Imprenditoria spiritosa Cosa c’entra una distilleria valdostana con Napapijri

Il racconto della distilleria Saint Roch, dai grapat alla prima donna con la patente per il camion. Un pezzo di storia della Valle D’Aosta, che sconfina un po’ anche nell’abbigliamento sportivo

Distilleria St. Roch

Se ci si chiedesse che cos’è una distilleria, la risposta sarebbe un posto in cui si producono distillati, liquori, amari o whisky. Ponendo la stessa domanda a Nicola Rosset, proprietario della distilleria Saint Roch di Quart, non lontano da Aosta, la risposta cambia. «Una distilleria è specialmente un luogo di aggregazione, un posto dove c’è sempre vita».

All’uscita dell’autostrada A5, verso Aosta, la Distilleria Saint Roch dà il benvenuto o il bentornato ai viaggiatori. È il primo stabilimento che si incontra e, per i valdostani, commentare la temperatura esterna segnalata dallo storico orologio posto sulla facciata della distilleria è un’abitudine consolidata: «Caspita! Ci sono solo quattro gradi» oppure «Addirittura, fa caldo anche qui».

Distilleria St. Roch

Nonostante la rassicurante vista della distilleria, rimane la curiosità sulla magia che avviene lì dentro, in questa struttura rinnovata da poco, con l’insegna Levi Ottoz Saint Roch.

Facciamo chiarezza: Saint Roch è il nome della distilleria, Levi e Ottoz identificano alcune linee di produzione e sono principalmente i cognomi delle famiglie di distillatori che hanno fatto la storia della Valle d’Aosta.

I Levi, di cui abbiamo tracce dal 1700, sono originari di Campodolcino e sono distillatori da sempre. Di mestiere facevano i grapat, ovvero, minuti di un distillatore portatile montato su un carretto, viaggiavano nelle zone vitivinicole e distillavano la vinaccia. Molti dei sette figli di Angelo Levi, il capostipite, continuarono l’attività sparsi tra Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta; oggi ricordiamo Serafino – padre di Romano Levi della distilleria Levi di Neive – e il primogenito Guglielmo, il nonno di Nicola Rosset.

Immagine storica di Borgo Sant’Orso

Il nonno Guglielmo, che sposò una Levi, anche lei figlia di distillatori, all’inizio del secolo scorso fondò la sua distilleria nel centro della città di Aosta. Del nonno Nicola ha un ricordo dolcissimo: «Trascorrevo le mie estati in distilleria e il nonno badava a me, viziandomi e trasmettendomi inconsciamente l’amore per questo mestiere. Ammiravo la sua maestria nel riconoscere la qualità delle vinacce al primo sguardo; ne identificava la bontà solamente tastandole».

Nicola passa gran parte della sua infanzia nel cortile della distilleria e la domanda su quali emozioni prova ricordando quei momenti è quasi scontata.

«Nel periodo di distillazione, la distilleria era sempre viva: si accendeva il forno e non si spegneva più fino al completamento. C’era un via vai di carretti e di Ape Piaggio carichi di vinacce, che venivano scaricati a mano; un lavoro fisico immane. Oltre alle famiglie dei miei genitori, già numerose, in distilleria arrivavano tanti amici e l’appartenenza alla collegiata di Sant’Orso – la chiesa del quartiere – era una forza inaudita di coesione. Mio papà, di origini valdostane, parlava patois (il dialetto franco-provenzale) con gli ospiti e i clienti mentre mia mamma interagiva in piemontese e la cosa che ancor’oggi più mi affascina è che tutti si capivano perfettamente. I miei ricordi sono legati a questi momenti: al profumo delle vinacce esauste e all’allegria della vita in distilleria».

Nicola Rosset ©elegreco

In Valle, si ha un ricordo molto vivo anche della mamma di Nicola, la signora Natalina Levi: la colonna dell’azienda. I concittadini che l’hanno conosciuta o hanno lavorato per lei la ricordano come una generalessa sempre vigile ed estremamente giusta e generosa. «Riciclava il rotolo di carta della calcolatrice, usandolo due volte, ma era capace di gesti di grande altruismo. Sapeva dividere il lavoro dalla vita privata».

Nicola racconta che la signora Natalina, nata negli anni Trenta, fu la prima donna a prendere la patente del camion nel ’65, per accompagnare il padre Guglielmo a ritirare le vinacce direttamente nelle vigne. Pensare oggi che alla fine degli anni Sessanta vi era una donna alla conduzione di una distilleria, nonché al volante di un camion, in una regione tradizionalista, è una avveniristica dimostrazione di empowerment femminile.

