Storie dall’altro mondoDietro un chicco c’è molto di più

Quella del caffè è una filiera complessa e oggi, grazie anche al lavoro che viene fatto sugli specialty, stiamo riuscendo a comprenderne il funzionamento

1895 by Lavazza

Si fa presto a dire caffè. Eppure dietro al caffè esiste un mondo complesso e articolato. Il caffè, infatti, è una delle bevande più amate al mondo, ma pochi conoscono l’interessante e complessa filiera, che porta dalla pianta di caffè alla tazzina fumante che gustiamo ogni giorno. Una filiera che è anche un intricato sistema di produzione, con numerosi attori e processi coinvolti, dai coltivatori ai produttori, dai commercianti ai torrefattori, fino ad arrivare ai consumatori finali. Oggi più che mai le cose si sono fatte maggiormente complicate: se fino a un centinaio di anni fa, il caffè era una bevanda più grezza, col passare del tempo la situazione è cambiata e ora, accanto alle torrefazioni industriali, sta nascendo una nuova era dedicata agli specialty coffee, ovvero un caffè verde di altissima qualità, caratterizzato da una tostatura media, che gli garantisce uno spettro aromatico più ampio, con una minor amarezza e una maggior acidità. Ma non solo: per essere considerato specialty un caffè deve ottenere un punteggio superiore agli ottanta punti su cento dalla Specialty Coffee Association of America (SCAA), associazione che rappresenta migliaia di professionisti del caffè, dai produttori ai baristi di tutto il mondo, e che punta al potere della conoscenza condivisa per riuscire a rendere lo specialty coffee un’attività equa e sostenibile per l’intera catena produttiva. Una catena produttiva che parte dalle farm, dalle tenute dove i coltivatori si prendono cura delle piantagioni e dove hanno un ruolo importante i coffee designer, coloro che realizzano i caffè speciali. Noi abbiamo chiacchierato con Cristiano Portis, coffee designer di 1895 Coffee Designers by Lavazza  che ci ha spiegato in modo più pratico in cosa consiste il suo lavoro e come la sua attività entra nella produzione di un caffè così diverso da quello a cui siamo sempre stati abituati. «Vent’anni fa, quando ho iniziato, la situazione era molto diversa rispetto a quella attuale» — ci spiega — «Ma anche oggi, se vuoi vendere un caffè di questo tipo, devi prima di tutto creare un minimo di cultura che le persone possano capire. Questo è quello che è successo in quarant’anni per il vino. Quando ero bambino, se andavo con i miei genitori al ristorante, l’offerta era “vino bianco o vino rosso” e poteva essere la qualunque. Per il caffè ora è così». 

1895 by Lavazza

Ecco, forse, proprio per questo motivo, è necessario dare uno sguardo di insieme alla filiera del caffè e al suo stato dell’arte. Il termine Specialty Coffee nasce in America negli anni settanta e, anche se oggi rappresenta una fetta piccola, rispetto alla sua globalità, il mercato sta crescendo. Secondo i dati del World Coffee Portal, nel 2022 in Europa il suo consumo è aumentato del 3,2 per cento: poco, è vero, ma sono dati significativi. 

