Auguri Chianti Classico Cento anni e 57 principi in un manifesto per il territorio

Per celebrare un secolo dalla fondazione del Consorzio, il Gallo Nero presenta un manifesto incentrato su sostenibilità ambientale e sociale, per impostare la direzione dei prossimi cento anni di denominazione

@Consorzio Vino Chianti Classico

Quello organizzato in occasione dei cento anni del Consorzio Vino Chianti Classico sembrava il solito convegnone sulla sostenibilità. Leggendo il titolo se lo sono detto tutti. C’erano le istituzioni e c’erano pure i rappresentanti di alcuni tra i più importanti e antichi territori vinicoli del resto d’Italia e del mondo. Prima il necessario carosello di saluti iniziali – si comincia sempre dalle cariche più alte – poi gli interventi degli ospiti, Barolo, Douro, Oregon, Borgogna e Champagne, che  presentano gli studi e le azioni messe in campo per rispondere ai cambiamenti climatici e rendere “durable” lavoro e risorse, umane e naturali (avevamo esplorato il concetto di “durabilitéin questo e in questo articolo).

Poi arriva il turno del Consorzio Chianti Classico e la direttrice Carlotta Gori cala l’asso. «Ci siamo chiesti nei mesi scorsi come potevamo festeggiare questo straordinario traguardo. La nostra idea è stata quella di lanciare uno sguardo in avanti, senza avere l’ardire di pareggiare la visione dei nostri padri fondatori, ma avendo almeno lo stesso metodo: progettare per il futuro proteggendo il territorio e i suoi frutti».

Carlotta Gori

Il risultato è un Manifesto di Sostenibilità, un documento composto di 57 regole, suddivise in tre macro-aree diverse, sostenibilità ambientale, sociale e culturale. Non si tratta di una semplice dichiarazione di intenti, bensì di «regole d’indirizzo tra le quali i viticoltori potranno scegliere quelle che maggiormente si adattano alle loro caratteristiche» dice Gori, disegnando un percorso ben preciso: «Siamo certi che i nostri viticoltori, custodi dell’ambiente, lo accoglieranno e lo renderanno vivo e attivo fino a farlo diventare un vero disciplinare certificato di sostenibilità del nostro territorio e delle sue produzioni».

Ambiente, si deve fare di più
«La vitivinicoltura è sostenibile quando in primis riduce il proprio impatto sull’ambiente rispettando il più possibile le risorse native e non rinnovabili: suolo, acqua, aria. E allora l’ambiente deve essere il nostro primo luogo di confronto». Da questo punto di vista il Chianti Classico sembra partire avvantaggiato, grazie a un lavoro di conservazione che si è protratto nei decenni.

Su un territorio di circa settantamila ettari infatti, il 62 per cento della superficie è boschiva e per l’80 per cento si tratta di boschi permanenti. Il 52 per cento della superficie vitata inoltre è biologico, senza contare le molte aziende in conversione, per un tessuto sociale aziendale composto soprattutto da aziende di piccolo e medie dimensioni: il 75 per cento delle aziende presenti sul territorio hanno meno di dieci ettari di vigneto e il 75 per cento dei viticoltori imbottigliano direttamente il proprio vino.

Sul fronte ambientale quindi, il manifesto aumenta la posta in gioco. Tra i 57 princìpi si propone di eliminare diserbanti e concimi chimici, mantenere almeno il venti per cento della superficie agricola aziendale con biodiversità (altre colture, incolti, aree boschive) e almeno il dieci per cento di bosco e siepi sugli appezzamenti vitati. Non mancano le indicazioni riguardanti l’utilizzo di bottiglie, con almeno il cinquanta per cento di vetro riciclato, gli investimenti per raccogliere l’acqua piovana e ottimizzare le risorse idriche e molto altro.

