Pubblicità verde Le organizzazioni per il clima che spingono la campagna elettorale di Kamala Harris

Negli Stati Uniti c’è chi è disposto a pagare per spiegare ai cittadini come gli investimenti nelle rinnovabili possano avere impatti positivi sull’economia e sul tenore di vita della classe media. Per smuovere le coscienze, gli inserzionisti pro-dem stanno mantenendo una narrazione antropocentrica e utilitaristica, senza soffermarsi troppo sui benefici ambientali e climatici

AP Photo/LaPresse (ph. J. Scott Applewhite)

«I prezzi sono troppo alti. Kamala Harris lo sa e sta facendo qualcosa a riguardo». A parlare è una voce fuori campo, mentre una donna cammina tra le corsie di un supermercato e un’altra fa il pieno alla sua auto. «Harris triplicherà la produzione di energia pulita in America, facendo risparmiare alle famiglie ottanta dollari al mese sulle bollette energetiche. E affronterà le speculazioni sui prezzi da parte delle grandi compagnie petrolifere. Donald Trump invece farà solo un altro enorme taglio fiscale in favore di quelle aziende».

Il video dura trenta secondi, si intitola “Vulnerable” ed è uno dei tre spot lanciati lunedì 19 agosto negli Stati Uniti per sostenere la corsa di Kamala Harris alla presidenza. Dietro all’operazione non però c’è il Partito democratico, ma un gruppo di organizzazioni impegnate nella lotta al cambiamento climatico. Sono il L.C.V. Victory Fund, ossia il braccio politico della League of conservation voters; l’E.D.F. Action votes, parte dell’Environmental defense fund; la Climate power action, che si occupa di comunicazione; e, ultimo ma non ultimo, il “super Pac” (Political action committee) democratico Future forward. Finora il gruppo ha investito in questa campagna ben cinquantacinque milioni di dollari, e ha dichiarato che continuerà a promuovere la diffusione degli spot negli Stati dove il risultato delle elezioni è più incerto.

Vantaggi per tutti?
Si tratta di un’operazione interessante, da diversi punti di vista. Il messaggio contenuto nei video è chiaro: «La visione di Kamala Harris è centrata sul supporto alle famiglie lavoratrici, con interventi che vanno dalla riduzione delle bollette energetiche alla creazione di nuovi impieghi in settori in crescita come l’energia pulita», ha sintetizzato in un comunicato Chauncey McLean, presidente di Future forward. «Donald Trump – aggiunge – invece pensa solo ad aiutare le grandi aziende come le compagnie petrolifere a guadagnare sempre di più». 

Siamo di fronte quindi a una decisa scelta strategica dei finanziatori: hanno preferito accendere i riflettori innanzitutto sui vantaggi economici di politiche più sostenibili, facendoli prevalere rispetto a obiettivi come la conservazione della natura o la mitigazione del riscaldamento globale. Come notato dalla giornalista Maxine Joselow in un suo articolo per il Washinghton Post, non sembra che Future Forward e gli altri stiano spingendo perché Harris superi in ambizione Biden per quanto riguarda tutela degli habitat o il taglio delle emissioni, tanto che i tre video «non menzionano mai esplicitamente il termine climate change».

Eppure, secondo gli ideatori della campagna, una narrazione antropocentrica e utilitaristica potrebbe davvero smuovere i votanti. «Gli spot intendono inquadrare le attuali politiche climatiche del presidente Biden e quelle future di Harris in termini di benefici economici piuttosto che ambientali», ha scritto in proposito Maggie Astor sul New York Times. La scorsa settimana, i giornalisti del New York Times hanno potuto analizzare i video in anteprima rispetto alla loro diffusione su larga scala. Le inserzioni, continua Astor, «arrivano quindi a toccare anche questioni non direttamente legate al clima. […] In effetti i sondaggi mostrano che molti elettori statunitensi sono allarmati dal cambiamento climatico, ma in generale pongono l’economia più in alto nella loro lista di preoccupazioni». 

