Il percorso dell’Ucraina verso l’adesione alla Nato è già irreversibile. Ormai non è questione di se, ma di quando accadrà. È il punto chiave su cui hanno trovato convergenza gli alleati del Patto atlantico riuniti a Washington e che il segretario generale Jens Stoltenberg ha ripetuto nel suo discorso. Nella dichiarazione che ha chiuso i lavori di mercoledì si sottolinea infatti che l’Ucraina è «su un percorso irreversibile verso la piena integrazione euro-atlantica, compresa l’adesione alla Nato».
È un summit storico. Lo sarebbe stato in ogni caso perché celebra i settantacinque anni dell’organizzazione. Ma la dichiarazione di ieri certifica una volta per tutte che Kyjiv diventerà presto un nuovo Stato membro: un passaggio fondamentale che in futuro dovrebbe garantirle maggior sicurezza di fronte alla minaccia russa.
Alla vigilia di questo appuntamento l’obiettivo politico era superare la dichiarazione finale del summit dell’anno scorso, quello tenuto a Vilnius, in Lituania, l’11 e il 12 luglio 2023. Già allora si diceva: «Il futuro dell’Ucraina è nella Nato». Al momento l’aggettivo «irreversibile» è il grande elemento di novità. È quello che il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha definito «un ponte illuminato». Come a dire, l’Ucraina è incamminata verso l’adesione e non si torna più indietro.
È vero, tecnicamente nulla è irreversibile. «Sicuramente se un Paese fa passi indietro sulle riforme, rinnega i suoi impegni, per definizione, sta cambiando rotta. Ma non è quello che sta facendo l’Ucraina ora», ha detto Stoltenberg. Ma è chiaro che l’impegno politico e diplomatico della Nato è totale.
È ancora presto per dire quando avverrà l’integrazione. Da mesi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede ai leader occidentali una data, di disegnare un percorso da completare entro una scadenza prefissata. Ma sembra ancora troppo difficile da stabilire per i trentadue capi di Stato e di governo – e altri rappresentanti – arrivati a Washington.
In primo luogo perché il Trattato dell’Alleanza impedisce di fatto l’ammissione di un Paese in guerra. È per l’articolo 5 della Carta, che prevede, in caso di aggressione a uno Stato membro, l’intervento diretto di tutti gli altri. In secondo luogo c’è anche un discorso di procedure, che impedisce di prevedere in anticipo le tempistiche.
La guerra in corso però ha obbligato i leader dell’Alleanza a dialogare anche sul presente, sulle criticità attuali che non possono essere rimandate e che vanno trattate con realismo. L’Ucraina è sotto attacco da due anni e mezzo, la Russia non ha alcuna intenzione di fermarsi né di negoziare, e l’impegno di esercito e popolazione civile sembra non bastare mai. Come dimostra il missile del Cremlino che ha colpito l’istituto pediatrico Ohmadyt di Kyjiv a inizio settimana.
Per questo il segretario generale Jens Stoltenberg ha detto a Washington che gli alleati concorderanno su un pacchetto di aiuti «sostanziali» per l’Ucraina. Secondo diverse fonti, questo dovrebbe comprendere un impegno a lungo termine per non interrompere i rifornimenti militari; assistenza e addestramento alla sicurezza da parte del comando della Nato all’esercito ucraino; nuovi annunci di sostegno sulla difesa aerea; nuovi accordi bilaterali sulla sicurezza; un aumento del lavoro sull’interoperabilità dei diversi eserciti. Un progetto elaborato da tempo, che reggerà anche in caso di un cambio di leadership alla Casa Bianca, sarà a prova di Donald Trump.
«Tutti insieme, questi cinque elementi costituiscono un ponte forte per l’Ucraina verso l’adesione all’alleanza e sono fiducioso che gli alleati ribadiranno l’impegno affinché l’Ucraina diventi membro della Nato», ha detto Stoltenberg. Anche perché una vittoria russa non è ammissibile, rafforzerebbe i leader autoritari in Cina, in Iran e in Corea del Nord suoi alleati. «L’esito di questa guerra determinerà il sistema di sicurezza globale per anni», ha aggiunto Stoltenberg, che ha parlato del «più vasto piano di difesa dalla Guerra Fredda».
Il summit ha raggiunto un accordo per fornire all’Ucraina altri quaranta miliardi di euro di aiuti entro il prossimo anno. «Attraverso contributi proporzionali, gli alleati intendono fornire un finanziamento minimo di base di quaranta miliardi di euro entro il prossimo anno e fornire livelli sostenibili di assistenza alla sicurezza per far prevalere l’Ucraina», si legge nella dichiarazione del vertice. Molti Stati membri hanno fatto sapere che invieranno altre armi e pacchetti di aiuti militari in Ucraina. Stati Uniti, Italia, Germania, Paesi Bassi e Romania forniranno a Kyjiv altri sistemi di difesa aerea strategica Patriot nei prossimi mesi.
«La Nato può e difenderà ogni centimetro del suo territorio, e lo farà unita», ha detto Joe Biden concludendo il suo discorso, per ribadire che la spinta della Nato nel rafforzare la produzione militare «invia un messaggio inequivocabile al mondo: ogni membro della Nato è impegnato a fare la sua parte per mantenere forte l’alleanza, che sarà pronta per qualsiasi minaccia dovrà affrontare».
Inoltre, i governi di Paesi Bassi e Danimarca, secondo una nota rilasciata dalla Casa Bianca, invieranno i primi caccia F-16 verso l’Ucraina. I capi di governo dei due Paesi hanno detto che «l’Ucraina utilizzerà gli F-16 operativi quest’estate». Zelensky ha scritto su X di essere grato alla Danimarca, ai Paesi Bassi e agli Stati Uniti per aver adottato quelle che ha descritto come «misure pratiche di assistenza», e ha detto di sperare in maggiori donazioni per aumentare il numero di caccia disponibili fino a centotrenta, visto come obiettivo minimo per la difesa. «Gli F-16 saranno utilizzati anche per rafforzare la difesa aerea dell’Ucraina. Sono sicuro che ci aiuteranno a proteggere meglio gli ucraini dai brutali attacchi russi, come l’attacco di questa settimana all’ospedale pediatrico Ohmadyt a Kyjiv», ha detto il presidente. Anche Norvegia e Belgio si sono impegnati a fornire F-16 in futuro, e ci sarà sempre spazio per nuove forniture da altri alleati.
Ci sono stati anche altri accordi, sempre in funzione di contenimento della minaccia russa. Ad esempio, Danimarca, Lettonia, Belgio, Finlandia, Germania, Estonia, Polonia, Lituania, Norvegia e Svezia hanno sottoscritto una dichiarazione per rafforzare la cooperazione in materia di gestione delle mine marine e dello sminamento del mar Baltico. L’obiettivo in questo caso è migliorare la capacità di bonifica delle superfici marine, rafforzare le capacità di approvvigionamento di mine e stabilire una cooperazione per lo sviluppo di soluzioni logistiche per la gestione delle mine.
E ci sono, come di consueto, anche accordi bilaterali, come quello tra Stati Uniti e Germania per l’invio di armi a lungo raggio nel 2026. «Gli Stati Uniti inizieranno a distribuire sporadicamente le capacità di fuoco a lungo raggio della loro Multi-Domain Task Force in Germania nel 2026. Una volta pienamente sviluppate, queste unità di fuoco convenzionali a lungo raggio includeranno SM-6, Tomahawk e armi ipersoniche in fase di sviluppo, che hanno una gittata significativamente maggiore rispetto agli attuali fuochi terrestri in Europa», si legge nella dichiarazione congiunta.