Forse bisogna prima toccare il fondo, raggiungere l’abisso oltre il quale non c’è più spazio per ulteriori disastri politici, economici e morali. Probabilmente serve arrivare a quel punto morto per rendersi conto che le fregnacce di cui ci siamo riempiti la testa non sono una cura dell’insoddisfazione personale, ma la causa del rancore e del risentimento che poi alimentano il populismo, il caos antisistema e il disastro esistenziale.
Criticare la globalizzazione e il grande trasferimento di ricchezza dall’ovest all’est è legittimo, ma se la ricetta difensiva è il sovranismo alla Lollobrigida, il nazionalismo mentecatto, e l’autoritarismo russo, la corsa verso il precipizio è inesorabile e irreversibile.
Gli inglesi lo sanno, se ne sono accorti, lo hanno vissuto sulla propria pelle, e ieri hanno affidato al Labour rinnovato seriamente da Keir Starmer una maggioranza di dimensioni storiche che è figlia diretta dell’abisso raggiunto otto anni fa con la Brexit e con le sirene populiste suonate principalmente da una destra di apprendisti stregoni, ma anche da una sinistra anticapitalista (e pure antisemita).
Gli americani invece no. Eppure anche loro hanno toccato l’abisso, quattro mesi dopo la Brexit, con l’elezione di Donald Trump, il cui mandato si è concluso con l’assalto al parlamento di Washington del 6 gennaio 2021, e con svariati tentativi di falsificare i risultati elettorali per non riconoscere la vittoria di Joe Biden. Ma evidentemente il fallito di colpo di Stato non è bastato: una larga fetta di americani crede alle fandonie del Make America Great Again ed è pronta a affidare di nuovo il Paese, e il mondo, a un criminale e bugiardo patentato.
L’abisso americano è ancora più giù, fino allo smantellamento della democrazia nata con la dichiarazione di indipendenza del 1776, duecentoquarantotto anni fa compiuti ieri.
Una parte della responsabilità è anche della stampa liberal che già la prima volta, nel 2016, si intestardì su questioni minori, come le e-mail di servizio che lo staff di Hillary Clinton aveva scambiato attraverso un server privato, anziché aprire gli occhi sull’ingerenza russa per aiutare Trump e per corrompere il processo democratico americano, per non parlare delle altre malefatte del candidato repubblicano.
Sta succedendo di nuovo, a proposito dei segni evidenti di senilità di Joe Biden con un profluvio di articoli, trasmissioni tv, editoriali per invitarlo a dimettersi. Tutto giusto e legittimo, ovviamente, ma dove sono le prime pagine dei giornali e il prime time televisivo per invitare Trump a dimettersi per aver cercato di rubare con la violenza (con cinque persone uccise) un’elezione perduta con cinque milioni di voti di scarto?
Dove sono le prime pagine e il prime time per invitare Trump a dimettersi per essere stato aiutato elettoralmente dall’intelligence russa?
Dove sono le prime pagine e il prime time per per invitare Trump a dimettersi per essere stato condannato a risarcire una donna che ha stuprato?
Dove sono le prime pagine e il prime time per per invitare Trump a dimettersi per aver falsificato i bilanci dell’azienda, profittato finanziariamente delle sue attività presidenziali e usato i soldi raccolti per la campagna elettorale per pagare e silenziare una pornostar?
Dove sono le prime pagine e il prime time per invitare Trump a dimettersi per aver detto che da eletto si trasformerà «per un giorno in dittatore» e poi perseguiterà i suoi avversari politici?
Dove sono le prime pagine e il prime time per invitare Trump a dimettersi per aver annunciato la fine della Nato a maggior gloria di Putin ma anche, a proposito di ragionamenti incoerenti, di voler bombardare Mosca?
La risposta della stampa democratica è sempre la stessa, ha scritto David Frum, si tratta di notizie vecchie, di storie complicate, di cose noiose e già scritte: meglio occuparsi delle capacità cognitive dell’ottantaduenne Joe Biden. Che risate, invece, per le performance da tronista picchiatello di Trump.
Le défaillance del presidente sono gravi, e vanno raccontate, ma siamo sicuri che gli articoli, le trasmissioni tv e gli editoriali sgomenti e preoccupati siano da dedicare a un candidato anziano che ogni tanto perde il filo del discorso e non ha più la battuta pronta invece che a un candidato altrettanto anziano che non ha mai fatto un discorso lineare nella sua vita politica, che invitava a bere un disinfettante per sconfiggere il covid, uno bugiardo, truffatore, stupratore, aiutato dal Kgb, istigatore di un fallito colpo di stato e ora pronto a fare il dittatore almeno per un giorno?
Va bene preoccuparsi di consegnare il Paese al vecchio Joe, che peraltro fin qui l’ha governato benissimo come quasi nessuno mai, ma non dovrebbe preoccupare un ciccinin di più che gli Stati Uniti d’America possano essere guidati da un presidente anti americano?