Selezionare il pubblico
L’idea di una rivoluzione verde in grado di risollevare il tenore di vita dei cittadini viene peraltro ripresa in tutte e tre le pubblicità. Oltre al video intitolato “Vulnerable”, abbiamo “Our Side”, in cui si parla di come Kamala Harris abbia condotto (in qualità di procuratrice distrettuale) battaglie coraggiose contro compagnie petrolifere inquinanti e grandi banche, e poi “Defining Goal”, incentrato sul proposito dei democratici di «rafforzare la classe media americana» e creare posti di lavoro sicuri grazie agli investimenti in energie rinnovabili.

I finanziatori hanno individuato con precisione anche il target preferenziale delle tre “pubblicità”. Come si legge sul sito di League of conservation voters, «la campagna è destinata innanzitutto agli stati in bilico – Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin, insieme al Secondo Distretto Congressuale del Nebraska. Include inoltre un grande investimento in piattaforme digitali come YouTube, oltre a pubblicità diffuse su reti televisive e via cavo. Nel corso della campagna, i principali pubblici destinatari saranno elettori neri, latini e giovani».

Intanto, negli stessi giorni in cui gli spot venivano diffusi, alla Convention democratica non si è parlato molto di clima. Nella serata del 22 agosto, Deb Haaland (segretario agli Interni di Biden) ha detto che Trump ha reso più semplice per le grandi compagnie inquinare e sfruttare le risorse. Ha citato i casi passati in cui Harris ha sostenuto i cittadini contro le compagnie petrolifere, gli stessi dello spot “Our side”. 

Maxwell Frost invece (il primo Gen Z eletto al Congresso) ha detto: «Come uomo della Florida, sono qui per dirvi che la crisi climatica non è una minaccia lontana. È già qui. Trump e Vance pensano di poterci dividere dicendo che questa crisi è una specie di bufala. Ma io ho camminato per le strade di comunità che sono state già costrette a ricostruire dopo che gli uragani hanno distrutto le loro case». Poi ha citato la creazione di nuovi posti di lavoro legati alla crescita delle rinnovabili.

Un dibattito aperto
Ma torniamo agli spot, che sui social hanno ricevuto consensi da parte di chi sostiene la candidatura di Harris, ma anche qualche critica. Su X, ad esempio, gli articoli che riportano la notizia non attirano solo l’attenzione di chi è in disaccordo con il messaggio dei video, ma anche di chi avanza dubbi – in modo più o meno argomentato – sulla legittimità degli aiuti alle campagne elettorali da parte di grandi organizzazioni esterne ai partiti e “super Pac” (come Future Forward).

I Political action committee o Pac – e ancor più i cosiddetti “super Pac” – sono infatti attori influenti e controversi della politica statunitense. Basti pensare che, nel 2016, Bernie Sanders rivendicò con forza il fatto di aver organizzato la propria candidatura alle primarie del Partito democratico senza ricevere il supporto di nessun “super Pac”. Pochi giorni fa, durante la convention dei dem a Chicago, Sanders ha anche ribadito questa sua posizione, chiedendo di bandire i “super Pac” almeno dalle primarie dei partiti.

In sintesi, si tratta di organizzazioni che raccolgono fondi per sostenere candidati o singole cause. I Pac possono donare direttamente alle campagne dei candidati, ma sottostando a dei limiti sulla quantità di denaro messa a disposizione. I “super Pac”, invece, non sono autorizzati a donare ai candidati né a collaborare con i loro team, ma possono spendere somme enormi per influenzare le elezioni attraverso pubblicità sui media tradizionali o online e altre attività, purché rimangano formalmente indipendenti dalle campagne ufficiali. L’origine di questi fondi è spesso opaca, e i “super Pac” vengono accusati di influenzare troppo (e in modo interessato) le scelte dei votanti.

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