Parole vuoteLe mozioni respinte in Parlamento sulla guerra di Gaza farebbero ridere, se non facessero piangere

I testi presentati dalle opposizioni e rigettate mercoledì mattina erano irricevibili. Il Pd equipara Hamas e Israele, su M5s e Avs meglio glissare, il testo di PiùEuropa capzioso e inconsistente, e quelle di Italia Viva e Azione almeno riconoscono le responsabilità del 7 ottobre

AP/Lapresse

La mozione di maggioranza sulla guerra di Gaza approvata l’altro giorno alla Camera è un vago pastone che fagocita alcune proposte di cambiamento provenute un po’ da una parte e un po’ dall’altra senza cambiarne la sostanza favorevolmente generica e improduttiva.

Il riconoscimento rebus sic stantibus dello “Stato di Palestina”, vale a dire lo Stato fondato sul pogrom e presidiato dai macellai del 7 ottobre, è stato precariamente sventato. E chissà se quegli improbabili legislatori, mentre stendevano le mozioni invece rivolte a quel riconoscimento «semplicemente e senza condizioni» del cosiddetto “Stato di Palestina”, avevano presente ciò che le stesse Nazioni Unite, le stelle del loro firmamento arcobaleno, si costringevano ad ammettere il 12 giugno scorso: e cioè che laggiù comanda Hamas, la pervasiva realtà combattente e terroristica infilata nelle case, nelle moschee, nelle scuole e negli ospedali, la “cosa” cui l’Onu rivolge le proprie deboli intimazioni ricorrendo all’ellittica definizione di “autorità de-facto di Gaza”.

Le mozioni per il riconoscimento di non-si-sa-cosa e come-non-importa erano i deltaplani in leggiadro sorvolo su quella realtà impossibile da trascurare persino da parte dell’incontaminato azzurro delle prospettive onusiane. E vale la pena di ricordare quali fossero, e per che cosa concretamente si segnalassero, le mozioni opportunamente respinte mercoledì mattina.

Quella presentata dal Partito democratico, sostenuta dall’eloquio “antifascista” di Peppe Provenzano, si apriva denunciando «il rischio di un’escalation del conflitto al confine tra Israele e Libano». Un rischio sempre più reale, spiegava la mozione, visti i «ripetuti attacchi al confine». E sarà stato sicuramente per mancanza di spazio se l’elaborato del Partito democratico non precisava da quale parte provenissero (Libano) e contro chi fossero rivolti (i civili israeliani) quegli attacchi. Dettagli.

Nove righe della mozione Partito democratico erano dedicate a snocciolare le dichiarazioni, avverse alla creazione dello Stato palestinese, che avrebbero nel tempo diffuso Benjamin Netanyahu e alcuni suoi ministri fascisti. Casualmente molto più stringata (tre righe) era la descrizione delle contrarietà palestinesi alla soluzione “due popoli, due Stati”. Si citava una dichiarazione di Khaled Meshal che rifiuta i confini del 1967 e vuole libertà d’azione “dal fiume al mare”. È verosimile che, ancora, non ci fosse spazio sufficiente per citare un’altra dichiarazione del medesimo Meshal, quella secondo cui «per il bene dell’umanità è importante che i sionisti siano annientati», né lo spazio era abbastanza, evidentemente, per menzionare quella di Yahya Sinwar secondo cui «i bambini sono attrezzi da usare contro Israele. Li sacrificheremo». Spazio insufficiente, infine, mannaggia, per citare l’appello al proprio popolo di un altro leader palestinese, Fathi Hamad: «Dovete attaccare gli ebrei in tutto il mondo e ucciderli».

Israele e Hamas due comparabili ostacoli alla pace, insomma. E, in calce a questa equilibrata rappresentazione, un pugno di eminenti firme tra le quali quella della segretaria, Elly Schlein.

Ma lo spettacolo erano poi le mozioni del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra, o come si chiama. Quella del partito di vaffanculo&superbonus, il corpo delle guide dei convogli russi su e giù per l’Italia, reclamava la liberazione «di tutti i civili tenuti in ostaggio». Tutti i civili. Avevano letto qualcosa nei social, probabilmente, per esempio che le ragazze rammostrate come trofei, legate e sanguinanti, nei video di Hamas mica sono civili, signori miei, sono soldatesse. Poi, ovviamente, un impegno «europeo e internazionale» per interrompere la fornitura di armi. Fornitura a Israele, sempre ovviamente. A Hamas e a Hezbollah gliele dà l’Iran, che vuoi farci?

Di rincalzo, la mozione Bonelli&Fratoianni, propugnata dal secondo dei due, il frontman strillone che perde le staffe se qualcuno osa chiamare “nuovo Hitler” il macellaio di Mosca. Si parte dalla «Palestina storica» (pare che nessuno abbia riso, in aula) e dalla spartizione che ne avrebbe fatto l’Onu. Nel ’48, spiegano gli alleati verdi e di sinistra, uno Stato (quello per gli ebrei, sgrunt) nasce, mentre l’altro (quello degli arabi, faccina con lacrima) no. E da lì in poi, un po’ come qui era tutta campagna, lì era tutta una storia di violenza: dalla quale è esclusa, ovviamente, la guerra che gli arabi facevano a Israele il giorno stesso delle fondazione. Poi? Poi la legalità, perdinci. Il duo chiedeva infatti che l’Italia si impegnasse in ogni iniziativa volta «all’arresto del leader di Hamas Sinwar e del primo ministro israeliano Netanyahu». Richiesta equanime, dunque. Ma a tacere del fatto che si tratta solo di una richiesta dell’accusa (non siamo neppure al processo), non specificavano quali dovessero essere le iniziative: un girotondo all’Aia con l’invocazione a Karim Ahmad Khan di farci sognare?

In limine arrivava la mozione di PiùEuropa. Imbastita sulla premessa da dopolavoro Anpi circa «la pervicacia del governo di Netanyahu, che ha scelto la alleanza con le forze politiche israeliane nazionaliste e suprematiste» (la guerra di Gaza è la guerra del popolo in armi di Israele, non è la guerra dei suprematisti, razza di sconsiderati), la mozione piùeuropesca si chiude su una roba che se mettevi insieme De Mita, Forlani, Andreotti, Togliatti e Walter Veltroni al suo meglio non veniva tanto capziosa e inconsistente: impegnare il governo a negoziare il mutuo riconoscimento Israele/Palestina. Come? Boh, tanti modi, tra cui il riconoscimento dello Stato di Palestina. La mozione delle tre carte. Io te riconosco a te se tu me riconosci a me e mentre te nun me riconosci a me io te riconosco a te così il mutuo riconoscimento lo famo unilaterale in predicato di mutuo. Nel frattempo c’è da fare altro, dai Pride in cui i gay ebrei sono ammessi (altro che banditi!) a loro rischio e pericolo alle belle piazze per la pace con niente bandiere sioniste, che stonano.

Un filino meglio (va detto: non proprio dei bijoux, ma meglio) le mozioni di Italia Viva e di Azione, illustrate da oratori almeno capaci di ricordare che la guerra di Gaza è stata scatenata da chi ha sventrato Israele il 7 ottobre, e che meritano ciò che meritano le mozioni in cui non c’è una virgola sulla morsa antisemita che dopo ottant’anni torna a stringere l’Europa e l’Italia delle leggi razziali.

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