Nel mondo degli spirit si è in genere abituati alla figura dell’imbottigliatore, ovvero qualcuno che seleziona un distillato o un blend e lo imbottiglia con il proprio marchio, con la possibilità o meno che vengano menzionate le distillerie di origine. Ciò che ci si aspetta un po’ meno è che questo concetto venga traslato nel mondo della birra e quindi in un contesto di consumo molto più rapido e stagionale, con l’idea di un marchio collaborativo che mette insieme sotto un unico cappello le produzioni di diversi birrifici artigianali.
Il progetto in questione si chiama Testadariete e raccoglie il contributo di dieci birrifici artigianali italiani, rispondendo alle richieste di un mercato particolarmente dinamico, in cui occorre differenziarsi dalla concorrenza e farsi scegliere da un panorama di consumatori estremamente variegato, curioso verso i nuovi brand e anche in cerca di valori che vadano oltre la semplice bevuta.
C’è poi il tema dei nuovi consumatori, da avvicinare e fidelizzare. Roberto Mazzi, beer category manager di Compagnia dei Caraibi, racconta come si affrontano queste sfide, riflettendo sull’attualità del settore.
Birra e birra artigianale, produzioni, mercato e birrifici
Un’istantanea di come stanno andando i consumi e la produzione di birra in Italia la fornisce il recente report diffuso da AssoBirra. Nel 2023 se ne sono prodotti 17,4 milioni di ettolitri, un volume più o meno in linea con i livelli pre-Covid del 2019 (17,3 milioni di ettolitri), così come i consumi che si attestano sui 21,2 milioni di ettolitri. Oltre alla birra prodotta in Italia, sul nostro mercato lo scorso anno sono arrivati anche 7,4 milioni di ettolitri di birra importata, principalmente dalla Germania, seguita da Belgio, Paesi Bassi e Polonia. Noi, per contro, di birra ne abbiamo esportati 3,6 milioni, principalmente verso il Regno Unito, che ne ha assorbito il 44,1 per cento.
Di questi numeri la stragrande maggioranza dei volumi riguarda i brand dei grandi gruppi industriali, mentre una percentuale molto più contenuta riguarda le birre artigianali. Un dato difficile da calcolare con precisione: lo scorso anno AssoBirra ne stimava la produzione attorno al 3,1 per cento del totale, mentre il report di UnionBirrai parlava di una percentuale tra il 2,2 e il 2,8.
Il rapporto si inverte, se si considera invece il numero di birrifici attivi nel nostro Paese. Nel 2022 UnionBirrai ne contava più di milletrecento, di cui solo il due per cento sono grandi imprese con oltre cinquanta dipendenti. I microbirrifici sono la maggioranza netta: quelli con il due-tre dipendenti sono il 31 per cento, mentre le imprese individuali sono addirittura il 51 per cento del totale. Un panorama in cui, va da sé, i brand di birra sono tantissimi, spesso localizzati geograficamente anche a livello di mercato, ma con dinamiche che ormai non ne vietano la presenza anche in canali di distribuzione importanti.
L’unione fa la forza
In un contesto come questo la necessità di differenziazione e di innovazione della proposta ha portato alla nascita, in seno a Compagnia dei Caraibi, di un progetto molto specifico. Si tratta di Testadariete, un brand collettivo di birra che unisce più produttori artigianali italiani. «L’idea di dare vita a una beer firm collaborativa nasce dal desiderio di creare un laboratorio di sperimentazione e innovazione nel mondo della birra artigianale», spiega Roberto Mazzi, beer category manager dell’azienda. «Attualmente Testadariete collabora con dieci birrifici: Filodilana, 50&50, Canediguerra, The Wall, EDIT, Oltremondo, Zona Mosto, Collerosso, Blink Brewery e Birrificio Clandestino». Il luogo di produzione delle birre cambia di volta in volta e ogni etichetta nasce da uno scambio di idee. «Ci sediamo con il mastro birraio e il team per creare insieme una nuova referenza, che rifletta pienamente lo stile e l’essenza del birrificio, mantenendo così un legame forte con l’identità originale». L’obiettivo è sì far conoscere il brand collettivo, ma anche raccontare le singole storie artigiane che raccoglie.
Si realizzano così diverse referenze che vanno a comporre un’offerta fatta da più linee di prodotto. «Le Birre Daily sono quelle più facili da bere che ci permettono di allargare il mercato e far conoscere il mondo delle craft beer anche ai curiosi, che non hanno la pretesa di diventare geek della birra artigianale, ma solo di bere bene. Le Birre Extra si dividono in due macro-categorie: quelle più sperimentali, con affinamenti in botti di legno provenienti da Maison Ferrand, e quelle in limited edition, come la Père au Chocolat, pensata per il periodo natalizio e disponibile durante le feste».
Chiare e low alcol, ma anche free from, bio e di filiera
Se dinamico è il mercato da un punto di vista commerciale, dinamica è anche l’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Secondo l’ultima indagine diffusa da AssoBirra, in Italia la Lager si conferma la birra preferita, capace di mettere d’accordo le generazioni e scelta da un intervistato su due, seguita dalla Pilsner, amata dal 41 per cento dei consumatori. Tra le altre birre più apprezzate ci sono Blanche, Weiss, Indian Pale Ale, Belgian Ale e American Pale Ale.
Le birre chiare a basso tenore alcolico sono quindi un focus importante anche per la beer firm collaborativa, che può giocare tra le diverse produzioni per rispondere alle preferenze dei consumatori. «Abbiamo brassato due tipologie di Lager chiare, Hausbier e Pils, poi un grande successo continua a essere riscosso anche dall’American IPA e dalle sue varianti» spiega Mazzi, che sottolinea altri trend importanti, trasversali rispetto a più settori, ma che attraversano in pieno anche quello brassicolo. «Non possiamo poi non citare le esigenze del nuovo consumatore come il free from, il biologico e l’attenzione alla filiera. Per rispondere a queste richieste abbiamo dato vita a una American Pale Ale, certificata gluten free, e a una Italian Blanche bio, con il cento per cento degli ingredienti provenienti da agricoltura biologica italiana».
