Novità dal passato Pompei tra ricette antiche e cucina fine dining

Celebre per i suoi scavi archeologici e oggi per altre meno nobili vicende, la città alle pendici del Vesuvio permette di soggiornare in strutture storiche e assaggiare una cucina che spazia dalle ricette delle cauponae (le antiche osterie romane) alle proposte gastronomiche più contemporanee

Foto di Hans Jürgen Schmidt su Pixabay

Riconosciuta come sito patrimonio mondiale dell’Unesco, l’antica città situata tra Napoli e Sorrento, ai piedi del Vesuvio, sepolta dalle ceneri e dai lapilli durante l’eruzione del 79 d.C. e tornata alla luce solo nel diciottesimo secolo, è indubbiamente una delle destinazioni turistiche più ambite in Italia. Tra il 2014 e il 2020 il Parco Archeologico che la contiene è stato visitato da oltre venti milioni di persone e, stando agli ultimi dati diffusi dal Ministero della Cultura, il 2023 ha registrato la cifra record di quattro milioni di visitatori paganti (+33,6 per cento rispetto al 2022), con l’altrettanto record di ventunomila accessi giornalieri.

Merito degli scavi che hanno fatto emergere ben sessanta domus e di anno in anno portano alla luce nuovi tesori (tra i più recenti, un salone decorato con soggetti ispirati alla guerra di Troia, un cantiere edilizio e un panificio-prigione) che restituiscono un’istantanea unica della vita romana (dalle case private ai lupanari, dalle lavanderie alle prime gastronomie che vendevano street food), largamente preservata sotto le ceneri e oggi accessibile al pubblico.

Ma non solo: alle canoniche visite diurne (libere o guidate), si aggiunge l’ulteriore attrazione degli accessi serali in occasione di eventi e concerti organizzati in questo limbo affascinante e apparentemente senza tempo, in cui tutto sembra essersi fermato e contemporaneamente essere in costante evoluzione.

Abitare in una domus moderna: un pellegrinaggio nel tempo e nel gusto
Per immergersi appieno in questa atmosfera sospesa tra un passato glorioso da riscoprire e un futuro eccellente su cui investire c’è Habita79 Pompeii MGallery (gruppo Accor). Molto più di un hotel di lusso situato a pochi metri dall’accesso al parco archeologico, questo maestoso edificio del diciannovesimo secolo, circondato da giardini e che sorge su proprietà vaticana, un tempo era una casa del pellegrino, pensata per accogliere gli stranieri giunti a chiedere la grazia al santuario della Beata Vergine del Rosario.

Habita79

Dopo anni di abbandono e una completa ristrutturazione durata cinque anni, nel 2021 l’edificio è stato riaperto al pubblico con la sua nuova destinazione d’uso e un look elegante ma sobrio, moderno ma ispirato alle antiche domus pompeiane, in cui si intravedono ancora tracce dell’antica struttura (come i muri di mattoni a vista e alcuni pavimenti originali) e dove alcune soluzioni architettoniche ereditate dal passato contribuiscono a fare di questo hotel il primo in Europa capace di abbattere fino al sessanta per cento le emissioni di CO2. Se il numero delle camere (oggi 79) è stato invece dimezzato rispetto all’epoca dell’accoglienza ecclesiastica, con lo scopo di garantire agli ospiti un’esperienza davvero esclusiva, l’apertura verso il mondo esterno è stata però mantenuta e incoraggiata dalla presenza non solo della spa accessibile anche agli esterni, ma soprattutto dai tre format ristorativi pensati per soddisfare le esigenze di un pubblico eterogeneo lungo tutto l’arco della giornata.

Al primo piano, con accesso separato dall’hotel, attraverso un giardino che affaccia sulla strada principale di Pompei c’è Il Circolo Osteria, un luogo di ritrovo in cui (solo a mezzogiorno) il rito della convivialità si rinnova attorno ai sapori autentici della tradizione partenopea (dalla parmigiana alla pizza) sapientemente mixati e rivisitati con qualche twist moderno dallo chef Roberto Lepre a capo della cucina e dal pizzaiolo Gaetano Caldarelli.

