Dopo la vittoria elettorale del 4 luglio il primo ministro britannico Keir Starmer aveva individuato numerose aree di lavoro per i suoi primi cento giorni di governo, ma non aveva di certo previsto di dover gestire le proteste più violente dell’ultimo decennio nel paese. L’ondata di rivolte che ha attraversato l’Inghilterra e l’Irlanda del Nord dopo l’accoltellamento di tre bambine a Southport ha segnato in maniera indelebile l’estate laburista e le prime settimane al potere. Tra le altre cose, la disinformazione online sull’identità del presunto assassino ha scatenato violenze da parte dei manifestanti di estrema destra, spinti dalla retorica anti-immigrazione. Centinaia di persone coinvolte nelle proteste sono state arrestate e molte di loro hanno ricevuto dure pene detentive.
La risposta di Sir Keir è stata incredibilmente ferma, soprattutto per le condizioni in cui è arrivata: un governo appena eletto e una fase di transizione politica da gestire in piena estate, con equilibri da ricostruire per un partito tornato al potere dopo ben quattordici anni. L’inizio in salita non ha scoraggiato Starmer, che ha ridimensionato le rivolte con una ferrea macchina governativa, inviando rinforzi da una regione all’altra per prevenire ulteriori disordini e arrestare i responsabili durante e dopo le proteste.
Secondo un recente sondaggio Opinium reso noto dall’Observer, gli elettori hanno dato un ampio consenso alla gestione del governo, inclusi i provvedimenti contro coloro che incitano all’odio razziale e alla violenza online (con sommo dispiacere per il patron di X Elon Musk). La maggior parte degli elettori ritiene che la risposta del governo alle rivolte sia stata proporzionata ed efficiente. Luke Tryl, direttore britannico della società di ricerca More in Common, che ha svolto dei sondaggi sul tema, ha dichiarato: «L’approccio duro di Starmer nei confronti dei rivoltosi è stato sostenuto dal pubblico, la maggioranza del quale disapprova le rivolte e vuole vedere la piena forza della legge applicata contro coloro che commettono violenze».
In effetti, l’elettorato britannico è una somma di varie tendenze: è duro su temi come crimine, sicurezza e immigrazione (c’è un ampio sostegno per l’uso di cannoni ad acqua, taser e gas lacrimogeni contro i rivoltosi), ma tende a sinistra sull’economia, favorendo l’intervento statale e una tassazione più alta per i ricchi. «Starmer è probabilmente più vicino all’opinione pubblica rispetto ai suoi predecessori», ha spiegato Tryl: il primo ministro è la miglior rappresentazione del sentire politico britannico in questo momento.
Il suo approccio deciso sulle questioni di giustizia e sicurezza arriva da lontano, dalla sua ampia esperienza legale culminata nel ruolo di direttore nazionale della Pubblica accusa. Non sono molti i politici di primo piano che hanno gestito un’importante amministrazione civile prima di entrare in politica e per sottolineare la contrapposizione verso i suoi predecessori, Starmer ha anche deciso di cancellare le sue vacanze in famiglia dopo lo scoppio delle rivolte.
A questo background legale Starmer unisce un’ispirazione riformista, che combina misure come la nazionalizzazione delle ferrovie e la nascita di una società energetica green, collocando il nuovo Labour al centro dell’opinione pubblica. Non c’è nessun candidato alla leadership dei Tories che sia altrettanto allineato con gli elettori e per il Labour questa è un’occasione da non sprecare: un recente sondaggio ha ipotizzato che anche un quarto di coloro che hanno sostenuto i conservatori alle elezioni considererebbe di votare Labour in futuro. Questo perché il nuovo Partito laburista non si è fatto problemi a prestare attenzione verso sicurezza e ordine pubblico, temi considerati da alcuni come «identitari» di un certo tipo di destra e quindi intoccabili per un partito di centrosinistra.
Al riguardo, uno dei capitoli del manifesto elettorale del Labour era intitolato «Take back our streets» («Riprendiamoci le nostre strade»), presentando l’obiettivo di contrastare i comportamenti illeciti con un maggior numero di poliziotti di quartiere, nuove pene per i trasgressori e un piano per «eliminare i coltelli» dalle strade, oltre a un’unità specializzata in stupri in ogni forza di polizia. Il nuovo Labour, poi, si è distinto rispetto ai sovranisti tutti «chiacchiere e distintivo» e ha deciso di agire concretamente: la risolutezza di Starmer è emersa in modo particolare nella gestione dei disordini, ma non solo. Il leader laburista è stato deciso sulla questione ucraina, consentendo che la maggior parte delle armi pesanti prodotte nel Regno Unito fossero impiegate per l’incursione nella regione russa di Kursk; ha spinto su temi come le politiche abitative, i servizi pubblici e le misure green; ha affrontato i Tories, sottolineando a più riprese i disastri della loro amministrazione.
Intervenendo ieri in un discorso programmatico da Downing Street, Sir Keir ha affermato che i conservatori hanno danneggiato non solo l’economia ma anche la società. Nella sua precedente vita da legale, Starmer era capo procuratore quando nel 2011 scoppiarono rivolte simili a quelle di questa estate. Ripensando a quel periodo, ha detto: «Non dubitavo che i tribunali potessero fare ciò che era necessario fare. Questa volta – per essere onesto con voi – non lo sapevo davvero. Ogni giorno, letteralmente ogni giorno, dovevamo controllare il numero preciso di posti disponibili nelle carceri e dove si trovavano, per assicurarci di poter arrestare, accusare e perseguire le persone rapidamente». Nell’interpretazione di Starmer, i rivoltosi sapevano che «il sistema era danneggiato» dopo anni e anni di malgoverno conservatore, e credevano di poter compiere atti di violenza perché non sarebbero stati arrestati o perseguiti: «Hanno visto le crepe nella nostra società dopo quattordici anni di fallimenti e ne hanno approfittato».
Le sfide più grandi per Starmer però devono ancora arrivare. Ha fermato i disordini, ma adesso deve intervenire sulle loro cause, come il malcontento per lo stato dell’economia britannica e dei servizi pubblici, dal servizio sanitario all’edilizia fino alla condizione delle strade. In un articolo sul Times di questa settimana, il premier ha scritto che «il roseto di Downing Street è diventato un simbolo del marciume nel cuore del governo» e che ripristinerà la fiducia dei cittadini nei confronti di Westminster. I Tories, «con le loro buffonate da giardino non hanno solo rotto un’altalena, hanno rotto qualcosa di ancora più fragile e prezioso: la fiducia del popolo britannico nella politica e nei suoi politici».