Barricaia, Distilleria St. Roch @Guglielmo Levi

La storia della famiglia Levi, negli anni Novanta, vira inaspettatamente in un’altra direzione. Pur mantenendo l’attenzione sulla storica attività di famiglia, i due fratelli Nicola e Giuliana decidono di produrre una linea di zainetti sportivi collaborando con alcuni stilisti piemontesi. Grazie a una buona dose di spirito imprenditoriale nei propri geni, la famiglia Rosset passa dalla produzione di zaini all’abbigliamento sportivo (giacche, zaini, maglieria, calzature) e fonda il marchio Napapijri che in poco tempo diventa un brand internazionale.

Il marchio Napapijri – che in finlandese significa circolo polare artico – è rappresentato dalla bandiera norvegese, scelta in onore degli esploratori che compirono numerose spedizioni ai due poli nei secoli scorsi. Per avere un’idea del volume d’affari basta uno sguardo su Wikipedia: l’azienda è infatti stata venduta nel 2004 per una cifra superiori ai cento milioni di euro.

Perché vendere quindi un’attività così redditizia? «Questa attività – continua Rosset – in qualche modo ci ha sovraesposto e ci ha allontanati dal territorio e dalla comunità. Io, seppure di origine piemontese e valdostana, mi sento molto più vicino alle mie radici valdostane. E poi sono talmente innamorato della distillazione, in un modo che faccio quasi fatica a raccontare».

Distilleria St. Roch

Oggi in Saint Roch si distilla il novantacinque per cento delle vinacce valdostane e la distilleria è alimentata al cento per cento da energie rinnovabili grazie a duemila metri quadrati di pannelli fotovoltaici; Nicola racconta che quella di Aosta è l’unica distilleria in Italia con un tale apporto di energia rinnovabile. La sostenibilità e l’attenzione per il territorio sono degli elementi sui quali la distilleria investe molto per la propria crescita.

«In Valle d’Aosta non potremo mai fare grandi quantità, ma possiamo fare una grande qualità curando tutta la filiera. Vogliamo continuare a produrre dei prodotti di origine locale, ma di qualità internazionale. Il legame con il territorio è fondamentale; nella nostra regione c’è la concessione di poter distillare privatamente ed è importante non solo perché fa parte della nostra cultura, ma perché, a mio avviso, solo chi fa un prodotto sa riconoscere la qualità nel prodotto altrui».

Per valorizzare i piccoli lotti, la distilleria nel 2022 ha scelto due alambicchi discontinui a bagnomaria prodotti da Barison, totalmente alimentati dall’energia prodotta autonomamente. «La distillazione frammentata deve essere in grado di raccogliere il massimo della qualità da poche vinacce che dobbiamo essere abili ad assemblare, i conferitori hanno pochi ettari e la differenza produttiva tra alta e bassa valle è ampia». Avevamo approfondito la viticoltura della regione in questo articolo.

©StopdownSC

Il catalogo della Distilleria Saint Roch esalta, come ha spiegato Rosset, i prodotti locali; oltre al gin distillato in discontinuo con ginepro selvatico, alla grappa di Fumin – un vitigno a bacca nera autoctono valdostano – agli amari a base di menta di Morgex o di zafferano prodotto dalla loro azienda agricola, la distilleria punta sul Genepì.

Il Genepì è un liquore prodotto tradizionalmente in Valle d’Aosta e Piemonte, ricavato dalla pianta di artemisia (nelle specie glacialis, petrosa, genipi). La pianta cresce spontaneamente sopra i duemila metri e ha proprietà aromatiche e digestive; per la produzione industriale si utilizza il genepì coltivato al di sopra dei 1350 metti. Il Genepì della Valle d’Aosta (o Génépy de la Vallée D’Aoste) è una vera e propria Indicazione Geografica Protetta e il disciplinare prevede un titolo alcolometrico minimo del venticinque per cento e una quantità minima di pianta secca di quattro grammi per litro.

©StopdownSC

«Siamo stati la prima azienda che nel 2020 ha lanciato sul mercato l’Artemisia Genepì della Valle d’Aosta Igp. Il Genepì è un prodotto raffinatissimo, l’abbiamo fatto in infusione, in distillazione e in sospensione. Per me il Genepì è l’essenza della montagna».

Da qualche anno la Distilleria ha iniziato anche ad affinare il whisky. Anche in questo caso la filiera è corta, l’orzo infatti proviene dall’azienda agricola di Rosset. Si dovrà però aspettare ancora un po’ prima di poterlo assaggiare e per ora ci si deve accontentare di vederlo affinare dentro le barrique di rovere nella barricaia della distilleria.

Barricaia, Distilleria St. Roch @Guglielmo Levi

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