Inoltre, anche in fatto di preferenze, bisogna interpretare il fattore stagionalità. «I picchi di consumo vengono registrati durante i mesi primaverili ed estivi, mentre resta appannaggio dei veri appassionati durante il resto dell’anno», osserva Mazzi.
Attrarre nuovi consumatori
Giovane, informat* e curios*, in cerca di qualità, unicità e autenticità. Potrebbe suonare come un identikit perfetto per il consumatore di birra artigianale, ma basta questo per un brand che vuole affermarsi sul mercato? «La nostra idea è quella di avvicinare un pubblico sempre più vasto e diversificato al nostro universo, fatto di materie prime di qualità, birrifici indipendenti, storie da raccontare e know-how produttivo» sottolinea Mazzi, e aggiunge: «Se penso a sette-dieci anni fa ricordo un mercato della birra artigianale piccolo e dominato da pochi attori principali. La scelta era molto limitata e l’interesse per questo prodotto molto meno diffuso. Inoltre, i microbirrifici avevano più difficoltà ad accedere a tecnologie moderne e a canali di distribuzione efficienti. Oggi il numero di microbirrifici è aumentato grazie alla crescente popolarità del prodotto craft beer, l’offerta si è molto diversificata e i consumatori hanno accesso a una gamma più ampia di stili, brand e formati. Negli anni abbiamo assistito anche ad una professionalizzazione del comparto a 360 gradi, dalle fasi produttive, sempre più ottimizzate grazie all’automazione e alla scalabilità, alla distribuzione commerciale, dove si sono aperti nuovi canali sia on che off trade, fino alle strategie di branding che hanno visto nascere marchi con storie, filosofie e valori ben definiti, in grado di creare legami solidi con i propri consumatori». Un contesto dinamico e fiorente, in cui attrarre nuovi consumatori diventa fondamentale.
Il poker dei canali, dove si consuma la birra artigianale
Se tra i canali distributivi e di consumo è riemerso il fuori casa (+1,8 per cento nel 2023 e consumi pari a quasi otto milioni di ettolitri, secondo AssoBirra), viene da chiedersi quanto e come la birra artigianale, rispetto ai grandi brand, si collochi tra le varie tipologie di insegna della ristorazione.
«La birra artigianale in Italia ha fatto passi avanti nel raggiungere un pubblico più ampio, ma c’è ancora molto da fare per superare le barriere della distribuzione e della percezione del prodotto. I grandi nomi del mondo della birra industriale garantiscono al consumatore finale una scelta più veloce e sicura e al gestore del locale un margine di profitto più prevedibile», riflette il beer category manager di Compagnia dei Caraibi.
Così, sebbene una parte della ristorazione abbia capito che la birra merita la giusta attenzione – proponendo carte dedicate o addirittura menu in pairing – chi svolge un ruolo primario nella promozione della birra artigianale restano i pub e le birrerie, da sempre molto più concentrati su questa tipologia di prodotto. «Un grande sforzo va portato avanti anche in termini di formazione del personale presente dietro al bancone e al servizio ai tavoli. Su questo fronte ci impegniamo sul territorio con sessioni di formazione one-to-one a chi serve i nostri clienti, nuovi e non», specifica Mazzi. E sul fronte della clientela puntualizza: «Oggi i consumatori non hanno più bisogno di farsi spiegare le differenze tecniche tra una birra artigianale e una industriale. Il mercato, in continua evoluzione, necessita però di un approccio comunicativo ad hoc per raccontare gli aspetti legati alla storia e alla filosofia dietro ai brand e ai prodotti».
AI, nuove forme di comunicazione emozionale
Come si comunica dunque, con un consumatore che vuole sapere cosa sta per bere, scegliendo il proprio stile preferito o magari qualcosa di nuovo da scoprire? Comunicazione chiara e diretta. «Quando abbiamo pensato le etichette di Testadariete, abbiamo deciso di mettere sul fronte tutte le informazioni necessarie per identificare la birra, con un formato facile da scansionare e da leggere, senza penalizzare lo spazio dedicato all’immagine».
Per quest’ultima la scelta si è invece orientata sull’AI generativa, come nella produzione, sulla collaborazione. «Testadariete è una collaboration beer con i birrifici, può diventarlo anche con artisti in edizioni collettive o personali» racconta il beer category manager. «I primi artisti a esporre sulla Linea Daily di Testadariete sono il Collettivo Intelligenza Artificiale Generativa, che hanno ricevuto da noi un brief completo su ciò che ogni birra ci comunicava a livello intangibile: le sensazioni, i ricordi, i colori. Ad esempio, per la American Pale Ale abbiamo chiesto al Collettivo Intelligenza Artificiale Generativa di unire una skyline idealizzata, una città che accoglie i viaggiatori e li proietta in un mondo visivamente unico. Il colore della Statua della Libertà ci porta poi a New York e il dinamismo dell’arancione è un brulicare di vite che animano la città. Dopotutto l’American Pale Ale è il nostro “Benvenuto in America!”, la nostra Ellis Island, il portale di ingresso nel nuovo mondo per chi ancora non parla la lingua delle birre artigianali, un profilo familiare per chi vuole viaggiare oltreoceano con il pensiero e il gusto».
Emotività e valori intangibili, legati a un prodotto. Chissà che non sia questa la via d’accesso al cuore delle generazioni più giovani.