Roberto Vannacci è una sorta di dottor Stranamore al contrario. In piena sintonia con il titolo del suo best seller. Nel film di Stanley Kubrick, l’irresistibile generale picchiatello non riesce a tenere a bada il braccio che scatta teso come un tic nel saluto nazista. A differenza del suo collega cinematografico, il nostro generalissimo leghista la guerra non la vuole in Ucraina e intanto applaude Viktor Orbán che fa la spola tra Vladimir Putin, Xi Jinping e Donald Trump per cercare la pace. O a riferire, come più probabile. Una vera serpe nel seno europeo. Ma il nuovo eurodeputato del Carroccio la guerra non la vuole, nel senso che Volodymyr Zelensky dovrebbe dire ai generali russi di accomodarsi a Kyjiv, con tutti gli onori, in attesa che lo zar russo sfili per le strade della capitale. Come fece Hitler a Parigi nel 1940.
Ma che si sono messi in testa questi ucraini, l’Europa stessa, che per lui è la mera espressione geografica e economica di singoli Paesi che singoli devono rimanere? Che si è messa in testa la Nato, che per lui non conta una “cippa”? Sentirlo dire da un militare in tutte le interviste fa impressione. In genere, questa categoria di funzionari dello Stato, le forze armate, è sempre stata legata a doppio filo alla Nato. Vannacci sembra odiarla. Dice a Repubblica che la Nato «non ha un reale ruolo nel conflitto russo-ucraino al di là dell’abbaiare di Stoltenberg».
Uno Stranamore al contrario, appunto. Ma a senso unico, perché l’Occidente dovrebbe mettere dei fiori nei loro cannoni, l’Ucraina riconoscere di appartenere alla Russia. Quindi se ciò necessita la guerra, va bene occupare, distruggere un Paese, bombardare ospedali pedriatrici, strutture civili e mandare al macello centinaia di migliaia di soldati russi. Allora è giusto «pugnare», che il verbo latino che ama usare il generale, che non voterebbe per mandare armi a Kyjiv. Ma Vannacci riconosce di essere fortunato perché le risoluzioni del Parlamento europeo non sono vincolanti. Mentre in Italia i voti in Parlamento lo sono e il suo partito finora li ha votati.
Adesso però Vannacci si sente il leader della Lega, pronto (ha detto ieri in un’intervista a Repubblica) a trasformare le sue cinquecentosessantamila preferenze delle Europee in uno tsunami.
È pronto a iscriversi al partito di Salvini. «Io sono un combattente e se si tratta di pugnare per un futuro migliore basato su più sicurezza, più tradizioni, più identità, più ricchezza e più sovranità ci sono». Pugnare contro Ursula von der Leyen che, sempre secondo il generalissimo Roberto, avrebbe provocato immigrazione incontrollata, due guerre alle porte dell’Europa e direttive liberticide con il Green deal. Viva l’Europa dei popoli e delle nazioni sovrane, abbasso «l’Europa della von der Leyen che è delle banche».
Salvini se lo coccola, del resto senza le cinquecentosessantamila preferenze la Lega sarebbe retrocessa a fanalino di coda dei partiti. In compenso è diventato tra i partiti più di destra in Europa, ma il paradosso è che neanche Rassemblement national di Marine Le Pen lo vuole vicepresidente dei Patrioti. E abbiamo detto tutto. Invece Salvini gli sta scaldando la poltrona e a Guido Crosetto, ogni volta che il generalissimo Roberto parla, gli si alza la pressione. Magari il vicepremier se lo porterà dietro a Washington quando andrà a incontrare Trump se malauguratamente dovesse diventare di nuovo presidente delle Stati Uniti. Non avrebbe, Salvini, la preoccupazione che alla Casa Bianca a Vannacci scatti il braccio teso.