Adesso Elly Schlein deve affrontare diverse questioni interne che rinviano a una domanda: utilizzerà il lusinghiero risultato delle europee per valorizzare gli adulti del Partito democratico o si farà ingabbiare nei giochetti, nei piccoli regolamenti dei conti e nella logica dell’amichettismo? Dopo il voto, la segretaria è fortissima come nessuno dei più recenti predecessori perché tutti quelli dipendevano dai soliti patti di sindacato e dai caminetti di cinque o sei capicorrente.
Anche Schlein è stata sin qui condizionata da varie pressioni, soprattutto all’inizio lungo l’asse Orlando-Franceschini, ma è riuscita a farne un elemento di forza con liste calibrate che hanno soddisfatto più o meno tutti, e infine il ventiquattro per cento finale ha fatto il resto. È più libera, dunque, la segretaria nelle sue scelte. Poi però bisogna vedere se sono quelle giuste. O se il cerchio magico nazarenico può prenderle la mano a scapito della qualità.
Il primo passaggio è quello delle nomine europee, a cominciare dalla vicepresidenza del Parlamento oggi di Pina Picierno, rieletta con centoventiduemila preferenze al Sud. Per le decisioni bisognerà ancora attendere qualche giorno, ma trapela una possibilità per Stefano Bonaccini, il quale forte di un’ottima performance personale di preferenze potrebbe aspirare al ruolo di vicepresidente del Parlamento europeo. Schlein glielo ha chiesto, ipotesi che potrebbe incrociare il sì dei riformisti, di cui Bonaccini è tuttora il capo.
Un effetto collaterale non da poco sarebbe la necessità di nominare un nuovo presidente del partito. Tutto ciò sancirebbe una specie di cambio di maggioranza con un esplicito asse Schlein-riformisti che, preferenze alla mano, sono risultati decisivi per il risultato finale.
Contro Bonaccini gioca però il fatto che non ha grande esperienza in campo europeo né rapporti con i big di Bruxelles, socialisti e no, a differenza dell’attuale vicepresidente del Parlamento europeo Picierno che invece vanta ottime relazioni con la presidente Roberta Metsola e con i big europei dei vari gruppi parlamentari che danno per scontata la sua riconferma. È improbabile, e insensato, che si chieda a Picierno di fare un passo indietro per sottostare a un’intesa tra correnti.
C’è bagarre sulla carica di capodelegazione del Pd nel gruppo Socialisti e Democratici: potrebbe essere promossa a quel ruolo Camilla Laureti, vicinissima alla segretaria e membro della segreteria nazionale. Mentre come capogruppo degli S&D per Schlein potrebbe essere confermata la socialista spagnola Iratxe García Pérez, ma la cosa non dipende solo dalla leader dem.
Sfuma così il desiderio di Nicola Zingaretti che puntava a quella carica: dopo la prova non memorabile sotto il profilo delle preferenze (centoventicinquemila, ne aspettava molti di più, battuto da Dario Nardella e Matteo Ricci) l’ex segretario del Pd adesso penserebbe anch’egli alla poltrona di vicepresidente del Parlamento. La cosa non sembra facile: Zingaretti potrebbe rimanere a bocca asciutta. Una volta tanto.