Questione di fillerElisabetta Franchi, la blefaroplastica maschile, e la crisi dell’uomo contemporaneo

Se certe cose le fanno gli uomini diventano subito ridicole, come il trapianto di capelli o la chirurgia estetica, ma la domanda è: perché lo fate, disperati ragazzi miei?

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È un pomeriggio di primavera, la prima volta in cui scrivo alle amiche «Secondo me la Franchi si è separata». Segue elenco di indizi tratti dall’Instagram che tutte amiamo guardare, quello della stilista bolognese che nelle sue storie ha sempre dato assai più soddisfazione della Ferragni: lei è andata a vedere la Formula 1 senza di lui, figurati se lui non sarebbe andato patito di motori e di filmarsi in Lamborghini com’è; lui è andato a vedere il basket da solo, quando mai postava cose da solo, lui che posta pochissimo.

È sempre un pomeriggio di primavera quando, dentro al Sephora di piazza Gae Aulenti a Milano, vedo la coppia più rappresentativa dello spirito del tempo che mi sia capitata di recente. Lei è una napoletana dall’accento ripulito ma non abbastanza, con al polso una borsa da seimila euro e molte opinioni su Dubai da articolare alla lavoratrice che l’accoglie. Lui spero sia plutocrate, perché qualità apparenti non mi pare averne. Ma sappiamo tutte che a volte ci s’innamora d’uno scrondo neppure ricco.

Si accomodano al brow bar, l’angolo di Sephora in cui solitamente le ragazze vanno a farsi le sopracciglia, ma non siamo di fronte al novecentesco caso di lui che accompagna lei a fare cose da femmina e aspetta annoiato. È lei che ha portato lui, e ci tiene a dire all’estetista che non è cesso come sembra, «col caldo gli sono usciti tutti dei brufoletti».

Le chiede se gli può mettere in posa una maschera, mentre gli fa le sopracciglia, ed è allora che comincia un lungo lavoro inutile. Dopo avergli messo in posa varie maschere che non faranno alcuna percettibile differenza sui di lui lineamenti non baciati dalla natura, l’estetista procede a spinzettare. Il tapino ha una maschera intorno alle labbra, quindi non può neanche parlare, ma la fidanzata non vuole si senta abbandonato e quindi continua a fargli gesti col pollice alzato. Sta andando tutto bene, in questo intervento a cuore aperto e pori dilatati.

Li osservo e penso che non ci occupiamo abbastanza della crisi del maschio contemporaneo. Cioè ce ne occupiamo quando uno di questi derelitti ammazza la moglie, o quando non gli tira più perché lei guadagna più di lui, ma non ce ne occupiamo in quella manifestazione tragicomica e assai più diffusa che è: il maschio che si fa bello. O meglio: che crede di poter farsi bello.

Non farò i nomi perché sarebbe crudele, ma il numero di maschi famosi, famosi della fama d’una volta o di quella frammentaria dei social, che negli ultimi anni si sono fatti la blefaroplastica è inquietante. Non perché io voglia fare la morale alla chirurgia estetica (figuriamoci): perché non c’è uno che dalla blefaroplastica non esca mostruoso.

Non c’è uno di questi che ora non sia senza sguardo, senza espressione, costretto a tenere gli occhiali da sole in interni nei video su Instagram sperando che così non sospetteremo lo scempio. È un problema ridicolo perché ha quella caratteristica di ridicolaggine che hanno le emulazioni fallite: farsi belle è una cosa da femmine, gli interventi eccessivi noialtre li facevamo negli anni Ottanta, loro arrivano tardi e fanno gli stessi ridicoli errori che facevamo noi, che nel frattempo abbiamo imparato (quasi tutte) a non scempiarci.

Per non parlare dei trapianti di capelli. Il trapianto di capelli è come la protesi alle tette: non le avevi, ora le hai, non è che puoi negare, non è che a quarant’anni hai la pubertà ritardata. (A me le tette crebbero, ingrassando, nella vacanza dopo l’esame di maturità; tranne le tre con cui ero in viaggio, non c’è una mia ex compagna di scuola che non pensi che me le sia rifatte. Il bello è che hanno le loro ragioni: per quanto a me sembri lunare che qualcuna si faccia volontariamente impiantare questa scomoda latteria, non sarei la prima né la millesima).

E invece loro arrivano col loro nuovo ciuffo e fanno finta di niente e pretendono che tu gli creda. Come tutti i disastri di questo secolo, le avvisaglie vengono dalla fine dello scorso. Era la prima metà degli anni Novanta quando mi ritrovai, all’inaugurazione d’un locale romano, seduta vicino a un conduttore televisivo che si era appena fatto piantare in testa dei ciuffi nuovi. Alla base di ognuno c’era una crosticina (spero nel frattempo abbiano raffinato le tecniche). Lui parlava, e io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo cuoio capelluto.

