Vox populiLa vittoria percepita di Meloni e le nomine Ue con i voti degli altri

Nella narrazione della presidente del Consiglio, contano solo le preferenze date ai partiti di destra. Un meccanismo di rifiuto della realtà tipico del trumpismo che ha portato all’isolamento politico dell’Italia

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Ormai grazie a Giorgia Meloni abbiamo una nuova categoria della politica: la democrazia percepita. Come la temperatura segna trenta gradi all’ombra e quella percepita è di quaranta, per Meloni «i popoli hanno votato a destra», anche se non è vero. Ma questo è il risultato delle europee da lei percepito, e a nulla vale farle notare che gli altri hanno preso di più, come se questi non fossero voti del popolo ma di qualche entità iperuranica, ostinatamente contraria alla sua soggettiva interpretazione del risultato elettorale.

Il popolo è quello che vota lei e i suoi compagni (ops) della destra europea mentre chi ha votato popolare, socialista, liberale non è popolo e dunque conta di meno, questi sono voti di radical chic scesi dalle terrazze, ex sessantottini con la pancetta e la seconda e terza casa, sono comunisti nullafacenti, la solita borghesia medio-alta moralmente accattona, gli intellò che leggono Alessandro Piperno – ammesso che la presidente del Consiglio sappia chi sia – e guardano Corrado Formigli e quelle fastidiose inchieste di regime di Fanpage da fare vedere a Sergio Mattarella: ma che vorrà dire, «inchieste di regime», non l’ha capito nemmeno lei.

Il popolo siamo (semo) noi, vota per noi e siamo sempre a Fantastichini-Mezzalupi di “Ferie d’agosto”: «Nun ce state a capì un cazzo, ma da mò!». Ma finché si scherza si scherza. Qui invece è la presidente del Consiglio che parla.

Con questo retropensiero di aver vinto le europee, Giorgia Meloni si è presentata a Bruxelles con l’aria di chi non deve chiedere niente perché è ovvio che le sarà dato tutto e invece gli altri, che lei considera i mandatari dell’establishment, Emmanuel Macron soprattutto ma anche Ursula von der Leyen, Olaf Scholz, gli infidi popolari Donald Tusk e Kyriakos Mitsotakis, insomma tutti tranne i destri destri, con le buone maniere dei politici consumati le hanno fatto notare che la democrazia è consenso (e loro ce l’hanno) ma anche capacità di fare accordi e alleanze (e loro sono capaci).

Il racconto veicolato da tanti giornali secondo il quale ha vinto la destra è pertanto sbagliato, anzi, falso, ma Meloni non si dà pace – «ma come, ho vinto io» – e Matteo Salvini, greve di aspetto e di parola, addirittura ha parlato di «golpe». Se la realtà è diversa da come la percepisce lei allora è una truffa, che è poi il nocciolo del trumpismo che rifiuta il responso elettorale e assalta il Campidoglio.

Attenzione a questa psicologia malata: la vittoria percepita sta dando alla testa dei governanti italiani, a parte il sornione Antonio Tajani, proprio come l’insuccesso che diede alla testa di Ennio Flaiano dopo il flop di “Un marziano a Roma”. Solo che qui non siamo a teatro, anche se certe volte sembra.

 

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