Quest’anno per la prima volta il Festiva di Gastronomika ha ospitato uno spazio di formazione non convenzionale, in cui i giovani operatori del settore con aspirazioni imprenditoriali hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con gli architetti Claudia Ferrario e Carmine Abate, guidati dalla giornalista Claudia Saracco. Attraverso alcuni emblematici casi di studio, i due professionisti hanno evidenziato le principali sfaccettature di un progetto-tipo, offrendo suggerimenti e risposte tecniche ai dubbi e alle paure di chi si approccia alla prima apertura o si trova alle prese con una ristrutturazione.
Fai e fatti le domande giuste
Il primo brief è un po’ come il primo appuntamento: un momento magico in cui dovrebbe scoccare quella scintilla tra architetto e committente che permette di instaurare un rapporto di stima e complicità sperabilmente duraturo. Già nella fase di ricerca della location, gli imprenditori alle prime armi potrebbero aver bisogno di un professionista, capace di individuare rapidamente limiti e vincoli tecnici che potrebbero infrangere il sogno ancor prima dell’apertura.
E non serve trasformarsi in quei “clienti koala” che si aggrappano all’architetto seguendolo ovunque, convinti che in questo modo avranno tutto sotto controllo. E neppure nei “clienti tigre” che sanno già tutto e non lasciano spazio alla creatività dell’architetto. Bisogna fidarsi, ma è sicuramente utile arrivare all’incontro con qualche risposta già abbozzata: quale prodotto volete offrire? Qual è il vostro target? Aprirete in centro o in periferia? In quali orari? Immaginate cento coperti o preferite puntare sul take away? Il budget è sicuramente un tema, ma non il primo della lista.
Copiare non paga
Prendere ispirazione dai locali di successo scovati in giro per il mondo è cosa buona e giusta, ma i cloni senz’anima sul lungo periodo non funzionano. In un ambiente sempre più competitivo, l’occhio del cliente è ormai abituato a riconoscere i “vorrei ma non posso”: gli ambienti preconfezionati che mirano a riprodurre le immagini su Pinterest – magari nella loro versione low cost – non attirano i consumatori fedeli. Loro cercano la verità, nel prodotto, nel servizio e anche nel luogo che li ospita, una condizione necessaria (ma non sufficiente) per rientrare nella cerchia ristretta dei posti del cuore. Quindi fate scelte vostre, anche se potrebbero rivelarsi sbagliate, perché c’è sempre tempo per ripensare, rifare e abbandonare ciò che non funziona.
Progetta il tuo locale come se fosse sempre stato lì
Spesso la sfida più ardua sta nel costruire qualcosa di nuovo creando al contempo la percezione di un’identità stratificata dal tempo, la stessa che si addice a una bella casa. L’obiettivo è far sì che i clienti si sentano a proprio agio, come se fossero andati a mangiare le polpette della nonna ma in un posto più bello. E questo non significa riempire il locale di suppellettili polverose: deve essere accogliente e allo stesso tempo trasmettere una sensazione di costante rinnovamento. La parte più difficile è mettere a fuoco la visione, il compito di tradurla in linguaggio fisico spetta all’architetto.
Mai sottovalutare la burocrazia
Contratti, autorizzazioni sanitarie, licenze commerciali, pratiche edilizie. E poi ci sono le autorizzazioni comunali, che quando non arrivano fanno male al portafogli, soprattutto se contavate sui venti coperti in più del dehor. La canna fumaria è l’altra grande croce dei ristoratori, che sono chiamati a sfoderare tutta la loro eloquenza per convincere i condomini a installarla nel cortile (qualora fattibile). E se neppure il pagamento di una tassa annuale potrà persuaderli, sarà necessario optare per una cappa a carboni attivi. Ma a quel punto, meglio rinunciare al menu di fritti, a meno che non vogliate spendere una fortuna per la sostituzione dei filtri.
Costruisci pensando di smantellare
Ogni progetto è un viaggio, con soste, rallentamenti e piani B. Ciò che avete sognato e visualizzato in infiniti render potrebbe non funzionare una volta realizzato. Perché magari avete immaginato una certa interazione tra clienti e layout che poi non si verifica. Poi ci sono le manutenzioni ordinarie e straordinarie, e tutte le opere di ammodernamento del locale, un organismo vivente che richiede cure continue. Ed è per questo motivo che tutto deve essere reversibile e facile da smontare, affinché il proprietario stesso sia capace di intervenire autonomamente e tempestivamente in caso di necessità.