Habita79, Il Circolo

Alla sera si sale all’ultimo piano, sulla terrazza che ospita The Roof e Raw, due locali molti diversi che condividono lo stesso panorama: american cocktail bar il primo, con uno stile informale e internazionale, piatti da condividere e da accompagnare alla drink list innovativa studiata dal mixologist Ferdinando Longobardi (tra cui il cocktail Pompeii a base di gin, cordiale al Caprettone, estratto di yuzu e polvere di lamponi), fine dining il secondo, dove la proposta di chef Lepre (declinata in tre menu: Materia, Essenza e Fusione) si fa più ricercata e raffinata, a tratti provocatoria, dal momento che l’autenticità dei sapori viene restituita anche attraverso l’accostamento insolito degli ingredienti o la rielaborazione delle ricette classiche in una forma nuova, avanguardistica per il luogo in cui il ristorante si trova.

Cernia con pesche al saké e gazpacho di cuor di bue al Raw
Risotto aglio e uoglio al Raw

Habita79 MGallery Pompeii
Via Roma, 10 – Pompei (Napoli)

Non solo scavi: l’archeologia a tavola
Aperto dal 2016, Caupona è un ristorante che fin dal nome rievoca le antiche osterie romane, ma soprattutto ne restituisce l’atmosfera autentica attraverso la riproduzione fedele dell’ambiente (dagli affreschi alla mise en place con piatti in terracotta e vino servito in piccole anfore o nelle tradizionali coppe) e la possibilità di assaggiare una selezione di piatti tipici dell’antica Roma, dedicati a divinità o personaggi illustri (da Diana ad Afrodite, fino all’oste Lucio Vetuzio Placido e al poeta Orazio).

Le pietanze sono elaborate sulla base dello studio delle testimonianze scritte dell’epoca e suddivise in menu pensati per valorizzare ingredienti che spesso non vengono utilizzati nella cucina contemporanea e per rappresentare le abitudini alimentari connesse all’appartenenza a specifiche classi sociali (incluse quelle di schiavi e gladiatori) o legate a specifiche situazioni di convivialità.

Qui è possibile assaggiare il pulmentum (la pappa di frumento che sostituiva il pane), il garum (una salsa salata a base di interiora di pesce utilizzata come condimento), le pittule (frittelle di pasta lievitata morbida, simile a quella della pizza), le focacce, i dolci con miele di carrube, eccetera.

Per un focus sul pane merita una tappa il Panificio Esposito, che ogni giorno sforna in esclusiva il panis Pompeii, dalla caratteristica forma a otto spicchi e ispirato a una ricetta che esisteva oltre duemila anni fa nell’antica Pompei, a base di mosto di vino rosso, miele, fichi, latte di capra, succo di melograno, noci e aroma d’anice, uniti alla sapiente lievitazione e alla magistrale cottura il forno.

Caupona
Via Masseria Curato, 2 – Pompei (Napoli)

Panificio Fratelli Esposito
Via Lepanto, 138/140 – Pompei (Napoli)

Tutto il bello (e il buono) del Vesuvio
Se da un lato il Vesuvio ha distrutto la città di Pompei, dall’altro ha regalato a tutta la zona un terreno particolarmente fertile: il tufa, un mix di cenere vulcanica, lapilli e fango, ricco di nutrienti (tra cui calcio, potassio e fosforo) essenziali per la crescita delle piante, che hanno reso le pendici del vulcano e l’area circostante un paradiso agricolo, con vigneti che producono vini rinomati, dal sapore unico.

Tra questi ci sono le etichette di Tenuta Sorrentino, l’azienda più estesa del Vesuvio (trentacinque ettari di proprietà tutti collocati all’interno del Parco Nazionale), fondata nel 1990 da Paolo Sorrentino, che fin da subito, insieme alla moglie Angela Cascone, abbraccia la formula dell’enoturismo, inteso come strumento per condividere la storia e la bellezza del territorio e dei suoi prodotti con altre persone.

