di minacce esterne e interne. E noi dobbiamo fare fronte comune per reagire sia alle minacce esterne sia alle minacce interne. Inizierò da quelle esterne.
Non possiamo trovare una riconciliazione con l’Iran. Non possiamo riconciliarci con Hamas o con la Jihad Islamica. Ma possiamo trovare un modo di collaborare con il popolo palestinese. Abbiamo il dovere di riconciliarci con i palestinesi, per mitigare, per fare fronte, per essere in grado di respingere la minaccia che proviene dall’Iran.
Le minacce esterne si reggono anche sulle spalle dei nostri problemi interni: la corruzione; l’estremismo nazionalista; l’autonomia degli ebrei ultraortodossi.
La corruzione è una minaccia di prima grandezza per la nostra esistenza. L’autonomia degli ultraortodossi è inaccettabile. Dobbiamo includerli pienamente nella società israeliana: sono troppo numerosi e hanno un peso troppo grande per permettere loro di vivere in una situazione di isolamento.
Poi c’è la minaccia costituita da un approccio estremista e nazionalistico, che è la più grande minaccia per Israele. Dobbiamo dirlo forte e chiaro: l’unico modo per ridare slancio al progetto sionista è ridare forza alle sue fondamenta. Israele è la patria del popolo ebraico, e allo stesso tempo deve essere un Paese liberale, democratico, egualitario, equo, libero e plurale.
Possiamo farlo: abbiamo le risorse umane, economiche, culturali, anche l’energia per rivitalizzare la nostra identità. Quello che serve è farlo insieme, per fronteggiare le cinque sfide che abbiamo davanti a noi e gestire i cinque grandi cambiamenti per Israele.
La sfida della sicurezza. La sfida della solidarietà, che dobbiamo consolidare all’interno della nostra società, ristabilendo l’egualitarismo ai livelli della dichiarazione di indipendenza del 1948. La sfida dell’integrazione, per integrare gli ultra-ortodossi nella nostra società e al tempo stesso integrare la popolazione araba israeliana. La sfida del rafforzamento della democrazia israeliana. Infine dobbiamo raggiungere un’unità nel popolo ebraico attorno alla visione di Israele — o a una visione rinnovata di Israele — come società democratica, libera, uguale e ugualitaria.
Servono le elezioni il prima possibile, serve un cambiamento politico. Prima del 7 ottobre abbiamo a lungo animato le proteste pubbliche contro questo governo, il più a destra della storia israeliana dal 1948. Lo facciamo ancora. E non c’è dubbio che questo governo non rappresenti la maggioranza del popolo d’Israele.
Dobbiamo ricordare sempre le sei milioni di persone della nostra nazione che hanno perso la vita in tutta Europa, compresa l’Italia. Ricordando la Shoah dobbiamo lottare contro l’antisemitismo in tutto il mondo perché l’antisemitismo sta crescendo, sia in Europa sia negli Stati Uniti. E poi dobbiamo fare della società israeliana e dello Stato d’Israele il più egualitario e più democratico di tutto il mondo. Si tratta di due missioni che sono fortemente legata una all’altra.
Non abbiamo alternative, questo è il nostro scopo. Non c’è spazio per il pessimismo. E non possiamo restare passivi. Abbiamo il dovere di essere ottimisti e attivi per cambiare il corso della storia.
Traduzione raccolta grazie a Simone Oggionni e Giuliano Tedesco