D’altra parte quando fanno la blefaro dicono che hanno fatto l’intervento per la miopia, tutti facciamo pietosamente finta di crederci, e se dopo non ce li dobbiamo portare a casa va bene così, soffriamo meno della tizia che fa fare la maschera per la pelle a uno che uscirà da Sephora cesso come quando ci è entrato ma con parecchie decine di euro in meno.

Mercoledì sul Corriere c’era un’intervista a Elisabetta Franchi, gravemente carente sul lato Sue Ellen della questione. Spiego per coloro che negli ultimi anni hanno letto Musil invece di guardare l’Instagram della Franchi. Tra le amiche di lei c’era una signora che lei chiamava scherzosamente Sue Ellen per il suo amore per l’alcol (la Franchi è una di noi formate da Rete4 negli anni Ottanta: Sue Ellen, moglie alcolizzata di J.R. Ewing in “Dallas”, è un riferimento che noialtre cogliamo al volo).

Elisabetta e Sue Ellen andavano a correre insieme, il figlio della signora era sempre assieme al figlio della Franchi e del forse fedifrago. Quando, il 2 giugno, Elisabetta si mette a rispondere alle domande sotto un post qualunque dicendo che il marito (ma lei precisa: non eravamo sposati) «si è innamorato di un’altra donna», il popolo affamato di relazioni parasociali e convinto che Elisabetta sia un’amica dei cui fatti impicciarsi le chiede anche che fine abbia fatto Sue Ellen. E lei ufficializza d’avere rotto anche con lei.

Noi pettegole c’interroghiamo, dunque Alan – il non marito ha il lirico nome di Alan, e un aspetto che sta tra la versione odierna di Mickey Rourke e quella altrettanto odierna di Scialpi – l’ha tradita con la sua amica? È per questo che il bambino non si vede più quando l’erede Franchi è con la mamma ma compare quando va al mare col papà?

Il Corriere non le chiede di Sue Ellen, nonostante si parli della separazione e la Franchi sintetizzi mirabilmente anche quell’altra tragedia di quando lei ha più successo di lui: dice che quando subodorava tradimenti diceva ad Alan «Un tuo sguardo di troppo è lo sguardo del marito di Elisabetta Franchi».

In “The Lost Tapes”, di cui abbiamo già parlato, Liz Taylor dice che tra le ragioni per cui era così innamorata di Mike Todd c’era la sua capacità di accorciarle il guinzaglio quando se ne approfittava (metafora mia: quelli che hanno urgenza di dirmi che sono misogina ed equiparo le donne ai cani sono pregati di mettersi in fila in fondo a destra).

Dice che lo faceva apposta, lo metteva alla prova esasperandolo, arrivando in ritardo, facendo le cose che sapeva lo irritavano perché aveva bisogno di farsi fare una sfuriata e così verificare che in casa comandava lui, e lui mai la deludeva in questo senso. Adesso che siamo cani di Pavlov correremmo a redarguirla, incentiva la mascolinità tossica, si comincia così e si finisce in cronaca nera, ma temo fosse più semplice: Liz Taylor, che sapeva che non funziona quasi mai quando i pantaloni li porti te e non lui, non si sarebbe mai messa in casa un uomo cui dire «Tu sei il marito di Liz Taylor».

Elisabetta Franchi, che non ha intorno Mike Todd o Richard Burton, ma uomini figli del loro tempo, all’inizio della parte d’intervista che racconta la sua separazione dice una frase assassina: «Lo vedevo strano, da ex bello non accettava il trascorrere del tempo e lo rincorreva concentrandosi sull’estetica».

Ora, non è che la Franchi sia esattamente la locandina della bellezza naturale, però sa senz’averci troppo ragionato quel che sappiamo tutte: che se certe cose le fanno gli uomini diventano subito ridicole. Non è neanche che io voglia mettere un certo ex ministro in mezzo a ogni riflessione sugli uomini, le donne, e il secolo riluttante all’adultità, ma mi dicono che un direttore di giornale abbia chiesto a un certo ex ministro se una certa bionda abbia sue foto compromettenti, e lui abbia risposto «Mannò, al massimo qualche foto in cui ho il pigiamino». È una sera d’estate, e lo chiedo a lui col pigiamino, ma anche a voi col trapianto, ma anche al tizio che vedo avere palpebre e occhiaie troppo tese sul mio telefono, ma anche a quello che si fa portare dall’estetista: perché lo fate, disperati ragazzi miei?

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