«L’Ucraina ha le mani legate a causa delle restrizioni all’uso delle armi, una decisione che però spetta agli Alleati». Durante la sessione di primavera dell’Assemblea parlamentare della Nato a Sofia, in Bulgaria, il segretario generale Jens Stoltenberg rilancia la proposta annunciata la scorsa settimana in un’intervista all’Economist. L’idea del leader dell’Alleanza è che Kyjiv non dovrebbe avere limitazioni nell’uso di armi occidentali, ad esempio se intende usarle per colpire obiettivi sul territorio russo.
Poi ha aggiunto qualche anticipazione su un progetto che dovrebbe essere annunciato in occasione del vertice di Washington che si terrà dal 9 all’11 luglio: «La Nato sta lavorando alla creazione di una struttura permanente in grado di organizzare in modo più efficiente la fornitura di armi all’Ucraina e il loro finanziamento». Ma il tema degli attacchi ucraini alle basi militari in Russia è centrale nel dibattito politico internazionale in questo momento.
Nella sua osservazione, Stoltenberg lasciava intendere che i raid ucraini contro obiettivi russi potrebbero essere visti come autodifesa. Almeno se contestualizzata nel quadro di una nuova offensiva russa nella regione di Kharkiv: impegnare l’esercito di Mosca a spendere parte del suo arsenale e delle sue energie in operazioni difensive equivale a eliminare un attacco sul suolo ucraino. Ma non tutti hanno capito, come dimostrano le polemiche sterili sollevate da alcuni politici occidentali – l’Italia, come spesso capita in questi casi, non fa eccezione.
E mentre Giorgia Meloni, Matteo Salvini e altri esponenti del governo dimostrano di non aver inteso a pieno il senso delle parole di Stoltenberg, in quella parte d’Europa che ha davvero a cuore il destino dell’Ucraina – e percepisce realmente la minaccia russa per quel che è – l’atteggiamento sembra molto diverso.
«L’Ucraina ha il diritto di difendersi attraverso azioni militari mirate al territorio nemico purché le azioni militari rispettino le leggi di guerra», ha detto il ministro della Difesa svedese Pål Jonson rispondendo alla domanda dell’Hallandsposten sul possibile uso di armi svedesi in territorio russo. Jonson ha aggiunto che la Svezia sostiene il diritto internazionale e il diritto dell’Ucraina a difendersi.
A Stoccolma non hanno esitazioni nel fornire all’Ucraina tutto ciò di cui ha bisogno – per ciò che rientra nelle facoltà del Paese scandinavo – per difendersi dall’aggressione russa. Compresa la libertà di scelta degli obiettivi.
La Svezia è solo l’ultimo Paese – anche se non sono molti – ad aver suggerito che l’Ucraina dovrebbe fare ciò che vuole con quelle armi, a patto che rispetti tutte le leggi in materia bellica (e quindi non colpisca obiettivi civili).
Già lo scorso febbraio il ministro della Difesa finlandese Antti Häkkänen aveva detto che Kyjiv avrebbe potuto «colpire obiettivi strategici sul territorio russo» con le armi inviate da Helsinki. Aggiungendo poi che il Paese non aveva posto alcuna restrizione in merito, anche perché in base al tipo di aiuti militari forniti – prevalentemente equipaggiamenti, fucili d’assalto, missili anti-tank, razioni di cibo, giubotti antiproiettile – non avrebbe avuto senso. Anche Jukka Kopra, a capo del comitato della Difesa nel Parlamento finlandese aveva detto: «Se necessario, l’Ucraina dovrebbe colpire il territorio russo. Sarebbe una strategia difensiva legittima da parte sua».
All’inizio di maggio anche il Regno Unito ha revocato tutte le restrizioni a Kyjiv, per permettere soprattutto l’uso del suo sistema d’arma missilistico cruise Storm Shadow in territorio russo. Un cambio di strategia che, secondo la Bbc, potrebbe incidere anche sul futuro addestramento dei soldati ucraini.
Parlando alla vigilia del Consiglio Esteri a Bruxelles di ieri, il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, aveva sostenuto la stessa tesi, dimostrando che anche la Lituania – forse il Paese che più di tutti si è speso diplomaticamente in favore dell’Ucraina – è allineata alla posizione di Stolentenberg. «Il problema più grande è la nostra paura della reazione russa», ha detto, criticando la debolezza della risposta occidentale, che incoraggerebbe l’aggressività di Mosca.
