Marmellata neraGiorgia Meloni in Europa vaga attraverso troppe sfumature di destra

Mollata da Orbán e in pausa con von der Leyen, la premier perde la pretesa centralità europea e rimane in vigile attesa delle strategie di Marine Le Pen

Giorgia Meloni rischia di fare la fine della sora Camilla che tutti la vogliono e nessuno la piglia. Adesso nemmeno a destra dà più le carte, in quella destra in cui si erge a Giovanna d’Arco, sorpassata da Viktor Orbán e contemporaneamente tenuta distante dai popolari così che la sua grande furbata, il gruppo europeo dei Conservatori (Ecr) rischia di diventare il sesto gruppo dell’Europarlamento.

Bell’amico, Orbàn. Ha visto che la premier italiana incespica, ondeggia, non sa scegliere. Recita troppe parti in commedia. E lui, hombre vertical di destra estrema, ha preso l’iniziativa di formare un nuovo gruppo destinato a rimescolare le carte nell’emisfero destro dell’Europarlamento: Orbàn, il leader austriaco della Fpoe ed ex ministro dell’Interno Herbert Kickl e l’ex premier ceco e leader dei liberal-populisti di Ano, Andrej Babis, tutti e tre arrivati primi nei rispettivi Paesi alle elezioni europee, stanno cercando i rappresentanti di altri quattro Paesi per fare il gruppo che costituirebbe un’attrazione sia per partiti che ora stanno nel gruppo di Giorgia (teniamo contro che il Pis, il partito polacco dell’ex premier Morawiecki, ha già annunciato di voler uscire da Ecr) sia in quello più di destra di Marine Le Pen e Matteo Salvini.

Vedremo se il voto francese indurrà la leader francese a indirizzarsi verso Orbán per mettere insieme una marmellata nera molto più forte dei pallidi Conservatori guidati da una Meloni isolata perfino dentro la destra, mentre già balza agli occhi il repentino entusiasmo con cui Matteo Salvini ha apprezzato l’iniziativa da “patriota” (le ha fregato pure la parola magica identitaria) del premier ungherese.

C’è sempre uno più a destra di te, si potrebbe dire parafrasando Pietro Nenni, il che potrebbe anche essere un prezzo da pagare se almeno realmente Meloni si fosse spostata al centro, cosa che non è e non può essere: come fai a andare con Vox e contemporaneamente voler dialogare con Donald Tusk? Alla fine scontenti gli uni e gli altri, è il destino di chi scambia l’ambiguità per politica, la fine che fa Arlecchino servitore di due padroni: è l’ulteriore conferma che una Meloni moderata, “blu”, europeista è un bluff scoperto appena chiuse le urne della elezioni europee.

Attendiamoci pertanto una qualche contromossa, magari non subito. Con la vittoria del Rassemblement National in Francia e, soprattutto, quella possibile negli Usa di Donald Trump, la presidente del Consiglio non avrà difficoltà a tornare nella Canossa nera, ma a quel punto dominata dal capobanda ungherese, da madame Le Pen e – ahia – da quel Salvini che si è seduto a destra prima di lei.

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