Sostenibilità sociale, non entro ma oltre le regole
«Vogliamo fortemente andare oltre le regole di legge già esistenti e già rispettate, che devono essere la base su cui costruire comportamenti più virtuosi, per costruire una comunità più forte, un distretto più coeso». Questo l’approccio in tema di sostenibilità sociale e molti dei principi puntano proprio a privilegiare il territorio per quanto riguarda l’impiego o la scelta di aziende con cui collaborare. Ne sono un esempio la richiesta di avere almeno il venti per cento del personale con assunzione diretta residente nel territorio, ma anche quella di selezionare sul territorio almeno il venti per cento dei fornitori di beni e servizi.

Atto costitutivo del Consorzio Vino Chianti Classico

Poi c’è l’inclusività sociale e qui l’obiettivo è superare i limiti già indicati dalla legge. «Abbiamo l’ambizione di vedere una vera inclusione sociale, dove la presenza di lavoratori dipendenti diretti appartenenti a categorie protette o, più in generale, svantaggiate non sia entro, ma oltre i limiti di legge. Non ci basterà, insomma, vedere nelle aziende il trenta per cento del genere meno rappresentato», puntualizza Gori. Le aziende vitivinicole sono dunque chiamate a fare ancora di più, per aumentare il proprio ruolo di aggregatori sociali all’interno degli otto comuni interessati dalla denominazione.

Preservare il valore culturale del paesaggio
Ai numeri che il Chianti Classico porta in dote sul fronte ambientale, si aggiunge anche un’altra importante evidenza, che in questo momento sta giocando un ruolo fondamentale soprattutto nell’iter per il riconoscimento Unesco de “Il sistema delle Ville Fattorie nel Chianti Classico”. Si tratta del valore culturale del territorio. Un insieme di 341 siti storici protetti e oltre 150 “ville-fattoria”, per un sistema agrario e di paesaggio, conservato nei secoli attraverso il lavoro di manutenzione delle aziende, come il recupero di muri a secco e terrazzamenti, o la cura delle strade bianche. «Negli ultimi cinquant’anni il 74 per cento del territorio è stato preservato dalle trasformazioni rimanendo invariato, e solo il quattro per cento è stato oggetto di antropizzazione. E questo in un territorio che ha continuato a produrre ricchezza», sottolinea la direttrice.

Ecco quindi che la sostenibilità culturale diventa il terzo grande tema del manifesto, con una serie di indicazioni che mirano alla cura del paesaggio e di tutto ciò che ne fa parte, attraverso la conservazione di edifici, parchi, giardini, viali, reti interpoderali, strade bianche, le ville-fattoria e la manutenzione di alberature di carattere storico anche non monumentale.

Non è la decrescita felice
Gli obiettivi sostanziali del manifesto sono due, ridurre dell’impatto ambientale e produrre crescita e affermazione per le risorse sociali e culturali del territorio. Il ragionamento è semplice ed è anche quello della durabilité di cui parlano i francesi. Per essere davvero sostenibile, oltre ad avere il minor impatto possibile sull’ambiente, la vitivinicoltura deve poter garantire la continuità e il successo imprenditoriale. «Permetteteci di pensare che in assenza di sostenibilità economica saremmo in assenza di impresa», sottolinea la direttrice del consorzio e conclude: «Non pensiate che siamo quelli della decrescita felice. Noi ci saremo con investimenti in tecnologia e in ricerca».

Così, a cento anni da quando trenatré viticoltori decisero di fondare il Consorzio, il Gallo Nero rilancia e indica la strada per gli anni a venire. «A distanza di un secolo, i soci del Consorzio sono diventati 486, ma gli obiettivi che ci accomunano sono gli stessi del 1924. Proteggere il vino che nasce da un territorio altamente vocato e di rara bellezza e accompagnare i viticoltori nell’affrontare i mercati di tutto il mondo», dichiara il presidente Giovanni Manetti. Questa volta però, tra società e paesaggio storico-culturale, la responsabilità di “custodi” si estende rispetto alla vitivinicoltura, per andare finalmente a includere anche altre cose che di vitivinicolo hanno poco, ma che per la sopravvivenza del settore contano eccome.

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