Nella stagione della globalizzazione e della complessità, delle transazioni planetarie e dei voli privati con destinazione Luna, affermare che piccolo è bello è peggio che bestemmiare in chiesa. Le poche eccezioni vengono relegate a fatti episodici, lontani dall’orizzonte vitale che il canone contemporaneo impone come fosse una legge divina.
E invece ci sono eccezioni che vanno protette e valorizzate proprio perché inseriscono una meravigliosa variante in quella retta granitica, rappresentano uno schiocco di dita, una discontinuità che accende una luce. Guarda Bergamo. I Pinguini Tattici Nucleari, e va bene, riempiono stadi emozionando ragazze e ragazzi, e poi c’è l’Atalanta. Parliamone, dell’Atalanta Bergamasca Calcio. Bergamasca Calcio, non Football Club. Segno distintivo: lingua italiana con accento sulla territorialità.
C’è di più, molto di più. La perseveranza. Dal vocabolario Treccani: costanza e fermezza nel tener fede ai propri propositi. La vicenda si narra da sola. Un vivaio tra i migliori d’Italia, campioni sfornati in gran quantità e offerti a grandi squadre e alla Nazionale. Un allenatore dai tratti poco gentili, determinato, che come pochi conosce il mestiere, dentro e fuori lo spogliatoio, guardati intorno e dimmi se riconosci De Ketelaere, un lontano parente del calciatore acquistato dal Milan, decisivo in campionato e in Coppa. Una società che fa parlare di sé solo per i risultati raggiunti, mai una polemica, una dichiarazione sopra le righe, un’eccezione, di nuovo un’eccezione nel logoro mondo del calcio. Uno stadio a misura d’uomo, piccolo, una bomboniera, fatto su misura per ospitare l’intera provincia, come le cattedrali nel medioevo.
La finale europea non sarà il punto di arrivo, sarà una tappa di una storia particolare che impreziosisce lo sport più amato del mondo. La prova che piccolo può essere bello. Bello davvero.