Portis ha ragione nel paragonare la storia del caffè a quella del vino: sono due prodotti della terra molto simili, come origine e natura, ma sul vino di strada se n’è fatta tanta: sul caffè c’è ancora molto da lavorare, in termini di cultura e conoscenza. E dobbiamo partire da molto lontano, per lo meno dalla Coffee Belt, ossia l’area geografica situata attorno all’equatore, caratterizzata da condizioni ottimali per la coltivazione del caffè. Una regione, che si estende tra i tropici del Cancro e del Capricorno, includendo paesi come il Brasile, la Colombia, l’Etiopia, il Kenya e il Vietnam. Le condizioni climatiche e ambientali della Coffee Belt forniscono il mix perfetto di sole, pioggia e temperatura per favorire la crescita delle piante di caffè. Le altitudini moderate, le temperature stabili e le precipitazioni regolari contribuiscono alla produzione di chicchi di alta qualità. Inoltre, il terreno vulcanico presente in alcune aree della Coffee Belt fornisce nutrienti preziosi per le piante. Questa regione è diventata famosa per la produzione di diverse tipologie di chicchi, ognuno con caratteristiche uniche legate al terroir in cui viene coltivato. Ad esempio, i caffè coltivati in Colombia sono noti per la loro acidità brillante, mentre i caffè brasiliani sono apprezzati per il loro corpo pieno e dolce. Ogni paese produttore ha il suo terroir distinto, che influisce naturalmente sulle caratteristiche sensoriali del caffè. E dato che spesso basiamo le nostre decisioni di acquisto del caffè sul sapore, questo fa sì che i torrefattori vengano spinti a offrire una varietà di opzioni sempre ampia. Elemento che può dare un maggior sostegno ai produttori, in particolare ai piccoli proprietari e proteggere la diversità dell’industria del caffè anche dai problemi climatici.

I chicchi sono alla base di tutto. «Il caffè verde è l’ingrediente principale. E poi c’è l’esperienza e lo studio». Cristiano Portis ha girato tutto il mondo, vissuto in tanti Paesi e instaurato un rapporto diretto con i produttori. «Grazie alle esperienze passate, si riesce a tirare fuori un prodotto che possa soddisfare il mercato» – ci racconta. Solo attraverso l’esperienza si possono creare i blend giusti e trovare «la giusta creazione dei profili di tostatura più idonei per ciascun caffè». Sono tanti, infatti, i fattori che influenzano la qualità del caffè. Il terroir, l’ambiente naturale in cui viene coltivato un caffè, che comprende anche elementi come la salute del suolo, la topografia e il clima. I metodi di elaborazione, il contenuto di umidità del caffè verde, le dimensioni. Per offrire un caffè eccellente, i torrefattori devono assicurarsi che il caffè non presenti difetti. In caso contrario, questi difetti avranno un enorme impatto sul profilo del sapore finale. Nella Factory di 1895 Coffee Designers by Lavazza vengono organizzati dei tour che spiegano, passo dopo passo, la filiera: una parte è dedicata anche alla spiegazione proprio dei difetti dei chicchi. Se è la prima volta che entrate in contatto con questo mondo, la sensazione che vi lascerà addosso lo schema pratico della classificazione sarà di vero stupore. I difetti, infatti, identificati come primari o secondari, variano: dai chicchi rotti o scheggiati, fino ad arrivare a danni importanti, come la presenza di muffe, insetti, foglie e pietre.

1895 by Lavazza

Tecnica, attenzione, vicinanza al territorio, scienza: sono tutti fattori che rientrano nel lavoro che Cristiano ha costruito nel tempo, con fatica, passione e determinazione. «Ci tengo sempre tanto ad avere una conoscenza diretta con i produttori, conoscere le loro famiglie, sapere quello che fanno, come capita con la finca El Paraiso» – Portis parla del suo rapporto diretto con le persone che quotidianamente si impegnano a restituire un prodotto pronto per essere lavorato, dalla tostatura, alla miscelazione e all’estrazione. «Conosco la fatica che c’è dietro alla nostra tazzina di caffè, una fatica pazzesca che è la stessa di chi fa il vino o l’olio d’oliva. Ci dev’essere sempre un’attenzione costante verso la terra, quindi verso il territorio, le varietà che che vai a a piantare e la cura durante durante la crescita delle piantine». Piantine che per anni non danno frutti e quindi rappresentano un investimento in termini economici, lavorativi e sociali. «Questi dettagli sono parte integrante del racconto che faccio quotidianamente del caffè e che ci servono per trasmettere la sua cultura». Perché è qui che si ritrova la bellezza e la complessiva di questo mondo: il caffè come prodotto naturale al pari degli altri figli dell’agricoltura, e quindi influenzato dal tempo, dalla pioggia, dal sole, dalla mano umana. Sicuri che sia solo e semplicemente un caffè? 

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