Giapponesi e cinesi, coreani e libanesi, messicani e vietnamiti. Internazionali, etnici, stranieri, i ristoranti di cucina straniera riempiono i centri abitati di ogni dimensione. Ma come riconoscere un buon ristorante internazionale? Come districarsi tra ingredienti e tecniche di una cucina che non conosciamo? Hanno pensato a mettere un po’ di chiarezza Mariachiara Montera e Chiara Gavioli, entrambe creator specializzate nel settore del cibo e appassionate di ristoranti, note sui social come @maricler e @mangioquindisono. E lo hanno fatto con un Manifesto della cucina internazionale.
«A entrambe piace mangiare fuori e ci confrontiamo spesso sui ristoranti che frequentiamo, soprattutto se sono di cucina internazionale: è una cucina che ci piace esplorare, che studiamo, di cui compriamo i libri, che sperimentiamo in prima persona, su cui ci informiamo. Ci siamo trovate entrambe a cenare in posti che abbiamo trovato poco in linea con le recensioni: posti descritti come autentici e di buona qualità, che poi si sono rivelati frettolosi, poco curati, deludenti», racconta Mariachiara.
«Ci siamo chieste da dove nascessero quelle recensioni e ci siamo date un po’ di risposte, legate a diversi stereotipi diffusi. Innanzitutto, spesso si ha una scarsa informazione, ma è anche vero che le persone vedono il cibo internazionale come più economico rispetto a quello italiano, e quindi non sono propense a pagare un giusto prezzo. In genere, cioè, si ha un percepito più basso di quello che non è cibo italiano: un cibo fast, economico, non per forza regionale o locale», aggiunge Chiara.
Da qui l’idea di avviare un sondaggio, per raccogliere domande, dubbi, visioni sulla definizione e sulla valutazione di un ristorante internazionale che sia veramente autentico e di raccogliere ed elaborare i risultati per stilare un manifesto condiviso «di spunti e idee su come valutare una cucina diversa dalla nostra quando usciamo a cena, per capire quali parametri utilizzare per individuare l’autenticità nelle proposte».
«Con la nostra iniziativa, abbiamo invitato giornalisti e creator a suggerirci dei criteri con i quali riconoscere un buon ristorante di cucina internazionale: abbiamo creato un modulo Google e lo abbiamo inviato, insieme a una email con cui spiegavamo l’iniziativa. Sono emersi gli spunti che abbiamo raccolto nel manifesto: si parla di ingredienti freschi, di un uso audace di spezie ed erbe, ma anche della scarsa tendenza a italianizzare il menu», racconta Mariachiara.
Un’importanza fondamentale la rivestono anche «l’attenzione alla comunicazione e al personale dei suddetti ristoranti: molte persone ci hanno suggerito quanto conta la coerenza e la voglia di spiegare e raccontare», aggiunge Chiara.
Chiara e Mariachiara sono particolarmente attente all’utilizzo del termine internazionale e non etnico quando parlano di cucine straniere. «Per anni abbiamo usato – e molte persone continuano a farlo – il termine etnico per riferirci a cucine lontane. In questo termine però non c’è sempre una distanza geografica, ma a volte un elevarsi: qui la cucina e la cultura italiana (ed europea), lì le cucine altre, minoritarie e lontane. Se ci fai caso, la cucina etnica non è quasi mai quella che ci assomiglia nei linguaggi e negli ingredienti (nessuno chiamerebbe etnica la cucina americana o inglese), ma quella che ha codici diversi dai nostri. Nell’usare il termine internazionale, proviamo a riproporre un discorso meramente geografico».
E loro, Mariachiara e Chiara, come scelgono un ristorante straniero da provare? «Ci muoviamo molto tramite passaparola: amici che hanno viaggiato molto e che amano mangiare fuori, chef internazionali che vivono nella nostra città, recensioni da persone affidabili. Guardiamo le foto dei piatti, il menu, il locale. Cerchiamo di capire se proponga una cucina regionale o una rivisitazione gastronomica. L’approccio è molto diverso da quello della cucina italiana, o almeno di quella parte d’Italia che conosciamo: a meno che non abbiamo viaggiato in quel Paese, non è facile ricondurlo a una memoria o a una ricetta. Magari assaggi una certa cucina per la prima volta e da lì approfondisci con libri o ricette a casa, per informarti di più, o viceversa. Però ecco: se una cucina è sciatta e fatta male è evidente, che sia internazionale o non».
«Mangiare è una cultura fatta di gesti, rumori, piatti, ingredienti molto ampia e variegata, e non sempre abbiamo la capacità di mettere da parte le nostre abitudini, e abbracciare la curiosità», suggerisce Chiara. Il cibo, del resto, è influenzato anzi determinato dalla storia di un Paese, dalla sua caratterizzazione geografica, dal suo territorio, dalle evoluzioni delle vicissitudini che lo hanno interessato e ne hanno plasmato l’identità. E la curiosità è una caratteristica imprescindibili per scoprire cucine diverse e distanti dalle nostre.