Dal Messico con calore Il fico d’India e il Mediterraneo

Dolce e salutare, al di sotto delle spine il frutto di questa cactacea nasconde un tesoro, ma a sorpresa anche le pale sono commestibili e ricche di proprietà

Foto di Valter Cirillo su Pixaba

La pianta più rappresentativa, e rappresentata, del Sud, in particolare della Sicilia, quella per cui varrebbe forse per una volta spendere il famigerato aggettivo “iconica”, è in realtà alloctona e, prima che arrivasse dalle lontane Americhe, se ne sarebbe cercato invano traccia nel paesaggio. No, non è il pomodoro, bensì il fico d’India.

“India” perché, com’è noto, non si capì subito che era stato scoperto un nuovo continente e tutto quello che si trovava in quella terra, abitanti compresi, era “indiano”.

In realtà il Paese originario dell’Opuntia ficus-indica, della famiglia delle cactacee, è il Messico, che infatti lo esibisce nel suo stemma. Da lì si diffuse in tutto il Centro America fin dai tempi dei Maya, degli Aztechi e degli Incas, che la consideravano una pianta sacra.

Portata nel Vecchio Mondo già nel 1493, si è trovata così bene che ormai è naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo, dove è coltivata in Spagna e Nord Africa, ma è diffusa anche in Asia e in Oceania.

In Sicilia, dove fu introdotta dagli spagnoli nel sedicesimo secolo, in Calabria, Puglia e in Sardegna, ha trovato un habitat così favorevole che l’Italia è il secondo Paese produttore al mondo di fichi d’India dopo il Messico. Cresce anche spontanea, in zone aride e assolate, e forma siepi invalicabili che fungono da frangivento e sono un ostacolo al propagarsi degli incendi. Nell’America Centrale viene ancora oggi usata come pungente recinzione attorno a fattorie e case isolate.

La sua è una struttura di successo, tutta “progettata” per la difesa e il risparmio idrico: le pale piatte, oblunghe e carnose, sono in effetti fusti che sintetizzano la clorofilla al posto delle vere foglie, che si sono trasformate nelle spine coniche di uno o due centimetri di cui sono disseminate. Non bastassero, ci sono anche mazzetti di spine più piccole, dette glochidi, dotate sulla cima di uncini che, a contatto con la pelle, si ancorano saldamente, rendendone difficile la rimozione. Inoltre, la loro superficie è ricoperta da una spessa cuticola cerosa per resistere al calore e alla siccità nei climi caldi e aridi, e limitare le perdite di acqua.

Tutto questo rende particolarmente complicato raccogliere i frutti del fico d’India, che sono sì dolci, e ricchi di minerali, soprattutto calcio e fosforo e vitamina C, ma praticamente impossibili da maneggiare. Anche nelle varietà cosiddette inermi, cioè prive di spine grandi, i glochidi svolgono bene il loro compito e la raccolta richiede una serie di strategie per non pungersi. Comprarli in negozio, o al supermercato, a meno che non siano già pelati, non risolve il problema e occorre comunque metterli a bagno in acqua.

Concluse queste operazioni, i fichi sono pronti per essere mangiati in tanti modi diversi: come frutta insolita e dolcissima, ma attenzione a non esagerare perché i semi possono causare stipsi, se non addirittura un blocco intestinale; come gelatina, o per produrre succhi, liquori, sciroppi. E naturalmente servono per preparare una buonissima granita.

C’è un uso anche per i frutti di scarto e le bucce, utilizzati per l’alimentazione dei bovini e soprattutto dei suini, che non temono le loro piccole spine.

E c’è un uso, umano, per le pale, almeno per quelle più giovani e tenere, che nell’America Centrale sono conosciuti col nome di nopal, dall’antico termine in lingua azteca “nopalli”, che significa foglie. Ancora poco note in Europa, nella cucina messicana si trovano come verdura, una volta ripulite dalla cuticola e dalle spine, oppure dopo la cottura o la conservazione in salamoia o aceto, o canditi, come confettura, succo o essiccate. E, proprio come i frutti, servono a preparare anche un’insolita granita.

Vale la pena provarle, assicurano i dietologi, perché sono uno degli alimenti che donano più effetti benefici immediati per la salute: ricche di fibre solubili, insolubili, mucillagini e cicatrizzanti naturali, riequilibrano naturalmente la flora batterica e sono ricche anche di potassio, magnesio e molti altri minerali.

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