Immagina isole e percorsi
C’è tutta una catena da rispettare, che ha bisogno di spazi e passaggi specifici, non necessariamente ampi ma ben congegnati per gestire il carico e lo scarico merci, la linea dello sporco e del pulito, le esigenze del personale (bagni e spogliatoi separati) e quelle dei locali tecnici. E poi c’è il cliente, che vede tutto e fotografa tutto: così il compito del progettista diventa quello di immedesimarsi nelle sue percezioni al di là della pianta e del render, per isolare lo spazio e il tempo dell’esperienza da quelli di chi lavora, onde evitare incroci indesiderati.
Monetizza il tuo bagno
È il regno dei “selfisti” timidi, che solo davanti a quello specchio lontano da occhi indiscreti lasciano cadere i freni inibitori che li inducono a immortalare piatti e bicchieri. Trattandosi di una pubblicità gratuita e potenzialmente virale, dimostrate un po’ di sana furbizia e prestate attenzione ai dettagli riflessi: una scritta in foto si legge al contrario, mentre una luce posizionata male taglia il viso e rovina il post; anche una porta brutta o anonima può rivelarsi un deterrente. Il vostro bagno merita una dignità propria, quindi curate la sua immagine e sfruttatela al meglio!
Cura il comfort di tutti i sensi
Il gusto al primo posto? Forse sì, ma non per questo bisogna trascurare gli altri sensi che contribuiscono all’esperienza complessiva. Ad esempio, le luci costituiscono un tema tanto delicato quanto soggettivo: il gusto personale può essere un punto di partenza, ma ci sono indicazioni professionali che vale la pena seguire. Evitate l’effetto “sala ricevimenti” provocato da un’illuminazione eccessiva e cercate invece di creare una scenografia che valorizzi i dettagli più belli, come in un quadro di Caravaggio. E ricordate che la luce deve essere anche funzionale, quindi illuminate adeguatamente i vostri tavoli evitando gli esperimenti cromatici, a meno che non vogliate alterare deliberatamente la percezione dei piatti. In merito alle temperature, siate coerenti: 3000K è la scelta ottimale per creare un ambiente caldo e accogliente, mentre il bianco freddo in stile “studio medico” potrebbe essere sgradito a chi sta consumando del cibo.
Il suono è un altro fattore inspiegabilmente sottovalutato, ma fondamentale per garantire una permanenza piacevole. E se il vostro locale ha soffitti alti, vetrate e specchi, non potete proprio ignorare l’acustica. Investite in pannelli forati di qualità, evitando quelli troppo economici perché molto probabilmente non funzioneranno. Un controsoffitto fonoassorbente, isolato con la lana e dotato di fissaggi opportuni, potrebbe essere la soluzione più adatta al problema delle vibrazioni che si propagano dai piani superiori.
Non dare spazio ai corpi morti
Usate gli arredi come attivatori e non come semplici riempitivi. Devono partecipare all’identità e alla vitalità del locale, pur rispettando il linguaggio comune definito in principio. Una parete mensolata fine a sé stessa attirerà soltanto polvere, e con essa molti sguardi (giustamente) severi. Un tavolo non è soltanto un tavolo ma un catalizzatore di comportamenti e relazioni: anche un social table rischia di essere percepito come un corpo morto dalla clientela meno internazionale, dunque – se non funziona – preparatevi a trasformarlo in un tavolo-piazza dal quale osservare le acrobazie del mixologist.
La coerenza al primo posto
Pensate alla vostra attività come a un’orchestra, che in quanto tale deve funzionare sempre in modo organico: i materiali, i colori, le luci, la musica, l’abbigliamento degli operatori, i menu, la comunicazione. Tutto concorre a creare un’immagine coordinata complessiva che deve tradursi in un’esperienza coerente, anche in relazione al prodotto che vogliamo vendere. Per questa ragione nel brief iniziale sarebbe opportuno coinvolgere anche lo chef, affinché i clienti possano ritrovare nel gusto la sublimazione del vostro messaggio.