La valanga di firme arrivata in così poco tempo ha generato nei promotori del referendum contro l’autonomia differenziata l’idea che il popolo italiano sia ultra-sensibile al tema e pronto in massa a recarsi ai seggi. È probabile che si tratti di un’illusione ottica. Dovuta al fatto nuovo rappresentato dalla possibilità di firmare il quesito referendario dal divano di casa senza cercare il mitico banchetto ove recarsi, fare un minimo di fila, esibire il documento e firmare. Tutto questo con quaranta gradi. Vero, per entrare nell’apposita piattaforma ci vuole il leggendario Spid ed effettuare tutta una procedura. Ma siamo tutti ormai abituati a operare sulla Rete per mille motivi: non è uno Spid in più o in meno che ci può fermare.
La novità introdotta dal Parlamento tre anni fa va benissimo, s’intende, perché agevola l’esercizio di un potere dei cittadini. L’errore è pensare che le cinquecentomila firme raccolte in pochi giorni autorizzino a dire che, vista questa spinta, il quorum (il cinquanta per cento più uno degli elettori) non sarà difficile da raggiungere. Come se venticinque milioni di italiani fossero una conseguenza meccanica dei cinquecentomila che hanno firmato. Di norma, il quorum non si raggiunge mai, o quasi mai. Poi tutto è possibile ma al momento nulla, a parte l’ottimismo della volontà, autorizza a farla così facile.
E poi la questione davvero seria è questa: se raccogliere le firme diventa così facile è evidente che l’istituto referendario rischia di diventare di uso comune. Di essere svilito dal suo abuso. Chiunque, o quasi, è in grado di raccogliere le firme necessarie grazie a Internet. Quindi bisognerebbe pensare ad alzare notevolmente il numero dei firmatari (più delle ottocentomila ipotizzate da Stefano Ceccanti) oltre forse a restringere le materie referendabili.
Una democrazia referendaria assistita e incoraggiata dalla tecnologia darebbe un colpo alla centralità del Parlamento (che a sua volta deve recuperare ruolo e credibilità) e metterebbe in mano a chiunque uno strumento così delicato. Meno che mai poi si dovrebbe pensare a una «via referendaria al campo largo», come fa balenare Riccardo Magi sentito da Daniela Preziosi su “Domani”, per il quale si dovrebbe cementare le opposizioni oggi sull’autonomia differenziata, domani su un referendum sullo Ius soli, dopodomani sulla cannabis. È una scorciatoia populista in risposta alla crisi della politica, un grillismo referendario che finirebbe con l’ammazzare la democrazia parlamentare, che in fondo è l’unica che abbiamo.