Parmigiana classica alla Cantina Sorrentino

Oggi la terza generazione porta avanti l’eredità di famiglia, muovendosi tra preservazione delle tradizioni agricole locali e apertura verso nuove opportunità, come la focalizzazione sul biologico e la ricerca della perfetta sinergia tra aspetti produttivi, commerciali e turistici della filiera. Ne sono un esempio i wine tour nelle cantine, le degustazioni, le visite tra i vigneti e il ristorante, in cui gustare il meglio della cucina locale, incluse alcune pietanze antiche come le zucchine marinate con l’estratto zuccherino della macerazione del vino bianco, secondo la ricetta delle cauponae.

Sorrentino Vini
Via Panoramica, 2 – Boscotrecase (Napoli)

Altri assaggi di accoglienza partenopea
Il centro di Pompei ospita anche un ristorante stellato: il President, aperto dal 1993 come azienda di famiglia, e rilevato nel 2006 dallo chef Paolo Gramaglia, che da allora lo gestisce insieme alla moglie Laila Buondonno, avvocato per professione, sommelier per passione nonché restaurant manager e responsabile della sala (dove è affiancata dal maître Ciro Cirillo, dal secondo sommelier Francesco Di Martino e da una squadra di giovani collaboratori).

Grazie alla filosofia di cucina basata sull’idea di «sottrarre per moltiplicare» (ovvero ridurre gli elementi delle ricette per esaltare le sensazioni di piacere dei piatti), che si estende alla sala con la riduzione dei coperti a solo cinque tavoli, chef Gramaglia e consorte hanno conquistato importanti traguardi tra cui, nel 2015, il cappello della Guida dell’Espresso e il prestigioso riconoscimento Michelin.

La proposta culinaria si declina in tre percorsi degustazione (Nessun confine, Orizzonti, Libertà) in cui si alternano rivisitazioni gourmet delle più tradizionali ricette campane, ricordi e suggestioni di viaggio dello chef (impepata di cozze, crostatina sablé, mousse di formaggio, lupini gialli e cozze; tacos con maionese allo sgombro essiccato; ceviche di spigola, salsa di acqua pazza, maionese di ostriche, cipolle caramellate e polvere di pomodoro; raviolo orientale con zucca, ginger e infuso di tè; baccalà scottato sulla sua pelle, salsa moqueca, spuma di bruschetta, alga wakame, scaglie di cocco e ravanello).

Non mancano poi ricette antiche ereditate dalla Pompei di duemila anni fa, come la satura (un mix di cereali che all’epoca veniva servito in versione zuppa, mentre al President è un antipasto asciutto a base di farro, orzo, bacche di goji e mirtilli rossi) e il siligyneus, un pane di forma tonda ispirato agli esemplari carbonizzati ritrovato durante gli scavi e oggi custoditi al museo di Pompei, che chef Gramaglia prepara con olio del Cilento, monocultivar Pisciottana, lo stesso usato per realizzare la crema di olio che lo accompagna.

Meno prestigiosi, ma altrettanto interessanti sono Varnelli Pizza, Bistrot & Restaurant e La Bettola del Gusto: due locali che ogni giorno esprimono originalità e legame con il territorio attraverso una selezione di piatti basati su ingredienti “a km buono”, acquistati da produttori locali (molti dei quali parte dei Presidi Slow Food), e capaci di rendere accattivante anche per un pubblico internazionale in cerca di novità le ricette più tipiche della cucina campana: dalla Parmigiana di melanzane al Polpo, dalla pasta alla Nerano al Baccalà, fino al Babà dolce e salato, tutti in diverse varianti e abbinamenti pensati per esprimere al meglio la tradizione rivista attraverso l’estro dello chef.

Ristorante President
Piazza Schettini,12 – Pompei (Napoli)

Varnelli Pizza, Bistrot & Restaurant
Via Plinio 15 – Pompei (Napoli)

La Bettola Del Gusto
Via Sacra 50 – Pompei (Napoli)

Per concludere in dolcezza
La Campania vanta anche una tradizione pasticcera di tutto rispetto, e Pompei non fa eccezione: pertanto i golosi di passaggio qui non possono mancare una visita alla Pasticceria De Vivo, nata nel 1955 sulle ceneri dell’omonimo panificio degli anni Trenta e oggi capitanata da Marco De Vivo (con l’ausilio della moglie Ester e della figlia Simona), che dai nonni ha ereditato la regola aurea di utilizzare solo lievito madre e ogni giorno sforna una vasta selezione di prodotti tipici napoletani (dalla sfogliatella riccia o frolla, ai babà, alla pastiera), in cui la tradizione si somma ai signature innovativi del padrone di casa: il Vulcano dolce (un incrocio tra la sfogliatella riccia e frolla con un ripieno di cremoso al gelso del Vesuvio) e la Sfogliatella Vesuvio (che unisce al sapore della sfogliatella una deliziosa frolla, arricchita con crema pasticcera e amarene).

