Dinastie e ospitalitàUna collezione di resort per scoprire una Grecia senza tempo

Una famiglia di imprenditori illuminati racconta una Mykonos diversa: fatta di mete spettacolari (lontane dalla folla), ricordi familiari, viste mozzafiato e prelibatezze locali. Un viaggio straordinario attraverso le ville della Myconian Collection

Hotel Deos. Courtesy of Myconian Collection

«Scusi, ma non avrete mica intenzione di possedere tutti gli hotel di Mykonos?». «No, noi vogliamo solo i più belli»

Basterebbe questo veloce scambio di battute per inquadrare la storia e le ambizioni della famiglia Daktylides, proprietaria di quattordici resort targati Myconian Collection sull’isola delle Cicladi, e che ci invita per mostrarci gli ultimi gioielli della corona, hotel rilevati da proprietari precedenti e già divenuti destinazioni predilette per le famiglie (Sunrise Beach, di fronte alla spiaggia di Agrari), nuove costruzioni che garantiscono una vista scenografica sulla città e il suo porto (il Deos) o ancora, destinazioni esclusive, lontane dalla folla, conditi da vibrazioni notturne, con ristorante pieds dans l’eau (l’O).

Hotel Panoptis. Courtesy of Myconian Collection

A parlare è Vangelis, uno dei quattro fratelli Daktylides che oggi gestiscono questo impero, costruito un hotel alla volta dai genitori George ed Eleftheria. Ad ognuno di loro (gli altri sono Panos, Markos e Marios) è affidata la gestione di alcune strutture: il progetto iniziale del patriarca George era avere un solo hotel affidato a ciascun figlio, per garantire loro una sicurezza economica che a lui da giovane era mancata, ma poi evidentemente, la vita ha preso un’altra direzione. 

Non si incontra George in tre giorni a Mykonos che sembrano più una gara di resistenza culinaria – impegnati a provare le cucine di quanti più resort possibili della Myconian Collection – ma Vangelis garantisce che pur essendo formalmente in pensione, suo padre è ancora pieno di energia. Qualcuno sussurra che per il suo ultimo compleanno i figli gli hanno regalato un caterpillar, perché George ha ancora la passione di andare in giro per l’isola –  nello specifico negli immensi possedimenti terrieri che ha comprato decadi prima, già con una visione precisa – e scavar buche, immaginando futuri resort. 

Non si chiede conferma a quella che è solo una voce, si preferisce rimanere nel dubbio, perché questa immagine possiede una sua poetica, se si pensa che nel 1979, Markos racconta: «tornò a casa con un Caterpillar 920 che aveva comprato di seconda mano, e con quello scavò le fondamenta dei primi quattro hotel. Nonostante ad un certo punto potesse avere qualunque macchina desiderasse, le sue quattro ruote preferite sono rimaste quelle, per tutta la vita – sul sito della Myconian Collection, le foto provano questa inedita passione.

Courtesy of Myconian Collection

D’altronde, la Grecia ha già prodotto in passato raffinatissimi armatori decantati dalle cronache internazionali e rosa, i Niarchos e gli Onassis, che preferivano muoversi per mare, sui loro panfili, più che per terra, ma il tycoon a suo agio con rudi mezzi di costruzione, non si era ancora visto. E in effetti George, tornato dal servizio militare col sogno di sposare Eleftheria, si manteneva inizialmente guidando i bus che portavano minatori e materiali dalla città di Mykonos alle miniere di barite. Ha poi convinto i suoi fratelli ad uno sforzo congiunto per acquistarne uno, per arrivare a possederne venticinque, e gestire la mobilità pubblica dell’intera isola. 

Con i proventi di quell’attività ha aperto il suo primo hotel, il Kohili, venticinque camere che danno sul porto di Alefkandra, con vista privilegiata sui mulini del sedicesimo secolo appena fuori dal centro storico della città. All’alba della creazione dell’impero era Eleftheria a preparare le colazioni per gli ospiti, ma anche poi per gli operai che si occuparono della costruzione dell’hotel successivo, il Korali – che oggi fa parte di Relais & Chateaux –. 

«Riesco ancora a sentire l’odore della torta che cucinava per l’hotel nella nostra cucina» ricorda Vangelis. «Ad oggi si emoziona sempre quando parliamo di quei tempi, sono pieni di memorie dolciamare. I nostri genitori hanno sacrificato tutto per creare delle opportunità per noi. Papà lavorava da mattina a sera e reinvestiva tutti i profitti nell’azienda, e nostra madre aveva un unico paio di scarpe eleganti che si metteva solo prima di andare a messa la domenica».

Courtesy of Myconian Collection

E i figli – seppur poi educati a modo, tutti alla rinomata École Hotelière di Losanna – sembrano aver ereditato il loro stesso spirito pratico: facce guascone, sorrisi ampi, un’ironia bonaria, non fanno parte di quella genia di eredi che sciupano le fatiche familiari con hobby costosi e una generalizzata inedia. Si scorge Vangelis, mentre si fa una colazione di prima mattina al Deos, ancora mezzi addormentati seppur di fronte all’infinity pool con vista sull’Egeo, dove navigano un paio di navi da crociera. Cosa ci farà mai il proprietario di così buon’ora già operativo, con pantaloni in cotone ruvido e polo bianca? Non si fa in tempo a chiedere gossip all’elegante personale dell’hotel – contraddistinto da una onomastica raffinata, infarcita di Thanos, Hercules, Demosthenes – che lo si capisce da soli, mentre si degusta pigramente uno yogurt (ovviamente greco). 

