I responsabiliNetanyahu è criticabile, ma solo da chi spiega che Israele combatte chi vuole sterminare gli ebrei

La risposta che il direttore del Corriere, Luciano Fontana, ha dato a un suo lettore circa le responsabilità israeliane è decisamente incompleta: critica Gerusalemme per i troppi morti civili, ma dimentica di spiegare che Hamas li ha volutamente usati come carne da martirio

AP/Lapresse

Gentile Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, l’altro giorno, rispondendo a un lettore che le domandava un suo parere circa l’imperante pregiudizio anti-israeliano e anti-ebraico, lei scriveva: «Il Corriere ha ripetutamente criticato il premier Netanyahu (sarebbe un bene che lasciasse al più presto) per l’azione condotta a Gaza, responsabile di migliaia di morti tra la popolazione civile».

Il suo lettore non saprà – e, se lo saprà, non sarà grazie alla risposta che lei ha ritenuto di dargli – che «l’azione condotta a Gaza» è stata programmata e decisa dal governo di unità nazionale dello Stato di Israele, e attuata dal popolo in armi di Israele. Un’azione programmata, decisa e attuata per la neutralizzazione delle forze del male genocidiario che vogliono distruggere Israele e uccidere gli ebrei. Le forze del male che vogliono farlo e lo hanno fatto il 7 ottobre rendendosi responsabili del più grave e selvaggio eccidio di ebrei dal tempo della Shoah. Le forze del male aiutate dagli Stati canaglia e dalle agenzie della cooperazione internazionale che compilavano rapporti sui crimini israeliani mentre coprivano i propri dipendenti embedded nei battaglioni degli sgozzatori, stupratori e rapitori del Sabato Nero.

Lei, direttore Fontana, scrive al suo lettore che quel primo ministro, conducendo l’azione di Gaza, si è fatto «responsabile di migliaia di morti tra la popolazione civile». Il suo lettore non saprà – e, se lo saprà, non sarà grazie a ciò che lei gli ha scritto – che a fare quelle migliaia di morti sono stati, prima, quelli che hanno cominciato la guerra contro Israele e contro i civili israeliani e poi quelli, gli stessi, che hanno adoperato come sacchi di sabbia e carne da martirio i propri civili.

«Abbiamo condannato», lei spiega al suo lettore, «la politica espansionistica delle colonie che cancella ogni possibilità che si realizzi la possibilità di «due popoli, due Stati»». Se non che (magari il suo lettore lo ignora, ma lei non lo ignora) la «possibilità che si realizzi la possibilità» di quella soluzione dipende in misura assai modesta da quella pretesa politica espansionistica e, in ben altra e plateale misura, dai voli dai tetti al suolo che i macellai di Gaza – svuotata di israeliani – facevano fare ai palestinesi che, dopo aver riconosciuto Israele, si apprestavano a qualche non improbabile attuazione dei piani di pace di qualche anno prima.

Ciò che lei narra nel prosieguo della sua lettera al suo lettore – la «rimozione del gravissimo massacro del 7 ottobre», «la negazione del diritto di Israele di esistere», l’»antisemitismo ricorrente che vuole colpire gli ebrei in quanto ebrei», eccetera – rappresenta esattamente il male contro cui combatte non già un primo ministro criticabilissimo, ma il popolo in armi di Israele che uccide quelli che vogliono distruggerlo. E che, quando uccide la popolazione civile, non lo fa perché vuole ucciderla, ma perché le forze del male aiutate dagli Stati canaglia e dalla cooperazione internazionale rispettivamente usano e lasciano che sia usata quella popolazione a protezione di un intrico di tunnel e delle scuole, delle chiese, delle moschee, degli ospedali adibiti ad altrettanti bunker.

Magari una sua prossima lettera a qualche suo lettore interessato potrebbe comprendere queste piccole verità di completamento. Senza le quali è tutto falso.

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