Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Dopo i primi giorni di pioggia, che hanno impattato negativamente sulla balneabilità della Senna per gli allenamenti del triathlon alle Olimpiadi, a Parigi è arrivato il caldo, quello vero e soffocante che in Italia stiamo sperimentando da settimane.
Martedì 30 luglio le temperature nella capitale hanno toccato i trentasei gradi centigradi; oggi pomeriggio e domani il termometro segnerà di nuovo più di trenta-trentuno gradi. Secondo le stime degli scienziati di Climate Central, il caldo di questi giorni nella capitale francese è reso quattro volte più probabile dai cambiamenti climatici di origine antropica, anche se è presto per stabilire con certezza una relazione diretta e immediata tra i due fenomeni.
Un dato, però, è assodato: rispetto ai Giochi del 1924, anno dell’ultima edizione parigina, le temperature medie durante il periodo delle Olimpiadi estive sono aumentate di 3,1 gradi centigradi. Sempre Climate Central, inoltre, spiega che a Parigi le giornate con massime pari o superiori ai trenta gradi sono quasi tre volte più frequenti rispetto a cent’anni fa.
«Siamo assolutamente nella “zona di pericolo”, soprattutto per gli atleti che si allenano ad alta intensità per periodi prolungati. Questo include sport come la corsa e la camminata su lunghe distanze, il triathlon e gli sport di squadra come l’hockey, con conseguente riduzione delle prestazioni e condizioni che includono svenimenti, esaurimenti da calore e colpi di calore», ha detto il fisiologo dello sport Mike Tipton.
Il caldo estremo – destinato a placarsi nella seconda metà della settimana – è stato un assist per parlare di clima alle Olimpiadi, andando oltre il nauseante greenwashing che caratterizza eventi del genere. In questo contesto è emersa la voce di Rhydian Cowley, marciatore australiano che a Tokyo 2020 si era classificato ottavo nella finale dei cinquanta chilometri della sua disciplina (a soli centotredici secondi di distanza dal primo classificato).
«Come persona che ha sperimentato in prima persona un colpo di calore, so quanto siano pericolose queste temperature estreme. Il corpo entra in modalità di spegnimento totale. Anche se gli atleti sulla linea di partenza questa settimana avranno fatto tutto il possibile, queste temperature brutali possono essere davvero evitate solo se smettiamo di bruciare combustibili fossili», ha detto il tre volte olimpionico.
Rhydian Cowley è un marciatore esperto e conosciuto nell’ambiente, ma non gode della popolarità dei migliori atleti olimpici: forse anche per questo si è sentito libero di andare dritto al punto, parlando con la chiarezza e la consapevolezza che spesso i grandi sportivi non hanno (quando i temi sono clima e ambiente, ma non solo). «Se lo sport vuole rispondere seriamente al cambiamento climatico, non è sufficiente che gli eventi diventino più sostenibili: devono anche separarsi dagli sponsor i cui prodotti a base di combustibili fossili ci stanno cuocendo qui fuori», ha aggiunto l’atleta australiano classe 1991, che gareggerà il 1 agosto (venti chilometri) e il 7 agosto (staffetta mista).