Fight ClubDonald Trump è il candidato ufficiale del partito repubblicano dopo un comizio da copione, con dettagli macabri

Il racconto della pallottola che raggiunge l’orecchio, le promesse di una rinascita energetica e della chiusura dei confini, poi molta improvvisazione e un discorso scombinato e il più lungo (95 minuti) della storia delle convention

Al termine della Convention nazionale repubblicana, il discorso di Donald Trump non ha lasciato nulla in sospeso: «Stasera, con fede e devozione, accetto orgogliosamente la vostra candidatura a presidente degli Stati Uniti». La nomina del Grand Old Party durante i novanta minuti più attesi dall’attentato di sabato 13 luglio è stata poco più che una formalità. Orecchio ancora bendato, il fight fight fight che rimbomba ancora come grido di guerra, con Jo Biden fuoriuso e pressato dai democratici di alto lignaggio come Barack Obama che sono a un passo dal convincerlo a lasciar perdere.

Un obiettivo fin troppo facile per Trump, seguire il copione di una identità di uomo nuovo, più umano e democratico, più family man,  cambiato nel profondo da una pallottola che l’ha ferito all’orecchio salvandogli la vita. Questo all’inizio, fin quando ha seguito il copione del discorso letto sul gobbo elettronico. Poi ha cominciato a divagare e a fare il Trump di sempre, complottista e vendicativo. L’ex presidente ha esordito con «non dovrei essere qui stasera» e si è dunque prodotto in un racconto dettagliato del suo incidente al comizio in Pennsylvania. Irridere la paura è diventata una leva per mostrarsi indomito alla platea: «Lo sapete che l’orecchio è la parte del corpo che sanguina di più? Me l’hanno detto i dottori ma devo dire che tutto quel sangue mi ha sorpreso molto».

I fan sfegatati del MAGA, che si aspettavano parole più a destra e più complottiste di quelle pronunciate fino a oggi dall’ex presidente e dagli altri oratori chiamati a sostegno nelle ultime tre serate di Milwaukee, sono rimasti probabilmente delusi per la svolta prosaica del discorso. Ma poi, a braccio, nel discorso più lungo della storia delle convention (95 minuti) li ha accontentati, con toni che sono risultati sconnessi rispetto all’avvio conciliante dello speech.

Ci si chiedeva anche chi sarebbe stato il nemico del giorno, il nuovo bersaglio da attaccare, invece niente di specifico, neppure quando si è allontanato dai toni più concilianti citando di sfuggita Biden, solo una volta, e parlando del Covid come arma di controllo politico. Ha più che altro attaccato i democratici per aver «militarizzato il sistema giudiziario», insistendo sul fatto che lui, nonostante i documentati tentativi di ribaltare le elezioni del 2020, è un difensore della democrazia. «Siamo una nazione sotto Dio, indivisibile con libertà e giustizia per tutti. E non dobbiamo criminalizzare il dissenso o demonizzare il disaccordo politico, che è ciò che sta accadendo nel nostro paese ultimamente a un livello che nessuno ha mai visto prima. In questo spirito, il Partito Democratico dovrebbe immediatamente smettere di usare il sistema giudiziario come arma e di etichettare i propri avversari politici come nemici della democrazia».

Con Biden in difficoltà, Trump ha continuato la sua campagna da cowboy al galoppo attraverso praterie sconfinate: «Quella di novembre sarà una vittoria incredibile». E infine la promessa di un futuro roseo che odora di benzina ed è tutto da trivellare: «I repubblicani hanno un piano per abbassare i prezzi e abbassarli molto, molto rapidamente. Tagliando i costi energetici, ridurremo a nostra volta i costi di trasporto, produzione e tutti i beni per la casa. Molto inizia con l’energia. E ricordate, abbiamo più oro liquido sotto i nostri piedi di qualsiasi altro paese».

Prima, aveva fatto parlare i suoi cavalli migliori, a cominciare da Tucker Carlson, il commentatore e showman di destra licenziato da Fox News lo scorso anno che ha vergato l’agiografia del nuovo Trump: «È molto cambiato dopo l’attentato in Pennsylvania, ora è il vero leader di questa nazione». Carlson fa parte dei “redenti” di Trump, quelli che, come J.D. Vence lo avevano ignorato o snobbato nel 2020 e che ora parlano da fan: «L’ho chiamato poche ore dopo l’attentato e non ha detto una sola parola su se stesso, si è soltanto sentito orgoglioso della folla, che non è scappata, evitando così i possibili danni della calca terrorizzata. Il suo coraggio ha dato coraggio al suo pubblico».

Momento di politica spettacolo con Hulk Hogan che sul palco di Milwaukee ha sfoggiato i suoi famosi baffi a manubrio e magliette e canotte con slogan e serigrafie trumpiane. Il wrestler pensionato ha sparato metafore da ring e dichiarato Trump «l’unico in grado di raddrizzare questo paese». Piedi di piombo invece sui temi delicati come l’aborto. Forse gli anti abortisti si aspettavano di più dall’intervento del predicatore Franklin Graham che si è limitato a dire che Trump ha lascito il segno anche su questioni spinose. Il figlio di Trump, Eric, ha invece puntato tutto sulla necessità di depotenziare le critiche che mettono in discussione il senso democratico del padre, rimanendo quindi distante dalla bravata.

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