Bere non basta Il bicchiere che libera le bollicine

Il cameriere diventato designer suo malgrado, per servire meglio le bollicine e dare più valore al vino, si cimenta con una nuova creazione

Luca Bini

Provate a entrare in un qualsiasi supermercato nel tardo pomeriggio, o nella prima serata, tra le 18 e le 19 di un giorno dell’anno a vostra scelta, superate il banco della frutta, sorvolate sulle corsie dedicate alla prima colazione, alla pasta secca, ai surgelati, e raggiungete in tutta calma il settore dedicato ai vini bianchi e rossi, agli spumanti e ai prosecchi. Fermatevi e osservate. Molto probabilmente vi ritroverete a spiare un cliente particolarmente ben vestito, quasi certamente senza un carrello che gli tenga compagna, intento a leggere etichette e soppesare bottiglie ben curate. Non è difficile intuire che si tratti di qualcuno invitato a una cena a casa di amici, parenti, a un appuntamento di coppia, magari non il primo, al quale ha pensato bene di presentarsi portando in dono una bottiglia di buon vino.

È un’immagine che appartiene alla nostra quotidianità, alla nostra cultura, alla quale ci sarà capitato di prendere parte, in un modo o nell’altro, perché da decenni ormai il beverage ha assunto sulla nostra tavola un ruolo importante, tanto da esser diventato dono gradito, una scelta studiata nel menu, ben abbinata ai piatti nei migliori ristoranti, che ha creato professionalità e che vanta ormai un gran settore industriale alle spalle.

Eppure tutto questo studio preliminare spesso si sfalda nel momento più importante, ossia quello in cui il contenuto passa dalla bottiglia al bicchiere, per poi essere finalmente sorseggiato dal fortunato consumatore. Infatti se per ragioni tanto ecologiche quanto legate al gusto e all’estetica, la tendenza a usare bicchieri di plastica per brindare sta finalmente scemando, è altrettanto vero che in pochi conoscono la differenza tra una flûte e un calice da vino e quando o perché sia il caso di usare l’uno o l’altro. Tra quei pochi figurano, per fortuna, gli addetti ai lavori, coloro che ogni giorno si trovano a metà strada tra produttori e fruitori, come camerieri, maître, sommelier, che un po’ per formazione un po’ per esperienza diretta hanno modo di sperimentare quotidianamente come il piacere spesso sottile di un prodotto possa perdersi facilmente per un errore strumentale, per così dire.

Nel 2011 Luca Bini, gestore della Casa del Vino Vallagarina dopo una carriera in ristoranti stellati, si arrovellava da tempo proprio su questa problematica, spinto anche dal confronto costante con i produttori. Infatti La Casa del Vino si configura come un locale davvero particolare, a tratti unico e sicuramente molto sperimentale sin dalle origini: fondato nel 1996 da un gruppo di vignaioli trentini all’interno di Palazzo De Probizer, nel borgo d’Isera, per promuovere e diffondere i vini locali, ancora oggi, sostenuto da trentaquattro soci produttori, propone solo vini del territorio, abbinati a un menu composto con prodotti di microimprese indigene, combinati in un antipasto, un primo e un secondo che ruotano di giorno in giorno, in abbinamento ai diversi vini. Si tratta dunque di un locale nato e cresciuto in costante armonia con cantine, dove il tentativo è sempre stato quello di valorizzare il più possibile l’impegno dei viticoltori, in ogni passaggio.

Etoilé Sparkle

In questo contesto Bini si trovava a osservare quotidianamente come cambiando bicchiere anche il consumo cambiava, con il rischio di perdere caratteristiche specifiche dei prodotti, soprattutto per quanto riguardava vini importanti come champagne e metodo classico. Il fenomeno dal quale si sviluppano le cosiddette bollicine, conosciuto come perlage, è infatti estremamente delicato, risultato di anni di affinamento sui lieviti, e – si accorge Bini – migliora quando i bicchieri sono lavati a mano e non sottoposti a lavaggi in lavastoviglie e conseguenti brillantanti.

Appunti importanti che Bini raccoglie scrupolosamente in giornate di lavoro tra tavoli e vigne, e che nel 2011 decide di investire nell’idea, concepita insieme al designer Mattia Tamanini, di un bicchiere nuovo, immaginato per valorizzare ogni bollicina e non trascurare profumi, sapori e consistenze dei vini.

Il disegno immaginato trova presto concretezza nel progetto “Trentino Creativo” avviato dal centro Trentino Sviluppo, dove Bini e Tamanini partecipano e vincono, conquistandosi così l’occasione di essere seguiti da una serie di professionisti nella produzione e commercializzazione del loro calice. Il tavolo di lavoro coinvolge una cinquantina di persone tra designer, sommelier, produttori, si assaggia, si testa, si prova e si riprova. Bini oggi racconta che la sua fortuna è stata proprio nel rapporto consuetudinario con i produttori, nel confronto franco che aveva intessuto con ognuno di loro nel corso degli anni di collaborazione, che in fase di sperimentazione gli ha permesso di chieder loro pareri e opinioni.

Dopo più di quaranta prototipi la scelta è ricaduta su è un calice elegante e funzionale, dalla base larga e piana che ricorda una coppa di champagne, che sale seguendo le curve di un tulipano chiuso, caratterizzata da sette piccole incisioni a laser da cui ha origine il perlage, sei poste su una circonferenza, una posizionata nel centro del cerchio. Sono state proprio queste sette incisioni a richiedere più attenzioni e studio perché, spiega Bini, «un taglio più grossolano o posto nel punto sbagliato dà origine a un perlage più breve e meno definito».

Il brevetto è stato poi venduto a Italesse che ha portato il calice, oggi conosciuto con il nome Étoile Sparkle, in hotel e ristoranti, all’interno delle cantine, nelle quali viene impiegato durante le degustazioni, ma anche nelle cucine dei privati.

Etoilé Sparkle

L’idea di Étoile Sparkle è stata poi premiata nel 2018 con una menzione speciale del Compasso d’Oro, che è valsa a Bini il titolo ufficioso di designer, su cui lui ironizza dicendo: «Io sono prima di tutto un cameriere. Il mio interesse principale è sempre stato valorizzare il lavoro dei miei collaboratori. Esiste già molta confusione tra champagne e prosecco, spesso i vini vengono serviti alla temperatura errata e approcciati attraverso abbinamenti scorretti, il bicchiere è semplicemente un mezzo, uno strumento che facilita il ristoratore e il consumatore e onora il lavoro dei viticoltori» e poi aggiunge: «Un bicchiere sbagliato rovina tutta l’esperienza, un po’ come mangiare gulasch con bacchette da sushi!».

Questa è la filosofia che lo ha guidato anche nell’ideazione del suo secondo bicchiere, Etoilé Platinum, nato a giugno 2024 e riconosciuto come il bicchiere più leggero del mondo, immaginato per esaltare vini bianchi e rossi complessi, eleganti e strutturati, e già diventato calice ufficiali dell’Associazione Maîtres Cuisiniers de France.

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