Landsbergis si è dimostrato uno dei politici europei più lucidi sull’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin. Uno di quelli che ha capito fin dall’inizio che questa guerra non è solo una faccenda tra due vicini litigiosi, ma una minaccia per l’intera Europa e il mondo liberal democratico. «Gli ucraini – ha aggiunto il ministro lituano – dovrebbero essere in grado di colpire il territorio russo, le linee di rifornimento e le truppe che si preparano ad attaccare l’Ucraina. Perché in questa guerra solo una parte rispetta le regole. Dobbiamo abbandonare queste regole che noi stessi abbiamo creato».
Landsbergis ritiene che gli alleati dell’Ucraina abbiano commesso un errore nel frenare gli ucraini fin dall’inizio perché temevano che si verificasse un’escalation. Ha anche affermato che gli istruttori militari occidentali che erano in Ucraina prima dell’invasione su vasta scala della Russia nel 2022 dovrebbero tornare per accelerare l’addestramento delle giovani truppe ucraine. «La Lituania è pronta ad unirsi alla coalizione guidata dalla Francia per addestrare le truppe ucraine in Ucraina», ha detto.
Anche il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha appoggiato la proposta di consentire all’Ucraina di colpire con armi occidentali il territorio russo. Intervistato dal Guardian, alla domanda se sia accettabile che l’Ucraina attacchi obiettivi militari al di là del confine, Sikorski ha detto: «I russi stanno colpendo la rete elettrica ucraina, le riserve di grano, gli impianti di stoccaggio del gas e le infrastrutture civili. L’operazione russa viene condotta dal quartier generale di Rostov sul Don. A parte il fatto che la Russia non usa armi nucleari, non si limita a nulla». E per questo, ha aggiunto, dichiarare sempre quale sia la linea rossa dell’Occidente «invita solo Mosca ad adattare le sue azioni ostili ai nostri limiti autoimposti».
A questa lunga lista di Paesi elencati finora mancano i tre con il peso specifico maggiore. Stati Uniti, Francia e Germania. Dai loro aiuti e dall’uso delle loro armi dipende il destino dell’Ucraina e dell’Europa.
Alla Casa Bianca in queste settimane c’è un «vigoroso dibattito», così l’ha definito il New York Times, avviato dal Dipartimento di Stato. Nella discussione, è del Segretario di Stato Antony Blinken la voce più forte in favore della rimozione delle restrizioni all’Ucraina. Blinken è appena stato in viaggio a Kyjiv – dove ha incontrato Volodymyr Zelensky – e sta facendo di tutto per convincere Joe Biden a dare il via libera agli ucraini per colpire basi militari russe. Dal lungo articolo pubblicato da David E. Sanger sul quotidiano newyorkese però emerge che il dibattito non è ancora vicino alla conclusione: non è chiaro quanti nella cerchia ristretta di Biden condividano l’idea del Segretario di Stato.
Blinken tra l’altro sarebbe ancor più convinto della sua posizione dopo gli ultimi attacchi russi. Perché le truppe del Cremlino hanno schierato armi appena oltre il confine nord-orientale dell’Ucraina e le hanno puntate su Kharkiv, sapendo che gli ucraini avrebbero potuto usare solo droni e altre armi non statunitensi per reagire.
In Francia invece chi sostiene la “linea Stoltenberg” è soprattutto Jean-Louis Bourlanges, presidente della commissione per gli Affari Esteri dell’Assemblea nazionale francese. Come riporta Le Figaro, ha chiesto alle autorità francesi di consentire all’Ucraina di lanciare attacchi con armi fornite dalla Francia sul territorio russo: «Sembra che sia giunto il momento», c’è scritto in una lettera inviata all’Eliseo in cui spiega che il diritto all’autodifesa non prevede la tutela del territorio dell’aggressore.
Bourlanges ha chiesto a Parigi di «sciogliere le sue riserve e prendere una decisione» seguendo l’esempio del Regno Unito. Se non altro per porre fine all’asimmetria tra aggressore e vittima: «Non si tratta di un coinvolgimento diretto in un teatro di guerra, ma solo la rimozione di un tabù ingiustificato».
Manca solo la Germania. O meglio, in realtà il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è già espresso contro l’uso delle armi fornite dagli alleati per colpire la Russia. Lo ha fatto aggrappandosi agli accordi stabiliti un po’ di tempo fa tra i due Paesi: «Ci sono regole chiare, accordate con l’Ucraina, per il rifornimento di armi da parte della Germania», ha detto nel corso della visita di Stato in Germania del presidente francese Emmanuel Macron.
Le argomentazioni sono le solite sull’intenzione di evitare l’escalation in un conflitto più grande. Che però non sembrano reggere più, non dopo oltre ottocento giorni di guerra. La Russia ha già dimostrato al mondo intero che non ha intenzione di fermarsi fin quando non avrà preso l’Ucraina. E l’unica pausa che può accettare è quella che usa per riarmarsi e attaccare con ancora più forza.