Merita una sosta anche la pasticceria Gabbiano – Dulcis in Pompei dove Salvatore Gabbiano, figlio d’arte cresciuto tra i reperti storici e i laboratori di famiglia, propone un assortimento di dolci in cui la tradizione campana e italiana sono rappresentate pressoché in toto (tra torte, monoporzioni, gelati e sorbetti realizzati con frutta di stagione provenienti direttamente dal Parco Nazionale del Vesuvio e latte crudo del Cilento), con qualche divagazione verso i dessert europei, soprattutto con alcune rievocazioni storiche (come “Il dolce dei misteri” e “79 d.C”, due focacce basate sugli gli ingredienti che si usavano nell’antica Pompei, quali farine integrali, noci, fichi, datteri, pinoli, mandorle, uvetta sultanina lasciati macerare in un passito e cotti con il miele perché lo zucchero non era ancora conosciuto).

Qui è la costante ricerca di uno stile personale e di un tocco originale, che si concretizzano in alcuni prodotti signature del locale: la Bomba (una rilettura di un classico della pasticceria in chiave salata, lievitata, fritta e farcita con provolone del monaco, prosciutto di maiale nero casertano, pomodorino del piennolo, rucola e stracciata di bufala campana); il Bauletto Pellecchiella (un panettone mascherato, che si allontana dal classico natalizio grazie all’aggiunta dell’albicocca Pellecchiella, e si presta al consumo durante tutto l’arco dell’anno), la Torta Messigno (un omaggio al ricordo della nonna paterna del pasticcere, che prende il nome da una delle frazione di Pompei e ha come ingrediente principale una mousse al caramello posta su di un fondo croccante al cioccolato, dacquoise al cacao e mandorle e gelée di mango); la Torta Anacapri (la versione cremosa della celebre torta Caprese, con un crumble alle mandorle e una mousse al cioccolato fondente, il tutto ricoperto con una glassa al cacao) e il Babà napoletano con tè verde e yuzu.

Da segnalare anche il “Dolce di san Gennaro”, una torta da viaggio cotta in forno con all’interno una composta di ciliegie (un tocco di rosso che richiama il sangue di san Gennaro, patrono di Napoli) e arricchita dall’albicocca Pellecchiella tipica del Vesuvio, che nel 2016 ha vinto il premio “San Gennà – Un Dolce per San Gennaro”, e “Sinfonia di babà”, un cubo ripieno di fragole poché, croccante alle mandorle e cremoso alla vaniglia, sormontato da una mousse di mandarino di Ciaculli realizzato da Alessia Rosellino, che nel 2023 si è aggiudicato la seconda edizione del concorso “Mille&UnBabà” organizzato da Molino Caputo.

Pasticceria De Vivo
Via Roma, 36 – Pompei (Napoli)

Gabbiano Pasticceria – Dulcis in Pompei
Via Lepanto, 153, 80045 Pompei (Napoli)
Via Provinciale Ripuaria, 53, 80045 Pompei (Napoli)

Insomma, tra ricette dolci e salate, format di accoglienza e ristorazione giocati tra antichità, tradizione e spirito innovativo, Pompei sta diventando una meta anche per chi ama le cose buone.

Merito di una nuova generazione di professionisti che sanno accogliere i visitatori, valorizzare il territorio e la qualità dei suoi prodotti e trasformare i frutti della terra (e del mare) in piatti capaci di rappresentare le tappe di un viaggio sensoriale, che regala emozioni e felicità almeno quanto la bellezza del paesaggio circostante, che non è più solo panorama da ammirare, ma realtà da vivere.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter