Oggi inizia la tappa ungherese del tour europeo di Xi. Che l’ha visto prima in Francia e poi in Serbia, nel venticinquesimo anniversario del bombardamento Nato dell’ambasciata cinese durante la guerra del Kosovo.
Viktor Orbán è stato il primo leader europeo a sottoscrivere con la Cina l’accordo sulla Belt and Road Initiative (Bri) nel 2015, il progetto pensato al consolidamento dei rapporti commerciali e infrastrutturali tra l’Asia e l’Europa. Ma a quasi undici anni dall’avvio del progetto cinese, l’Ungheria è rimasta anche l’unica vera partner europea di Xi, dopo che lo scorso dicembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha comunicato che non avrebbe rinnovato il memorandum d’intesa con Pechino.
In Ungheria si festeggeranno settantacinque anni di relazioni diplomatiche tra i due Paesi, che ora vivono il loro momento più florido. Quella che ha inizio oggi sarà una visita molto importante per Orbán. Che a un mese dalle elezioni europee, e da quelle locali, si trova a consolidare un asse autoritario di peso sulla scena internazionale e per la prima volta in quindici anni sembra avere in Peter Magyar un fronte all’opposizione.
Non sono pochi però i dubbi che continuano a circolare attorno ai finanziamenti cinesi in Ungheria, che negli ultimi quindici anni di governo Orbán sono aumentati enormemente. Secondo AidData, l’istituto americano che si occupa di analisi sulla trasparenza, l’Ungheria dal 2000 avrebbe ricevuto più di 9,4 miliardi di euro dalla Cina. E secondo il ministro degli Affari esteri ungherese Péter Szijjártó sarebbero in arrivo altri 15,3 miliardi, che potrebbero essere resi definitivi proprio durante la visita di questi giorni.
La Cina, infatti, è diventata l’investor numero uno di Budapest, dopo che un pacchetto di sanzioni americane nell’aprile 2023 ha colpito la International Investment Bank russa, con sede a Budapest, e costretto il governo a prendere le distanze dal Cremlino. Nonostante rimangano solide le affinità tra i due Paesi e la lamentata resistenza ungherese all’invio di armi in Ucraina continui a farsi sentire.
Ma il rapporto economico costruito sui presupposti di un investimento infrastrutturale sulle ferrovie e sulle strade ha iniziato a cambiare volto.
A inizio febbraio durante una visita a Budapest il ministro della Sicurezza Pubblica cinese Wang Xiaohong ha fatto sapere che per rafforzare la decennale relazione diplomatica con l’Ungheria, il Paese si sarebbe offerto di fornire anche un sostegno strategico in materia di sicurezza pubblica. Insieme al ministro degli Interni ungherese Sándor Pintér sono stati firmati anche documenti relativi alla cooperazione dei due Paesi in materia di “law enforcement”, senza che nessuno desse alcun dettaglio sui confini di questi accordi. Secondo Antonio Fiori, professore dell’Università di Bologna ed esperto di Repubblica popolare cinese: «È molto plausibile che questa mossa da parte di Pechino sia votata a proteggere i propri investimenti in Europa facendo ricorso a misure di sicurezza interna che i cinesi conoscono benissimo».
Proprio in materia di sicurezza non va dimenticato che in Ungheria risiede anche il più grande stabilimento Huawei fuori dai confini cinesi. Marchio che dal 2016 lavora a stretto contatto con il colosso cinese Yitu Technology, impegnato nella produzione di sistemi di sorveglianza pensati al controllo della sicurezza pubblica tramite l’utilizzo dell’Ai e del riconoscimento facciale.
Sui rischi in termini di sicurezza lanciati dall’Unione europea Orbán si è sciacquato le mani. E nonostante la Commissione europea nell’ottobre 2023 abbia lanciato un’indagine sui veicoli elettrici cinesi, a dicembre è uscita la notizia dell’apertura del primo stabilimento europeo di Byd, leader mondiale nella produzione dell’elettrico e unico grande rivale di Tesla. Che aprirà tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo nella città di Szeged, nel sud del Paese.
Secondo il ministro delle Costruzioni e dei Trasporti ungherese János Lázár, l’intervento della Cina va ben oltre gli investimenti infrastrutturali e industriali, ma sta contribuendo a uno sviluppo massiccio dell’area meridionale del Paese: «Questo è un progetto pilota per la Cina in Europa. Si tratta della prima volta che i sistemi di controllo e sicurezza cinesi vengono utilizzati nella rete ferroviaria dell’Unione europea», ha commentato durante una conferenza stampa.
Su questi sistemi si costruirà anche la linea ferroviaria tra Budapest e Belgrado, altro grande obbiettivo della Belt and Road Initiative che dal Porto del Pireo mira a raggiungere con facilità i Balcani Occidentali e l’Europa Centrale.
Secondo il sito d’informazione ungherese VSquare, Xi oltre a verificare lo stato dei lavori della rete ferroviaria V0, quella che attraversa Budapest, dovrebbe dirigersi nella città meridionale di Pècs per annunciare l’apertura di uno stabilimento di veicoli elettrici della Great Wall Motors. Notizia che dopo la sua uscita è stata messa a tacere dalla tv di stato ungherese completamente asservita al premier.
Un aspetto singolare di questa relazione di investimenti tra l’Ungheria e la Cina è quello che gira intorno alla costruzione di una nuova linea ad alta velocità. Secondo alcune indiscrezioni questo nuovo tratto, finanziato dai cinesi, andrebbe a collegare l’aeroporto di Budapest alla stazione centrale della capitale e alla zona rurale di di Rákosrendező, un’area sottosviluppata della città a circa sette chilometri dal centro. Ma non si tratterebbe di un tratto a gestione statale, né a libero accesso dei viaggiatori, ma di un “luxury train” destinato a un pubblico ben selezionato.
Proprio sul destino di quest’area, lo scorso marzo il governo Orbán ha firmato un accordo di “cooperazione economica” insieme al ministro del Commercio Estero degli Emirati Arabi, Thani bin Ahmed Al Zeyoudi. Consolidando sempre più relazioni economiche extra europee e ben più lucrative. Quello sottoscritto è un documento che al suo interno prevede numerosi progetti di “rigenerazione urbana”. Il primo, parte di un piano di investimenti di cinque miliardi, è proprio quello della zona di Rákosrendező, che i cinesi vogliono collegare con la nuova ferrovia ad alta velocità alla capitale.
Anche questo, come gli innumerevoli investimenti cinesi, sembra un progetto ambizioso, ma dal profilo poco trasparente, che allontana sempre di più l’Ungheria dall’Unione europea, e la trova sempre alla ricerca di nuove partnership fuori dai suoi confini.