Vangelis ha accompagnato all’hotel un paio di addetti alle pulizie, e scarica materiale alimentare: se ai tempi del padre, si legge sul sito, il pesce fresco arrivava dall’amico Nico, oggi sono i suoi figli a fare da fornitori. E in questa rete di mutua assistenza informale, succede spesso che siano collaboratori fidati e sperimentati nel privato, a collaborare con la catena. «È vero, molti dei nostri fornitori sono informali» spiega Markos «Il vecchio amico di nostro padre, Panagiotis, pesca il polpo nelle acque intorno a Delo solo per la sua famiglia e per il nostro chef. E naturalmente, le carni di agnello e maiale arrivano direttamente dalla fattoria di nostro padre. La realtà è che in quanto abitanti dell’isola, c’è una reciproca dipendenza con i nostri conterranei, che ci aiuta poi a creare una connessione reale anche con i nostri ospiti».

Non c’è abbastanza tempo per esperire questa connessione, ma di certo gli ultimi ingressi nel portfolio dei Daktylides hanno un’estetica definita, che attrae specifiche categorie umane. Il Deos – il cui nome viene dal greco antico, e indica il profondo stupore di fronte alle meraviglie del creato –  è l’epitome del quiet luxury, tutto viste mozzafiato e camere minimaliste, dal lusso sussurrato, che assomigliano di più a microresidenze private, pensate dallo studio di GM Architects – il fondatore dello studio Galal Mahmoud ha curato anche altri hotel della collezione, dall’Ambassador che ha ristrutturato nel 2015 al Kyma e al Naia –. 

Hotel Deos. Courtesy of Myconian Collection

Texture naturali, bagni in marmo, terrazze coperte da un pergolato, fornite nel migliore dei casi di una piscina privata, oppure di un idromassaggio, amenities di Olivia Thinks, brand vegano con font e grafica realizzata per risultare accattivante anche agli occhi delle generazioni più giovani. Il Panoptis Escape – parte di Small Luxury Hotels of the World – è invece la location nella quale, oggi, Slim Aarons – fotografo americano – ambienterebbe le sue fotografie dell’high society contemporanea. Parola che si traduce con la locuzione “dove l’uomo incontra gli dei”, il Panoptis Escape appare in effetti simile ad un santuario arroccato sul punto più alto dell’isola, lontano dalla città ma con una vista sulla spiaggia di Elia, e ha un’allure mistica, tra tende dai motivi tribali e lunghi tavoli in legno dalle silhouette morbide, come se una tribù lontana con un certo gusto per il design avesse preso possesso del luogo, e lo usasse come Eden personale.

Panoptis hotel. Courtesy of Myconian Collection

L’O, infine, ha sessantacinque camere che danno direttamente sulla baia di Ornos ed è quello più dichiaratamente dedicato ai fashion addict che cercano una validazione intellettuale: libri fotografici dedicati a Tom Ford, monografie mastodontiche di Chanel et similia, decorano i corridoi e si trovano appollaiati sui comodini delle grandi stanze, che mischiano materiali naturali con tinte più ombrose. 

Per una privacy maggiore, le camere di livello superiore possiedono al loro interno una piscina privata. Un tocco di Italia si ritrova nella biancheria da letto di Frette, nelle ceramiche di Ariostea, nelle rubinetterie di IB e nei tessili che ricoprono poltrone da interno ed esterno della biellese Mariaflora. E se George è sicuramente un uomo dotato di spirito imprenditoriale ma anche benedetto da un momento storico di grande crescita, i suoi figli hanno deciso nel 2020 di ringraziare l’isola dove tutto è iniziato, donando una scuola, costruita ex novo. Nel villaggio di Ano Mera si trova infatti un Gymnasio, frequentato da circa 200 giovani tra 12 e 15 anni,  che dispone di laboratori di scienze, campo da basket e di uno spazio multifunzionale per le assemblee ( e d’altronde chi se non il popolo che si è inventato l’idea stessa dell’Agorà poteva realizzarlo).

Myconian O. Courtesy of Myconian Collection

A fianco della scuola, sorgono anche diciotto abitazioni dedicate al personale, nello specifico agli insegnanti. Un impegno di cui Vangelis parla con un certo orgoglio, quando lo si ritrova per pranzo, il giorno prima della partenza, di fronte alla piscina del Sunrise Agrari, tra moussaka che si è ordinato con languore e per le quali si viene subito bollati come turisti “noi non la mangiamo quasi mai, è complessa da cucinare” e ghemistà, pomodori ripieni di riso, cibo estivo per antonomasia. Al tavolo arrivano anche moglie e due figli di Vangelis, venuti nel resort per una giornata al mare. Se la signora ha il fascino sofisticato di una Maria Callas pacificata, capelli lunghi sciolti e pareo intorno alla vita, sembra di riconoscere il volto della figlia maggiore, di averlo già visto.

Un’impressione che è la stessa ragazza a confermare, sostenendo di averci viste il giorno prima, sempre in un altro hotel della catena, dove lei si occupava di servire al tavolo. «I miei figli hanno cominciato a chiedermi un nuovo cellulare, un nuovo laptop» spiega Vangelis «e ho detto loro che possono di certo averli, a patto di guadagnarseli lavorando. Il problema è che poi vanno da mio padre, mostrandogli i risultati dei loro sforzi, e lui dice loro che dovrebbero chiedere di essere pagati di più» ironizza.

«Se penso a quando da bambino con i miei fratelli vendevamo i biglietti sugli autobus, ti assicuro che le paghe non erano così soddisfacenti». La famiglia ride, si brinda per l’ennesima volta: pare di capire che anche la nuova generazione dei Daktylides manterrà al sicuro l’impero di George.

X